16 mar 2015
Condizioni di lavoro: Hugo Boss criticato da Clean Clothes Campaign
16 mar 2015
Il brand Hugo Boss violerebbe i diritti dei lavoratori nelle fabbriche di Turchia e Croazia in cui produce le sue collezioni, secondo l’ONG Clean Clothes Campaign (CCC).
Lavoratori sindacalisti licenziati, intimidazioni, molestie sessuali e deregolamentazione delle ore di lavoro straordinario, sono le principali accuse lanciate al marchio tedesco da CCC. L’organismo indica inoltre che i salari degli operai turchi nel 2013 (326 euro) sono al di sotto della soglia di povertà (401 euro) e lontani dal livello minimo di sussistenza (890 euro).
E' stata lanciata una petizione per spingere Hugo Boss ad abolire queste pratiche, documento nel quale CCC fornisce i dettagli delle sue accuse contro il marco tedesco.
«Il Made in Europe dovrebbe far sì che i lavoratori possano evitare la povertà e non debbano aver paura di aderire a un sindacato», si rammarica Bettina Musiolek, portavoce di CCC. «Al contrario, il Made in Europe crea povertà e impedisce alle persone di esercitare la propria libertà politica. Hugo Boss può e deve protestare contro queste palesi violazioni. Un vero capo corrisponde almeno un dignitoso salario di sussistenza».
Circa il 20% dei prodotti di Hugo Boss sono prodotti in stabilimenti di proprietà dello stesso brand. Il suo sito produttivo più grande si trova a Izmir, in Turchia, e nel 2015 verrà ampliato, soprattutto per andarsi ad occupare delle produzioni precedentemente garantite dalla fabbrica di Cleveland, destinata a chiudere in questo semestre.
Questa presa di posizione di CCC si manifesta nel momento in cui Hugo Boss ha comunicato i suoi risultati del 2014, e ha rivisto verso il basso le sue previsioni per il 2015, puntando adesso su un rialzo del 5% delle vendite rispetto ai 2,57 miliardi di euro generati nel 2014.
Matthieu Guinebault (Versione italiana di Gianluca Bolelli)
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