19 gen 2020
Claudio Marenzi: “Occorre un ‘Green Deal 4.0’ per la sostenibilità dei sistemi industriali”
19 gen 2020
VicenzaOro January, la manifestazione internazionale di riferimento del comparto orafo-gioielliero, organizzata da Italian Exhibition Group (IEG) si è interrogata, nella giornata d’apertura del 17 gennaio, sul valore simbolico del gioiello negli anni dell’inclusione e della diversificazione, dell’accelerazione e del ready to wear, focalizzandosi innanzitutto su creatività, innovazione e sostenibilità, che sono stati al centro del panel “VISIO.NEXT - The future of jewellery”, svoltosi in collaborazione con Club degli Orafi Italia e anticipato dai saluti a cura del nuovo AD di IEG Corrado Peraboni e del presidente del Club, Gabriele Aprea (Chantecler).
“Nel panorama di Confindustria e del nostro governo, la moda veniva vista sicuramente come un fiore all’occhiello del Made in Italy, un grande atout del nostro Paese, ma non come un settore industriale importante. E invece nel 2019 siamo arrivati a generare 97,5 miliardi di fatturato complessivo, con una propensione all’export del 66%, 65.000 aziende e quasi 600.000 addetti”, ha raccontato nel suo intervento Claudio Marenzi, CEO di Herno e Presidente di Confindustria Moda. “Questo ci porta ad essere il secondo comparto industriale manifatturiero italiano dopo la meccanica, a rappresentare, nella bilancia commerciale positiva del nostro Paese, 27 miliardi su 52 della manifattura in Europa e a cotituire il 44% dell’industria totale della moda e accessori, considerando tutto l’insieme, ovvero abbigliamento, calzature, pelletteria, occhialeria, gioielleria, concia e pellami. Seconda è la Germania con il 12%. L’unico settore che ha la stessa differenza tra un Paese e un altro è l’automotive, con la Germania che vanta lo stesso vantaggio rispetto alla Francia”, ha riassunto Marenzi.
Il Presidente di Confindustria Moda ha ribadito l’importanza del fare sistema anche nella sostenibilità, non solo per la parte economica dell’attività, “che vuol dire capirsi”, ha sostenuto. “Non abbiamo dati precisi sulla percentuale di influenza sulla sostenibilità, ma sicuramente vantiamo eccellenze importanti. Si pensi che l’italia rappresenta quasi il 98% della produzione tessile di capi finiti per l’universo del lusso. È necessario dunque fare sistema e ragionare assieme per creare prodotti di qualità. Puntiamo sul bello e ben fatto, su un’eccellenza inclusiva in cui il rapporto tra valore e oggetto deve essere durevole”.
Marenzi ha ricordato come i buyer dei grandi department store per scegliere dei prodotti eventualmente sostenibili usino fondamentalmente tre app: una è di Londra, un’altra è di Los Angeles e una terza è di Sydney. Non c’è nessun tipo di strumento per capire se un marchio italiano è sostenibile o no, ha aggiunto, stimolando un intervento in tal senso.
“Noi italiani siamo quelli che facciamo più sostenibilità con eccellenze incredibili da questo punto di vista, però non riusciamo a comunicarlo in modo corretto. Per esempio la mia azienda (che non ha mai voluto nominare durante il suo intervento, ma è Herno, ndr.) ha cominciato ad essere carbon free dal 2010, abbiamo cominciato a lavorare sul concetto di Product Environmental Footprint, mappando l’impronta ambientale dei nostri capi dal filato al capo finito, dal 2014 con un gruppo chimico italiano. Eppure abbiamo cominciato a comunicarlo solo un anno e mezzo fa, ovvero da quando il mondo della moda ha cominciato a rendersi davvero conto dell’importanza della sostenibilità”, ha proseguito Claudio Marenzi. “Questo è un fatto comune a molte aziende italiane. il Made in Italy conta numerosi altri esempi virtuosi, che però non comunica in maniera efficace”.
Infine Marenzi ha ricordato come la sostenibilità sia un tema che, oltre ad essere importante per il nostro pianeta, fa cambiare completamente paradigma all’industria: “Va compreso quanto il green stia diventando cool. Una volta la gente si girava se sentiva il rombo di un dodici cilindri, oggi si gira sul ‘non rumore’ di una macchina elettrica che passa".
Marenzi ha elogiato la lungimiranza del piano “Industria 4.0”, che ha consentito a molte aziende, soprattutto le PMI, di poter aggiornare i propri sistemi industriali e legarli alla parte digitale dell’attività. Inoltre, ha ribadito quanto detto all’apertura di Pitti Uomo: “Occorrerebbe un nuovo deal, in cui ragionare non solo sulla digitalizzazione dei sistemi industriali, ma sulla loro sostenibilità. Una sorta di ‘Green Deal 4.0’”, ha detto, riferendolo soprattutto alle piccole aziende.
Prima di Marenzi, gli altri relatori si erano interrogati sui trend e l’evoluzione del mondo orafo gioielliero e su quali nuovi approcci e nuove storie dovesse adottare per parlare a un pubblico sempre più giovane e informato che chiede trasparenza e inclusività.
Innanzitutto ha parlato Stephen Lussier, Executive Vice-President Consumer and Brands di De Beers Group, che ha delineato i trend emergenti a cui guardare per incontrare il gusto dei giovani consumatori. “Da sempre legato a un momento speciale, il gioiello diventa un oggetto sempre più personale allontanandosi dalla dimensione della relazione”, ha affermato il dirigente. “Il concetto del lusso, che un tempo oltre alla qualità evocava esclusività e status sociale oggi continua a parlare di qualità ma artigianale, deve ispirare inclusività ed esprimere una finalità sociale”. I nuovi consumatori anche nell’acquistare un gioiello vogliono sapere di contribuire a risolvere un problema, e non a crearlo.
Sulla sostenibilità si era soffermata soprattutto Eleonora Rizzuto, Direttore Sviluppo Sostenibile di Bulgari e LVMH Italia, la quale ha sottolineato come non si possa prescindere dalla coesistenza delle sue tre anime: economica, sociale e ambientale. Un appello il suo a esplorare le sinergie che possono nascere lungo la filiera della produzione orafa-gioielliera, secondo un principio di economia circolare: “Immaginiamo un futuro fatto di ponti in grado di far dialogare industrie diverse. Un gioiello può portare per esempio collegamenti nel tessile o nel food del luogo in cui è prodotto. È un quadro di ottimismo, e l’unico in grado di farci vedere la nostra epoca in ottica di progresso”, ha detto.
Infine, per Isabella Traglio, Deputy Director General del marchio di alta gioielleria Vhernier, elemento chiave per realizzare un gioiello rilevante contemporaneo è la creatività, la capacità di sperimentare lasciandosi ispirare “da quanto succede intorno a noi, osservando il nostro cliente ma ancor più chi non lo è. Così si possono cogliere i trend che guidano le scelte delle nuove generazioni: la multifunzionalità, la scelta non binary che interpreta la libertà di essere se stessi, la riconoscibilità”.
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