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2 nov 2020
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Confindustria Vicenza: prevenire il contagio senza chiudere le fabbriche

Pubblicato il
2 nov 2020

“La moda italiana, le sue maestranze, il suo saper fare, la sua tradizione non possono superare un secondo lockdown produttivo”, la tesi di Michele Bocchese, presidente della Sezione Moda e Tessile di Confindustria Vicenza è chiara e netta: “Dal tessuto all’accessorio, dalla scarpa all’abito, parliamo di un mondo che porta alta la bandiera del nostro paese in tutto il mondo e che è abituato a cambi di rotta, a rivoluzioni e a cambiamenti repentini. È una filiera sana, in cui lavorano sodo migliaia di persone, tanti giovani e tante donne e che per far valere la propria incomparabile qualità, rispetto alle produzioni di altri Paesi, ha bisogno dei suoi tempi. Per cui se arrivasse un nuovo lockdown degli stabilimenti produttivi, dopo che il primo ha compromesso seriamente le produzioni della stagione invernale e le vendite di quella estiva, semplicemente moltissime aziende italiane non riuscirebbero a reggere”.

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Chiudere le imprese adesso, infatti, significherebbe bloccare le consegne dedicate all’estate 2021 e questo avrebbe delle conseguenze nefaste per l'intero settore, in particolare per le aziende più piccole, anello fondamentale della filiera della moda italiana.
 
“Significa – continua Bocchese – che si rischia possano reggere solo le aziende più strutturate e coloro i quali sono arrivati a questa grande crisi senza il fiato corto. Ma poi perché dovrebbero chiudere le aziende? I dati dell’INPS, oltre che quelli dello Spisal, hanno dimostrato che le aziende che rispettano le regole non sono fonte di focolai ma che, in occasioni di contagi, questi arrivano da fuori. Per cui, visto che siamo all’alba di ulteriori prevedibili e necessarie restrizioni dato il quadro epidemiologico, bisogna lavorare per contenere le occasioni di contagio, ad esempio sui mezzi pubblici, e puntare a non chiudere le fabbriche. Il disastro economico non sarebbe solo temporaneo – che già sarebbe abbastanza – ma si ripercuoterebbe anche nel futuro, per coloro che resisteranno”.

Le parole di Bocchese, oltre che sulle testimonianze delle imprese locali, si basano sui numeri del settore: perdita stimata tra il 27% e il 30% per il 2020 su quasi 100 miliardi di fatturato, molti dei quali contribuiscono in maniera significativa all’export italiano e alla bilancia commerciale positiva del nostro paese.

“Concordo pienamente con Carlo Capasa – conclude Bocchese -, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana: serve un piano Marshall per la moda, degli interventi, anche non economici, che tengano conto di una filiera particolare, che è fatta da grandi realtà ma anche da tante attività piccole o minuscole, laboratori d’arte e artigianato che sono patrimonio della nostra tradizione. Come lo sono i negozi a cui siamo legati a doppio, anzi, triplo filo e le fiere che sono tra le realtà più colpite e che speriamo possano ritrovare rapidamente, anche con strumenti innovativi, nuovo slancio in quanto sono davvero attori protagonisti di questo nostro business. Insomma, abbiamo una specificità tale che giustifica il fatto che stia arrivando, da tutta Italia, un congiunto grido d’allarme rivolto ai decisori politici: ascoltateci e lavoriamo insieme per trovare strumenti adeguati che consentano di affrontare questa situazione straordinaria”.
 

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