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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
25 ott 2022
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Didier Lalance (Jott): “Obiettivo passare da marchio francese a player globale”

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
25 ott 2022

Da quando il fondo L Catterton (Ganni, Ba&sh, Birkenstock, ecc.) ha messo le mani su Jott all'inizio del 2021, il marchio marsigliese di piumini ha fatto passi da gigante nel proprio sviluppo, raddoppiando le vendite in due anni fino a 150 milioni di euro nel 2022. Un impulso orchestrato da Didier Lalance, CEO della label fondata nel 2010 dai fratelli Gourdikian, che spiega a FashionNetwork.com tutti i progetti intrapresi dal suo arrivo al momento del passaggio di mano. Internazionalizzazione, evoluzione del logo, ampliamento dell'offerta e nascita di una strategia di CSR sono tutti temi affrontati con entusiasmo dal manager, che nel corso della sua carriera ha lavorato per Asics, Kering e Lacoste.

Didier Lalance - DR


FashionNetwork.com: Come spiega il successo dei piumini Jott?
Didier Lalance: Il brand nasce poco più di dieci anni fa a Marsiglia in un gruppo familiare che produceva tessuti da trent'anni, e che ebbe un'idea che a prima vista sembrava semplice, ovvero quella di prendere un piumino e dargli una vestibilità urban, per poi declinarlo in una gamma colori molto ampia, aggiungendovi un marsupio.

Dal 35% al ​​40% del fatturato è costituito da prodotti permanenti. Dopo aver iniziato nel commercio all'ingrosso, i piumini e la loro vasta tavolozza colori sono stati presentati nelle prime boutique gestite in franchising e in proprio.

La chiave del successo è quindi un prodotto iconico, che fornisce funzionalità senza rinunciare allo stile e con un buon rapporto qualità/prezzo (usando vera piuma, che dona calore e leggerezza). Questa logica di prodotti essenziali, molto in sintonia coi tempi, comporta pochissimi sprechi, perché il prodotto non perde il suo valore a fine stagione. Il posizionamento di prezzo (da 135 a 175 euro per un piumino leggero, fino a 350 euro per un cappotto da grande freddo, ndr.) allontana il brand dai player primo prezzo, ma lo colloca ben al di sopra dei marchi molto premium, che costano dal 25% al 40% in più. Una scelta voluta.

FNW: Nell'ambito dell'acquisizione, è stato L Catterton a rivolgersi ai proprietari di Jott o il marchio stava cercando un acquirente?
DL: Il marchio era alla fine di un ciclo, e il ciclo successivo passava attraverso una “retailizzazione”, la digitalizzazione, un lavoro di marketing più pronunciato e una maggiore coerenza che ci consentisse l'attacco dei mercati esteri. La sfida per la famiglia Gourdikian era trovare un partner capace di gestire tutti questi fronti.

Da quasi due anni facciamo cose semplici, ma con una velocità di esecuzione che ci ha permesso di crescere da 80 a 200 negozi. Abbiamo professionalizzato, coinvolto degli esperti… senza inventare nulla, ma migliorando le qualità iniziali del marchio, effettuando investimenti compresi tra 15 e 20 milioni di euro l'anno.

La giacca reversibile di Jott - DR


FNW: Qual è stata la prima direzione in cui ha lavorato quando è arrivato?
DL: Ho lavorato sul brand, perché è la leva principale per creare valore. In particolare, sul logo abbiamo lavorato a lungo. La nuova versione resta vicina alla vecchia - non abbiamo rinunciato allo scooter - ma il nome Jott doveva essere molto più leggibile. La frase “Just Over The Top” diceva troppe cose e niente allo stesso tempo e, in una logica internazionale, dovevamo separarcene. Jott non ha ancora la stessa notorietà del logo, che determina un riconoscimento immediato. Cerchiamo quindi di mettere in maggiore evidenza il nome, ad esempio esponendolo in modo più significativo sulla facciata dei negozi.

FNW: Come non annoiarsi con una logica monoprodotto?
DL: Jott è un marchio di outerwear e capi essenziali, che può ampliare il proprio guardaroba in queste categorie. Ad esempio, abbiamo lanciato giacche reversibili con un lato impermeabile e un piumino sul retro che già oggi rappresentano dal 9 al 10% delle vendite. L'obiettivo è quello di poter ravvivare l'offerta durante tutto l'anno: attualmente i saldi invernali rappresentano il 70% dell'attività, contro il 30% dell'estate. Tra qualche anno puntiamo a un rapporto 60/40, ma non miriamo nemmeno a diventare un marchio 50/50.

In questo senso, il brand ha la legittimità per essere presente nei pile, nelle felpe e pantaloni in cotone, nelle t-shirt e nelle polo per uomo, donna e bambino, che abbiamo lanciato quest'estate. Questa gamma di articoli di base si amplierà con le stagioni e rappresenta già una piccola percentuale delle vendite, pur essendole riservata una superficie ancora relativamente piccola in negozio. Quest’espansione e diversificazione dell'offerta è uno dei motivi per cui il nostro store concept è stato rielaborato. D'altronde Jott non è un marchio di moda, non faremo mai camicie o jeans...

FNW: Qual è la percentuale di attività svolta online dal brand?
DL: Il web è un altro progetto importante. Abbiamo cambiato la piattaforma e-commerce lo scorso giugno, con l'obiettivo di poter rendere disponibile il prodotto Jott in ciascuno dei nostri negozi (l'unificazione delle scorte sarà generalizzata nel 2023). Le vendite sul web rappresenteranno il 12% dell'attività a fine 2022 (contro il 3% al momento dell'acquisizione). Siamo ancora lontani dai migliori, che arrivano piuttosto al 25%, ma andremo comunque avanti. Oggi il sito è europeo, l'anno prossimo accetterà pagamenti in sterline e franchi svizzeri, a sostegno della nostra espansione.

La silhouette Jott si amplia, con prodotti in pile - Jott


FNW: La tabella di marcia per la rete di negozi?
DL: Abbiamo aperto sei filiali (Regno Unito, Germania, Benelux, Svizzera, Spagna, Portogallo) e puntiamo a 60-70 aperture il prossimo anno in tutto il mondo, dopo aver completato 60 inaugurazioni nel 2022.

Ci rafforzeremo nel Regno Unito dopo le due prime aperture di Londra all'inizio di novembre a Marylebone, e all'inizio di dicembre a Battersea, il sublime centro commerciale aperto in un’ex centrale elettrica. Stiamo pensando di collocarci anche a Manchester, perché è uscendo da Londra che si valuta davvero la realtà del mercato britannico.

È in corso anche la creazione di una filiale in Italia, per l'apertura di due primi negozi a Milano e Torino all'inizio del 2023. Continueremo ad aprire in Spagna e Germania, ma anche in Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Austria.

In Nord Europa, stiamo continuando le trattative, ma non ci andremo in modo diretto. Non faremo concorrenza sul loro terreno ai marchi tecnici locali. Il nostro lifestyle è urban, con l'obiettivo di vestire le persone per andare a cena o a scuola, non si parte per fare trekking in Lapponia con un prodotto Jott!
 
Nella nostra Francia, dove abbiamo 126 negozi, cerchiamo piuttosto di apportare qualità alla rete. Non ci saranno più di 20-25 aperture all'anno. Gli store di 50 mq dovrebbero diventare punti vendita da 75 a 90 mq. Abbiamo anche alcune boutique di 100/140 mq, come a Parigi in rue du Four, ma l'idea non è quella di diventare un marchio con grandi flagship.
 
FNW: Nel mirino anche nazioni extraeuropee?
DL: Sì, stiamo seguendo una logica di sviluppo abbastanza classica nelle 'città chiave'. Il nostro obiettivo è passare da marchio francese a player globale. Lo sviluppo in Asia proseguirà con calma. Abbiamo già 23 negozi in Cina, aperti in un anno, e vi stiamo registrando risultati piuttosto buoni, nonostante il contesto sanitario locale. Nella lista del 2023 ci sono anche Giappone e Corea del Sud, con tre negozi ciascuno, puntando alle capitali Tokyo e Seoul.
 
Poi, a fine 2023 o inizio 2024, vogliamo entrare nel mercato americano in maniera omnicanale, rivolgendoci in particolare ai department store e ai grandi multimarca locali, ma anche con l’e-commerce. Senza fretta. Non vogliamo far cilecca con l’ingresso in questo mercato, dove il nostro prodotto che unisce praticità e stile può piacere davvero tanto ai clienti locali.

Un negozio Jott a Parigi, aperto nel quartiere Mabillon nel 2022 - DR


FNW: Dove fabbricate i prodotti?
DL: Storicamente i nostri produttori erano per il 90% cinesi, ma abbiamo voluto limitare i rischi iniziando a rifornirci anche da Vietnam e Cambogia (per il 40% oggi in questi due Paesi). E i capi in cotone provengono dal Portogallo.

D'altra parte, è stata avviata una strategia eco-responsabile, diventata ormai un obbligo: tutti devono impegnarsi per limitare l'impatto sull’ambiente, anche se su questo argomento non comunicheremo in modo specifico. La produzione di pellicce è stata interrotta (il 4% delle vendite era precedentemente realizzato da prodotti dotati di colli di pelliccia). Da sei mesi il brand è membro di ICS (Initiative for Compliance and Sustainability), che ha permesso di velocizzare gli audit di tutti i nostri stabilimenti, mentre la maggior parte delle aziende con cui collaboriamo per la piuma sono certificate RDS (Responsible Down Standard), garantendo il rispetto dell'animale. E tutti i nostri cotoni saranno biologici dalla Primavera-Estate 2023.

FNW: E i materiali sintetici (poliammide, poliestere) che usate?
DL: Stiamo lavorando sulla loro riciclabilità. Per il 2023 è previsto anche il progetto seconda mano: dopo il ritiro e la riparazione dei prodotti, questi verranno rivenduti. A lungo termine, l'idea è quella di riutilizzare la piuma recuperata dopo aver raccolto i piumini usati.

Inoltre, trovare un sostituto della piuma naturale che sia anche leggero e caldo è molto difficile. Nel mercato, siamo tutti alla ricerca di un’alternativa sintetica e riciclabile di qualità. Oggi i sostituti non sono soddisfacenti.

La nuova sede di Jott a Marsiglia - DR


FNW: Sul versante logistico, è in arrivo un cambiamento geografico?
DL: Jott possiede storicamente un magazzino a Besançon. Abbiamo appena preso la decisione di dotare il marchio di un nuovo sito logistico di 10.000 mq (con il partner italiano Movimoda), che sarà situato a Fos-sur-Mer vicino a Marsiglia. Il cambio avverrà nel 2023. Sarà situato a un chilometro dal porto, il che consentirà di ricevere tutti i prodotti con una irrisoria interruzione del flusso merci. E potremo risparmiare da una a due settimane sulle spedizioni ai porti del nord Europa.

La società intende rimanere attiva nel proprio territorio. Abbiamo appena cambiato sede in città, l'azienda è passata da 60 a 100 dipendenti in un anno e mezzo...

FNW: Che livello di vendite prevedete per il 2022 e oltre?
DL: Entro la fine del 2022 il fatturato sarà raddoppiato in due anni per raggiungere i 150 milioni di euro, il 45% realizzato con l’uomo, altrettanto con la donna e il 10% col segmento bambino. Entro cinque anni, con una presenza globale in crescita, pensiamo di essere in grado di triplicare tale importo.

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