26 giu 2019
Confindustria Moda, Claudio Marenzi: “I numeri sono positivi, ma bisogna far fronte comune per restare competitivi”
26 giu 2019
Si è svolta il 26 giugno a Milano la prima Assise di Confindustria Moda, alla presenza del Presidente Claudio Marenzi e dei Presidenti delle sette Associazioni federate: Riccardo Braccialini per Assopellettieri, Ivana Ciabatti per Federorafi, Annarita Pilotti per Assocalzaturifici, Giovanni Russo per UNIC, Roberto Scarpella per AIP, Marino Vago per SMI e Giovanni Vitaloni per ANFAO.
L’incontro è stata l’occasione per analizzare l’andamento delle aziende associate, circa 67.000 per un totale di 600.000 addetti, che nel 2018 hanno raggiunto i 95,5 miliardi di euro di fatturato complessivo, con una leggera crescita del +0,7%. L’export si è dimostrato più dinamico, registrando una progressione del 2,7% a 63,4 miliardi di euro, riferibili per il 49,6% al tessile-abbigliamento, seguito da calzature (15,1%), pelletteria (12,9%), oreficeria e gioielleria (10,2%), occhialeria (6%), concia (6%) e pellicceria (1%). La UE ha assorbito il 46,8% delle esportazioni e i Paesi extra UE il restante 53,2%.
Le vendite internazionali hanno dimostrato un dinamismo ancora maggiore nel primo trimestre di quest’anno, con una crescita del +5,6% (rispetto al 2,1% del primo trimestre 2018), per un valore di 16,6 miliardi di euro.
Commentando i dati, il Presidente Claudio Marenzi ha evidenziato i punti di forza della industry e sottolineato alcune tematiche fondamentali che il comparto dovrà affrontare per mantenersi competitivo: “Il sistema moda contribuisce alla bilancia commerciale positiva italiana per più del 50%, con 27 miliardi su 52; siamo il secondo settore manifatturiero italiano, su 1.046 prodotti moda nel mondo, 240 arrivano dall’Italia. Abbiamo però alcune sfide da affrontare, in primis quella di fare sistema perché insieme si può fare di più; è questo lo spirito che ha portato alla nascita di Confindustria Moda”.
Tra i temi di maggiore interesse, Marenzi ha ricordato la tutela del prodotto e la lotta alla contraffazione, il made in Italy e la sostenibilità. “Ci sono istanze che tutti insieme dobbiamo portare a Bruxelles, in modo coeso e non come singole associazioni, tra cui la situazione dei dazi tra Europa e Asia, molto sentita dall’Italia, le agevolazioni fiscali per tutta la filiera e la riduzione del costo del lavoro, che consentirebbe di riportare nel nostro Paese la parte più alta della produzione”.
“Sul fronte sostenibilità”, ha proseguito Marenzi, “abbiamo una delle filiere più virtuose al mondo, ma le associazioni oggi lavorano separatamente, bisogna fare ricerca insieme e condividere le innovazioni. Inoltre, le leggi, pur promuovendo a parole i concetti di riciclo ed economia circolare, di fatto ostacolano queste pratiche, considerando come rifiuti i materiali riciclabili e impedendo così di reimmetterli nel ciclo produttivo”.
Un altro aspetto affrontato dal Presidente di Confindustria è l’importanza della formazione: “Senza la formazione non si avanza, non c’è innovazione. Oggi il nostro comparto ha oltre 50.000 lavoratori in uscita e solo 9.000 studenti negli Istituti formativi di settore; anche qui bisogna lavorare insieme pensando alla fashion industry nel suo complesso e supportare la creatività, i giovani stilisti. Con questo obiettivo in mente, SMI ha siglato a fine 2018 un protocollo di intesa con il MIUR”.
Marenzi ha concluso ricordando il significato del nome dato alla prima Assise di Confindustria, “Unisono”: “Sono tante voci con timbri diversi ma alla stessa altezza ed è esattamente questo che dobbiamo perseguire come sistema: abbiamo tante storie, veniamo da settori diversi, ma abbiamo gli stessi obiettivi. L’Italia è l’unico Paese occidentale con una filiera tessile e moda completa, dobbiamo mantenerla. Non è più tempo di custodire i propri segreti, bisogna aprirsi e condividere, e devono farlo non solo le piccole e medie imprese, ma anche i grandi gruppi della moda”.
La parola è così passata ai rappresentanti delle più importanti associazioni nazionali di categoria dell'universo moda. “L’Italia è il terzo Paese al mondo per l’export di gioielli, con 8mila aziende, 31mila addetti e un fatturato di 7,5 miliardi di euro. Il comparto orafo-gioielliero è uno dei più vocati all’export e si è evoluto nel tempo combinando le sue grandi capacità artigianali con le nuove tecnologie”, ha spiegato il presidente di Federorafi, Ivana Ciabatti.
Le parole della Ciabatti fanno eco a quelle del presidente Marenzi: “Siamo entrati in Confindustria Moda perché non è più sufficiente essere uniti a livello di singolo settore. Occorre fare sistema in maniera trasversale per essere più forti e affrontare le sfide della globalizzazione, per dare un’unica visione dell’Italian Style e per conquistare i mercati internazionali”.
Per il mondo calzaturiero è intervenuta Annarita Pilotti, ricordando come “il comparto nazionale rappresenti oltre 4.500 aziende, 77mila addetti, 14 miliardi di fatturato e stia crescendo in valore, sia a livello di esportazioni che di importazioni, nonostante continui il calo della produzione, con 8 milioni di paia di scarpe in meno nel 2018”. “Nei primi tre mesi del 2019”, aggiunge Pilotti, “il trend prosegue, con l’export in crescita del 6,1% in valore e volumi ancora in calo. Nel trimestre hanno chiuso i battenti ben 116 aziende, un dato allarmante che deve farci riflettere. Sopravvive solo chi è affiancato dalle grandi firme o chi investe nel proprio brand”.
“Dietro la scarpa c’è un lavoro immane”, ricorda infine una Pillotti commossa nel giorno del passaggio di consegne con Siro Badon alla presidenza di Assocalzaturifici. “Si parte dal concetto dello stilista; l’idea viene poi trasformata in prototipo, dal quale nasce un campione; allo stesso tempo si sviluppano, tomaia, fodera, puntali, fondi, accessori. Seguono lo sdifettamento del primo prototipo, la realizzazione dei primi campioni, il complesso processo dell’industrializzazione e, infine, la vendita”.
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