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Adnkronos
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2 ott 2011
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Crisi oreficeria, da Milano a Crotone per il rilancio del Made in Italy

Di
Adnkronos
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2 ott 2011

Da Milano a Crotone, passando per Lucca e Roma, i gioielli italiani non brillano più come in passato. In viaggio per la penisola l’appello è nazionale: rilanciare il Made in Italy. Secondo gli esperti del settore, infatti, l’importante è essere “positivi”. Anche se il recente report ‘Le dinamiche strategiche della Gold Industry’ del Polo Università Verona per Fiera di Vicenza, segnala una ripresa nell’export nei primi mesi del 2011, in base alle stime di Confindustria Federorafi, fino al 2010 il nostro è stato un trend negativo, a differenza di Cina e India, che hanno addirittura raddoppiato la loro quota di export, e di Vietnam e Malaysia, entrati a tutti gli effetti tra i primi quindici Paesi al mondo.

Milano

In cinque anni, però, dal 2005 al 2010, l’Italia ha incrementato la propria quota di import mondiale di gioielleria del 49 per cento. Dal 2005 al 2010, sul mercato statunitense l’Italia è stata superata da Cina, India e Thailandia. Il settore orafo-argentiero-gioielliero italiano, che conta circa 10.600 unità produttive distribuite su tutta la penisola, continua però a rappresentare uno dei comparti manifatturieri trainanti nella promozione del Made in Italy internazionale.

In Italia il comparto è al sesto posto del saldo commerciale attivo con l’estero ed è al primo posto tra quelli del comparto moda ed accessorio. Il 70% della produzione, inoltre, è destinato ai mercati internazionali. E se Vicenza, Arezzo, Valenza Po e Napoli sono tra i settori produttivi di punta per l'oreficeria e la gioielleria in oro, Padova, Firenze e Palermo non sono da meno in quello dell’argenteria.

Anche se “la situazione non è assolutamente rosea” Licia Mattioli, presidente di Confindustria Federorafi si dice comunque, parlando all’Adnkronos, “ottimista” anche per le aziende che hanno qualche difficoltà. L'importante, ha concluso, è “cambiare le strategie e competere non più sul prezzo, ma sul design e sulla tecnologia”. Anche da Vicenza arriva l’appello dell’oreficeria. “Il mercato attuale è difficile ma siamo ancora bravini – ha detto Roberto Coin, fondatore dell’azienda e del marchio omonimi, che all'Adnkronos ha ricordato - ci sono alcune aziende che sono in ascesa e non in discesa”.

“In Italia il settore della gioielleria e dell’oreficeria sta attraversando negli ultimi anni un momento poco brillante” ha aggiunto all’Adnkronos Fabrizio Capocasale, responsabile marketing e sviluppo di Gerardo Sacco. “Il mercato italiano del gioiello a partire dal 2008 - ha sottolineato - ha iniziato ad avere i primi sintomi di una recessione che è maturata nel 2009, in cui il 24% del fatturato è stato mangiato dalla crisi congiunturale in arrivo sul sistema orafo italiano. I sintomi di ripresa si sono avuti all'inizio del 2010, dando così un leggero respiro al mercato orafo nazionale”.

Milano

Tra gli esperti del settore c’è anche chi non pensa che la crisi sia stata nociva. Come ha sostenuto Sergio Cielo, presidente di Cielo Venezia 1270, da quindici anni sponsor di Miss Italia attraverso il suo brand Miluna: “La crisi per me è stata una benedizione perché ci costringe a inventare cose nuove e a essere più attenti di prima”. Per Daniela Peroso, discendente della famiglia di gioiellieri dal 1891, “è una situazione diversa rispetto ai favolosi anni Ottanta o anche a dieci anni fa”. "E' un momento - ha aggiunto l'esperta all’Adnkronos - in cui per poter andare avanti è necessario avere sempre idee nuove e soprattutto creare qualcosa che sia diverso da quello che hanno tutti”.

Parla di una “crisi congiunturale che va avanti da due o tre anni” Angelo Marchi, gioielliere lucchese e gemmologo G.I.A., che all’Adnkronos dice: “La nostra categoria non si è mossa per valorizzare il settore prima e quindi ora ci sono dei produttori esteri che ci stanno sorpassando, come Turchia e Cina”. Di “situazione drammatica” parla anche all’Adnkronos Fabio D'Onofrio, segretario nazionale FIOG, Fondazione Italiana Orafi e Gioiellieri, mentre per Maurizio Lauri, direttore sedi formative Lapis Onlus, una via d’uscita c’è. Bisogna puntare sulla “grande qualità” e “produrre collezioni, ciclicamente rinnovate, ogni due o tre anni”.

Una crisi da addebitare in parte secondo Francesca Gabrielli, dell'Associazione Gioiello Contemporaneo "all'invasione asiatica “ che, dice all’Adnkronos, ha prodotto una massificazione dei gioielli” al punto da “saturare completamente il mercato, portando una forte crisi per quanto riguarda i valori tradizionali artigiani italiani". Mentre per Claudia Falconi, già membro Ador, Associazione Designers Orafi, a fare la differenza è stata la pubblicità. "Negli ultimi anni – ha detto all’Adnkronos – delle ditte che hanno puntato molto sulla pubblicità, attraverso i giornali e la cartellonistica" anche se hanno proposto "dei gioielli non particolarmente significativi hanno avuto un grosso riscontro".

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