Esprit ottimizza i costi chiudendo 56 negozi in Asia
Indebolito dalla crisi dovuta al Covid-19 e in ristrutturazione da diversi anni, la catena di moda Esprit si trova costretta a ridurre ulteriormente il proprio raggio d’azione. A margine dell'annuncio dei risultati del terzo trimestre del suo anno fiscale 2019/20, l’azienda quotata alla Borsa di Hong Kong, e che possiede una sede sociale in Germania, ha comunicato che avrebbe cessato tutte le attività dirette in Asia, ad eccezione della joint-venture che vanta in Cina con Mulsanne Group e dei suoi partnerwholesalee su licenza nel continente.
Il piano di eliminazione dei punti vendita riguarda 56 unità distribuite a Singapore, in Malesia, a Taiwan, a Hong Kong e a Macao, che chiuderanno tutte i battenti entro la fine di luglio 2020. Il costo di queste chiusure dovrebbe raggiungere i 150-200 milioni di dollari di Hong Kong (da 17 a 23 milioni di euro), secondo la società.
Lo scopo di Esprit è di “continuare a semplificare le operazioni e ridurre al minimo i costi e le spese”, e di “focalizzarsi sui suoi mercati chiave in Europa”. Tuttavia, anche nel Vecchio Continente, Esprit è in difficoltà. A causa della crisi sanitaria, alla fine di marzo il gruppo ha posto tutte le sue attività tedesche in procedura di salvaguardia. Un piano di ristrutturazione deve essere presentato entro la fine di giugno 2020.
Il bilancio del terzo trimestre di Esprit, chiuso a fine marzo, segnala un calo del 22,2% delle vendite a livello globale, a 2,228 miliardi di dollari di Hong Kong (265,1 milioni di euro). Nella zona Asia-Pacifico, colpita prima dell'Europa dal Covid-19, il fatturato è precipitato del 52,2% da gennaio a marzo 2020. Nei nove mesi, Esprit registra a livello globale un calo del 15,2% dell’attività, e non fa previsioni per il suo quarto trimestre, che dovrebbe rivelarsi molto delicato in Europa.
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