Covid-19: le filiere di cotone e poliestere sperimentano forti incertezze
Di fronte alla crisi dovuta all’epidemia del virus Covid-19, i prezzi del petrolio sono scesi al loro minimo livello storico, ponendo la questione di un impatto a breve e medio termine sui prezzi dei tessuti tecnici. Una crisi che giunge dieci anni dopo l’aumento record dei prezzi del cotone, anch’essi in forte calo da gennaio, suggerendo che vi sarà una diminuzione dei terreni agricoli assegnati alle sue coltivazioni nelle prossime stagioni.
Lo stoccaggio di barili di petrolio invenduti al terminal di Cushing (Oklahoma) è diventato così problematico che, per la prima volta nella storia, il prezzo dell'oro nero è sceso sotto gli zero dollari. Un epifenomeno che, tuttavia, ha messo in evidenza, per gli economisti, la natura difficilmente anticipabile dei prezzi fino alla fine della crisi sanitaria. Un fattore che, nel settore dei materiali tecnici, dipende in gran parte dal petrolio, e introduce un ulteriore fattore di instabilità in un'equazione che già così è complessa da risolvere.
Organo rappresentativo dell'industria tessile europea, Euratex ha indicato a Fashion Network di essere molto prudente in relazione ai feedback che ha ottenuto. “Sembra che il prezzo della materia prima non abbia un grande impatto sui prezzi delle fibre sul mercato finale, a causa di molti altri costi relativi alla produzione effettiva (energia, ammortamento delle strutture, manodopera...)”, ci spiega la confederazione. “Inoltre, esiste una grande sovraccapacità nella produzione di poliestere in Asia. Il che, a fronte del calo della domanda, costituirà probabilmente un fattore molto più importante (del petrolio, ndr.) nei futuri aumenti o diminuzioni dei prezzi”.
“Potremmo dire che è una buona cosa per noi essere in grado di rifornirci a prezzi bassi”, ci conferma dal canto suo il responsabile di un grande gruppo asiatico specializzato in poliestere. “In realtà, di fronte a noi abbiamo ancora una domanda molto ridotta, che gioca a nostro sfavore. E stiamo già vedendo clienti che ci dicono "siccome il petrolio scende, così scenderanno i vostri prezzi?". Mentre la nostra attività è sicuramente legata al barile, i nostri prezzi dipendono però soprattutto da tutto il know-how industriale. E noi, come i nostri clienti, dobbiamo preparare il rilancio, e ciò significa preservare parte dei nostri margini”.
Preparare il rilancio, perché la Cina canalizza in sé, non sorprendentemente, due terzi delle fibre di poliestere al mondo. Lo scorso anno il mercato mondiale di questo materiale è stato valutato in oltre 100 miliardi di dollari, più della metà dei quali nel solo settore dell'abbigliamento. Secondo il rapporto 2019 di Textile Exchange, il poliestere rappresentava il 51,5% delle fibre prodotte. Molto davanti al cotone (24,4%).
La storia spesso ha un curioso senso dell'umorismo, perché la domanda di poliestere è aumentata nettamente negli ultimi dieci anni grazie a un'altra crisi: quella del cotone. Alla fine del 2010, i prezzi del cotone sono esplosi del 160%. Un fatto mai visto, causato da cattivi raccolti, da scorte globali basse e da una Cina determinata ad accaparrarsi tutta la materia bianca che poteva. Per salvare i margini, i marchi hanno ripiegato sui prodotti di base, giocando la carta delle linee "premium", oppure hanno puntato su prodotti sintetici. Strategie che troveranno una forte risonanza presso i consumatori, grazie all’esplosione delle richieste per i capi athleisure, portando così Greenpeace a prevedere un raddoppio del mercato entro il 2030.
Il cotone dovrebbe essere tenuto d’occhio anche in qusto momento. La filiera sta sperimentando “un caos totale”, ha spiegato sin da febbraio l'International Cotton Advisory Comittee. Secondo quanto riferito, i prezzi del cotone sono diminuiti del 24% da gennaio, scendendo a un prezzo inferiore del 30% rispetto a un anno fa. Una diminuzione che è generalmente accompagnata da un calo delle aree assegnate al cotone dagli agricoltori, che preferiscono rivolgersi verso coltivazioni più redditizie. A rischio di provocare, in caso di cattivi raccolti, un ulteriore aumento dei prezzi.
“In che modo ciò influirà sul nostro settore in futuro? Non sappiamo ancora quale sia la risposta”, dichiara Kai Hughes, direttore esecutivo dell'ICAC. “L'enorme impatto è già visibile nella catena del valore tessile. Che tu sia un agricoltore indiano che fatica a scrivere ordini o un produttore del Bangladesh che ha appena visto annullato un ordine da un grande marchio perché nessuno consuma, il risultato è il medesimo. Con oltre 250 milioni di lavoratori impiegati nel nostro comparto – poveri, per la maggior parte – ciò è devastante. È anche difficile immaginare la difficoltà dei 28 milioni di piccoli proprietari (24 milioni in Asia, 4 milioni in Africa, ndr.) il cui reddito dipende dal cotone”.
Per il direttore delle analisi di business dell'ICAC, Andrei Guitchounts, il legame tra i prezzi del cotone e del poliestere deve essere preso in considerazione. “Di solito i prezzi del poliestere seguono quelli del cotone”, spiega a FashionNetwork.com. “Secondo le nostre ricerche, c'è un divario di circa sei mesi tra il prezzo del petrolio e quello del poliestere, e non è il suo principale fattore di prezzo (il fattore principale è la sua sovrapproduzione, ndr.)”, sottolinea lo specialista. “La contrazione delle piantagioni e della produzione di cotone dovrebbe essere molto inferiore alla domanda di cotone stesso, e questo nonostante un calo del prezzo del cotone da 80 centesimi per libbra a dicembre 2019 a meno di 60 centesimi per libbra oggi, principalmente a causa dei sostegni governativi”.
La produzione globale di cotone è ancora stimata, per la stagione 2019/20, a 25,9 milioni di tonnellate. Ma le stime sul lato della domanda sono state riviste al ribasso il 1° aprile, e ora ridotte a 24,6 milioni di tonnellate. Allo stesso modo in cui alcuni osservatori vedono nel Covid-19 un acceleratore della rilocalizzazione del sourcing, altri considerano questa crisi come il punto di partenza di una corsa al poliestere riciclato. In effetti, quest'ultimo rappresentava solo il 13% dei poliesteri del settore nel 2018, rispetto all'8% di dieci anni prima.
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