Craig Green al Pitti Uomo: una scena del crimine in un giardino toscano
Craig Green ha offerto un momento alla “Rashomon” nella sua sfilata serale del 14 giugno al Pitti Uomo 94. Una riflessione sulla relatività della verità e sul modo in cui persone diverse possano ricordare lo stesso episodio (specialmente se si tratta di un crimine) in modi radicalmente diversi, proprio come nel film capolavoro del 1950 di Akira Kurosawa.
Green è il designer di moda maschile che a livello concettuale ha dominato la scena londinese degli ultimi anni. In Gran Bretagna, sfila spesso sotto gli umidi archi di mattoni di una linea ferroviaria nella zona sud di Londra. In Italia, ha portato il suo pubblico di giovedì sera nel più famoso parco toscano: il Giardino di Boboli sui colli sopra Firenze.
“Volevo prendere una bellissima location fiorentina molto famosa e darle il nostro tocco più dark. Come una vera scena del crimine”, ha affermato sorridendo Green nel post show, parlando nell’angolo di un bosco scuro.
In un allestimento che ricordava una struttura industriale hanno sfilato 41 look, 5 dei quali per Nike. Green ha usato una tavolozza di 12 colori, aprendo con quelli che ha chiamato “angeli moderni”: modelli in camici chirurgici rifiniti con corde da scalata e cravatte; poi ha attaccato dei telai di legno ad alcuni di questi membri del personale ospedaliero, quasi ad incorniciarli, come fossero aureole o sagome surreali.
“Stavo pensando al modo in cui la polizia disegna profili di gesso di cadaveri dopo un omicidio non ancora risolto”, ha ridacchiato malizioso.
Mentre molti dei più begli edifici di Firenze sono noti per la loro rigorosa simmetria, il Giardino di Boboli è conosciuto per essere caratteristicamente più selvatico e naturale.
La sfilata di questa collezione ha rappresentato un momento significativo: è la prima volta che un designer realizza uno show a Boboli, dopo che Gucci ha dato il via al progetto di recupero e restauro dei giardini che gli costerà due milioni di euro.
Un anno fa, a Londra, Green mostrò immense tuniche di cotone a doppio strato, multi-cucite insieme, come nella corsetteria del XVIII secolo, e realizzate in stampe floreali astratte. Il suo show fu sciamanico e paradisiaco. Invece nel giugno del 2016, ha presentato un gruppo di nomadi himalayani in giacche imbottite e coperte tagliate in modo da diventare dei lunghi parei, sormontate da finti cappelli da sci; nonché un quartetto di vagabondi in stile nepalese in giacche e pantaloni tagliati fino alla coscia stile Mao e tutti trapuntati. Lo stilista chiamò quella collezione “pellegrinaggio inesplorato”.
Ma al Giardino di Boboli ha mostrato completi plissettati sovrastampati con profili grafici, quasi nello stesso modo in cui le statue sono incorniciate dalle siepi che circondano il giardino fiorentino. Il suo finale è stato formidabile: originalissimi caftani funky con tripla stampa che diventeranno certamente un must da avere per i fashionisti. L’impressione è che li vedremo copiati almeno mille volte.
Sfilare al Pitti segna un momento determinante nella carriera di ogni giovane designer; una vera chiave di volta di un percorso personale.
Oltre alle idee di vera avanguardia che ha mostrato sulle passerelle londinesi, Green produce anche una collezione di base il sui nucleo è costituito da pezzi più pratici per tutti i giorni, che ora rappresenta il 75% dei ricavi della sua giovane casa di moda. Dopo Firenze, Green andrà a Parigi, dove dirigerà personalmente le vendite nel suo showroom francese.
Green è stato impegnato anche a Milano. In febbraio è stato uno dei sette designer scelti per lavorare al progetto di Moncler “Genius Building”. In settembre, svelerà la sua seconda serie di idee per “Genius”. Ha anche sviluppato una linea di scarpe con l’azienda britannica Grenson, con suole di gomma (realizzate dall’italiana Vibram) in stile anfibio e fatte in modo da sembrare uscite da un unico stampo, ispirate a quelle dei soldatini giocattolo
Al di fuori della moda, Green ha disegnato i costumi per il film di Ridley Scott “Alien: Covenant”, uscito lo scorso anno, i quali erano basati sulla sua collezione del 2015 ricca di jersey intrecciati e mutandoni alla moda.
Nato a Londra, Green è stato considerato un predestinato alla grandezza quasi da subito, vincendo il premio di miglior stilista britannico di abbigliamento maschile nel 2016, quattro anni dopo essersi laureato alla Central Saint Martins. È stato anche finalista del Prix LVMH.
I suoi vestiti ora sono venduti un po’ dappertutto, da Barneys e Bergdorf Goodman a NYC fino a Dover Street Market, alle Galeries Lafayette e a Mr Porter.
A differenza della maggior parte dei giovani designer invitati a sfilare a Firenze, Green non ha organizzato la tradizionale anteprima per i critici dei giornali italiani – che sono molto influenti da queste parti. In effetti, le sue idee sembrano evolversi fino all'ultimo minuto prima dell’inizio di ogni suo show.
Idee che sono anche già state incluse nelle mostre del Metropolitan Museum of Art "China: Through the Looking Glass” e “Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic imagination”.
Anche questi look saranno ammirati in un museo un giorno. In breve: abbiamo assistito a un trionfo della moda a Firenze, grazie ad un artista londinese sempre più apprezzato.
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