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Ansa
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25 set 2013
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Da Parmalat a Gucci, tutto lo shopping straniero in Italia

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Ansa
Pubblicato il
25 set 2013

Telecom agli spagnoli di Telco. Alitalia, flirta con il vettore russo Aeroflot e quello arabo Etihad, ma ora sembra destinata ad essere impalmata dal pretendente di sempre, il cugino d'oltralpe Air France.

Gucci è stato uno dei primi marchi a passare in mano francese


Intanto il Governo prepara un altro pacchetto di privatizzazioni che il premier Enrico Letta va ad illustrare sulle piazze finanziarie del Nord America e dell'Europa. Ci sono le tre Ansaldo (Energia, Sts e Breda) pronte probabilmente per i coreani di Doosan, gli americani di General Electic e i giapponesi di Hitachi e poi il ramo assicurazioni di Poste Italiane: Posta Vita.

Sono sempre meno quelli che vedono un valore in queste acquisizioni estere, che sembrano sempre di più denunciare la debolezza del sistema Italia. Uno shopping che sta staccando pezzo dopo pezzo tutta la struttura industriale creata dalla fine dell'Ottocento.

Ormai è chiaro che sotto le Alpi non ci sono attori economici capaci di creare capitali di rischio privati per trattenere in patria la testa dei grandi gruppi tricolore. Ogni volta che c'è un'azienda privata in crisi si cerca l'intervento del denaro pubblico di Cassa Depositi e Prestiti.

Il caso della privatizzazione Alitalia è emblematico. E' durata poco più di 4 anni l'avventura tricolore in difesa dell'italianità della compagnia di bandiera. Appena quest'anno è finito per i soci l'obbligo di tenere le quote, e quindi adesso si cerca qualcuno con le spalle più grandi che permetta di rientrare nell'investimento. E comunque vada il cavaliere bianco arriverà da fuori.

Il copione è noto e il finale scontato. Una volta erano la Spagna e la Francia a contendersi il Bel Paese. Molto poco è cambiato. Dalla fine degli anni Novanta l'appetito straniero si è fatto sempre più robusto. Voltava il millennio e il multimiliardario del lusso Bernard Arnault con la sua LVMH si innamorava di Gucci per poi cederla al rivale di sempre François-Henri Pinault.

C'era quasi da esserne orgogliosi allora, i francesi si contendevano un famoso marchio della moda e dello stile italiano. Poi la lista è stata sempre più lunga: aziende del lusso, aziende dell'alimentare, aziende industriali, banche.

Ecco alcuni dei casi più importanti.
Moda e polo del Lusso: Oltre a Gucci, nel 1999, a fine settembre 2011 Bernard Arnault e la sua LVHM si sono accaparrati il 98,09% di Bulgari la società fondata da Satirio Bulgari nel 1884. Ma prima di Bulgari, LVMH ha avuto nel cuore e poi nel portafoglio Emilio Pucci e Fendi.

Il tutto mentre François-Henri Pinault e la sua PPR (ora diventata Kering) acquisiva a suon di miliardi oltre a Gucci, Bottega Veneta e Sergio Rossi. Ultimamente poi Pinault, attraverso Gucci, ha salvato e acquisito la Richard-Ginori, un pezzo di storia dell'arte della porcellana italiana nata nel Settecento. Mentre l'ultimo acquisto per Arnault è stato Loro Piana.

Guardando al mondo arabo: la Gianfranco Ferrè è stata ceduta al gruppo Paris Group di Dubai. Mentre il principe dei sarti, Valentino, dopo alcuni passaggi di mano è ora fra gli asset della casa reale del Qatar. Nel mondo del lusso "alla portata di tutti" c'è la Rinascente. Un nome inventato da Gabriele d'Annunzio per un grande magazzino nato a metà Ottocento. Ora è in mano ai tailandesi di Central Retail dopo un tentativo fallito di Maurizio Borletti, erede dei fondatori, di bloccare la vendita.

In mano straniera, sempre francese, è finita anche la catena Coin, fondata nel 1916 da Vittorio Coin, ora della Pai Partners.

Alimentare: senza tornare indietro alla cessione di Plasmon alla statunitense Heinz, avvenuta nel 1953, il colpo che ha fatto più scalpore è stata l'acquisizione della Parmalat: il "gioiellino" di Calisto Tanzi, prima portata al fallimento, poi salvata a lacrime e sangue dall'allora commissario Enrico Bondi. Così bravo da metterle tanta liquidità in pancia da dare nell'occhio e attirare le brame di Lactalis, ancora i francesi. Gli stessi che si erano già presi la Galbani. Prima di Parmalat se ne era andata la Buitoni, ora in mano a Nestlè e dopo Parmalat se ne sono andati altri pezzi dell'alimentare italiano.

Si va dalla Gancia, passata all'oligarca russo della vodka Roustam Tariko, all'olio Bertolli, ora del gruppo spagnolo Deoleo proprietario anche di Carapelli, Sasso, Minerva oli. Sempre di Nestlè è la Perugina con tutti i suoi Baci. La svizzera Unilever si è presa l'Algida e l'Antica Gelateria del Corso. E la lista continuerebbe ancora.

Energia e banche: ci sono settori ancora più strategici, dall'energia alle banche. L'Edison è ormai di proprietà di Electricité de France. Acea ha fra i suoi azionisti Gdf-Suez. Enel ha annunciato proprio in questi giorni la cessione della sua quota in Severenergia a Rosneft "nel quadro di un piano di dismissioni" già annunciato. Quanto alle banche, la Banca Nazionale del Lavoro fa parte del colosso francese BNP Paribas, mentre Cariparma è controllata da Crédit Agricole.

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