Denim: una filiera sempre più eco-responsabile a monte
All'ultima edizione del salone Denim Première Vision, lo spazio Smart (l’ambiente della fiera dedicato alle iniziative eco-responsabili) è cresciuto d’importanza a Londra, il 5 e 6 dicembre. Per questa prima volta nella capitale inglese, Smart è stato declinato nell’area Library, che presentava campioni di tessuti e accessori, nel segmento Wardrobe, con una selezione di prodotti finiti firmati soprattutto da Pepe Jeans, Mud Jeans, Eileen Fischer, HNST e C&A, e nella sezioneTalks, le tavole rotonde della seconda giornata della fiera.

Smart Library e Wardrobe, riuniti in uno stesso spazio, accompagnavano i prodotti con pannelli che spiegavano le varie etichette e certificazioni eco-responsabili, ma anche gli ultimi progressi tecnologici della filiera a monte. “Proponiamo un glossario sull'economia circolare nel denim, perché nessuno ci capisce niente. Ci sono così tante etichette diverse, e polemiche su alcune di esse, che i marchi e le insegne si sentono persi. Hanno paura di prendere delle decisioni sbagliate. Non esiste una soluzione miracolosa, tuttavia la maggior parte delle opzioni eco-responsabili determina delle contropartite negative, più o meno marcate. Il bisogno di istruirsi è enorme, e talvolta richiede una preparazione molto tecnica. In parallelo, a monte, c'è una reale presa di coscienza dell'industria a livello internazionale. Tanto che la produzione di jeans è stata molto criticata”, spiega Pascaline Wilhelm, direttrice artistica dei saloni di Première Vision.
A microfoni spenti, diverse personalità del settore hanno ricordato che le norme europee avevano già da tempo collocato l’asticella ad un livello elevato, in modo da rispettare l’ambiente. Eppure, sono rari gli attori europei che comunicano in modo forte e chiaro sull'argomento, mentre invece altre società turche o asiatiche mettono bene in evidenza le misure che hanno adottato.
“Lavoro da quasi 40 anni nel settore del denim in Italia. Le regole in Europa sono davvero molto severe per l'industria tessile e lo sono da molto tempo. Il divario con l'Asia è ancora molto grande… anche se alcune iniziative sono state attuate. Da parte nostra, siamo trasparenti e attenti al rispetto per l'ambiente. Anche se ci sono degli alti e bassi sul mercato del jeans, i marchi europei d’alta gamma hanno capito di avere tutto l'interesse a collaborare con dei produttori europei”, puntualizza Roberto Righetti, Product Manager e direttore vendite per l’azienda tessile italiana Berto.

Lontano dall’Europa, Soorti, primo produttore di denim e jeans del Pakistan, vanta una produzione di 6 milioni di metri di tessuto e di 3,3 milioni di jeans al mese. La società ha avviato una strategia eco-responsabile e lavora su diversi fronti: “zero water waste” e la diminuzione dell’utilizzo di acqua e di cotone e poliestere riciclati. Soorti ha raggiunto il livello massimo (platino) della certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design). “Noi spieghiamo il nostro approccio, i nostri prodotti, ma le aziende e i brand devono pianificare come tradurre tutto questo sul piano del marketing. Per il momento, molti clienti riflettono ancora prima di lavorare con noi”, nota uno dei responsabili delle vendite per il Regno Unito. Malgrado questa buona volontà, Soorti indica sul proprio sito il cammino che gli resta da percorrere, dato che intende migliorare il suo indice HIGG (combinazione di strumenti che permette di valutare l'impronta eco-responsabile delle aziende) per “raggiungere il 75%” entro il 2020.
Fra l’Europa e l’Asia, il Sud America annovera alcuni attori importanti del comparto tessile. Tra essi, il gigante brasiliano Vicunha e la sua filiale europea hanno adottato un approccio responsabile verso l’ambiente sin dal 2006. Il fabbricante di tessuti ha, tra le altre cose, svelato durante il salone una tela non tinta da utilizzare e trattare come un denim. “Nel complesso, il mercato oggi rimane molto concentrato sui prezzi, ma nonostante noi abbiamo integrato l'eco-responsabilità in tutta la nostra catena di produzione dal 2006, ciò non ha avuto impatto sui nostri prezzi, che restano molto competitivi. Tuttavia, trovo che non comunichiamo abbastanza su quanto ci impegniamo per il rispetto dell’ambiente. Comunque, lo facciamo sempre di più, e questo fatto sta iniziando ad essere ben accolto dai nostri clienti”, sottolinea Deborah Turner, responsabile di Vicunha per il Regno Unito.

Infine, molti produttori di tessuti (Advance Denim, Arvind, Cone Denim, Kipas) hanno presentato i nuovi sviluppi di prodotti concepiti con le ultime innovazioni di Cordura. Dal 2009, il marchio di Invista ha lanciato il programma “Cordura Cares” per sostenere progetti che si concentrano sulle seguenti quattro aree: produzione eco-sostenibile, performance durature, materiali resistenti e responsabilità sociale d’impresa. Così, Artistic Milliners ha mostrato la collezione “SuperCharged Noir”, che si basa sulle tecnologie “5S” del Tencel, che offrono più stabilità del colore, morbidezza ed elasticità allo scopo di far durare “il tessuto più a lungo”. “Questi nuovi prodotti eco-responsabili sono un po' più costosi della media, ma si tratta di prodotti premium che rispondono a un mercato in fase di transizione. I nostri servizi di ricerca e sviluppo sono molto dinamici, al fine di apportare nuove soluzioni che rispettino l'ambiente”, precisa Cindy McNaull, direttrice internazionale del marketing e del brand Cordura.
Poco dopo la frenesia d’acquisto causata dal Black Friday, sentir parlare di rispetto dell’ambiente, di diritti umani, e anche di impegno per realizzare prodotti “più solidi” per renderli più duraturi nel tempo e sostenibili potrebbe sembrare in contraddizione con i tempi in cui viviamo. Tuttavia, un gran numero di indicatori confermano che i consumatori si aspettano sempre più trasparenza nel sourcing da parte delle aziende. Soprattutto i famosi millennials, il bersaglio più appetito e attenzionato dal mondo della moda.
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