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19 dic 2011
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Christophe Bezu precisa la tabella di marcia di Esprit

Pubblicato il
19 dic 2011

Christophe Bezu ha trascorso più di 23 anni in Adidas. Questo fine conoscitore dei mercati asiatici è approdato in Esprit per guidare il wholesale a livello mondiale (Chief Wholesale Officer) e adesso ci spiega il piano di sviluppo del marchio principale.

FashionMag: Lei è arrivato a maggio 2011 proveniente da Adidas. Quali sono state le sue prime impressioni dopo il suo arrivo in Esprit?
Christophe Bezu: Sono stato contattato da Esprit già nel 2006 per guidare l'Asia. Da qui la mia conoscenza del marchio. Ma avevo firmato per le Olimpiadi di Pechino e allora non potevo né volevo andarmene. Detto questo, all'epoca avevo messo in guardia Esprit contro un'espansione eccessiva della distribuzione che rischiava di indebolire il marchio.

FM: Adidas ed Esprit sono due gruppi la cui sede operativa si trova in Germania. Quali sono le loro similitudini?
CB: In Esprit, ho un po' ritrovato l’Adidas di quindici anni fa. Vale a dire, un marchio di notorietà internazionale con un mercato tedesco molto forte in termini di peso sull'attività. In più, il modo di gestire comune, che in Germania può essere molto rigoroso e centralizzato. Creare un brand internazionale, vuol dire essere internazionale, avere dei team per i vari mercati e adattare le collezioni sulla base del diverso clima o delle differenze culturali fra le nazioni.

FM: Concretamente, con cosa inizia la sua missione?
CB: Esprit si focalizzerà prima di tutto sui mercati-chiave, che sono la Germania, l'Austria, la Svizzera, i Paesi del Benelux e la Francia, oltre alla Cina. Abbiamo intenzione di sostenerne la crescita. Poi l'espansione passerà per l'Asia, l’India, l’America Latina e i Balcani. Mentre questi mercati saranno guidati da dei distributori, la Cina verrà gestita direttamente.

FM: Come definire il posizionamento di Esprit?
CB: Il riposizionamento passa per due punti. Primo: Esprit per il suo stile si indirizza a una donna sofisticata. E' uno dei segmenti maggiormente portanti, soprattutto in Cina. Il nostro bersaglio con Esprit è la donna impegnata di 30 o 40 anni. Su questo settore, la competizione è meno dura che nella fast fashion. Secondo: vogliamo fornire in un momento successivo un guardaroba completo sotto uno stesso marchio o firma. In passato, Esprit proponeva 12 divisioni con molteplici opzioni. Allora le divisioni erano il motore della crescita. Ora andremo a lavorare con una sola divisione Donna, per un guardaroba che andrà dai vestiti per l'ufficio agli abiti da sera. E poi, una divisione Denim. Esprit era fortissima nei pantaloni. Quindi una divisione Uomo… e poi Edc. Lavoreremo dunque con 4 o 5 divisioni distinte in termini di prodotto. L’obiettivo è di ricreare valore attorno al prodotto.

FM: Il piano di riorganizzazione prevedeva un ufficio per le tendenze a Parigi. Che ne è stato?

CB: La decisione al riguardo sarà presa prossimamente. In effetti avremo uno studio che si occuperà di tendenze in Europa e uno a Shanghai. Il clima oppure i colori hanno differenze sensibili fra la Cina e l'Europa. Oggi, dal 15 al 20% della collezione è specifico per la Cina. Questi uffici saranno attivi dal primo trimestre 2012. Si tratta di immettere sul mercato ogni mese dei modelli molto alla moda. Saranno degli articoli molto particolari e specializzati, con una supply chain molto rapida, che manterranno la stessa firma.

Christophe Bezu, Esprit


FM: Edc è una linea integrata?

CB: I team responsabili di Edc saranno completamente separati. Oggi, si tratta di capi più giovani per una clientela identica. La sfida è di raggiungere i 20-30enni.

FM: E le licenze? Esprit ne ha avute in passato...
CB: Molti accordi saranno interrotti. Manterremo un'offerta che abbia un senso, come la gioielleria. E' possibile che si mantenga una mezza dozzina di partner licenziatari in termini di prodotti.

FM: Parla poco dell'Uomo.

CB: L’Uomo fa parte di una riflessione a parte. Dei cambiamenti saranno visibili a fine 2012, ma la moda maschile procede bene e dunque non necessita di una reazione rapida.

FM: Lei è il responsabile del wholesale a livello mondiale. Come si occuperà di questo vasto circuito di distribuzione?
CB: Il Wholesale per noi è costituito da quattro assi: i distributori per Paese, i negozi in partnership, i punti vendita multimarca e infine l'e-commerce. Poniamo un'attenzione particolare nei negozi a nome proprio con una "formula wholesale". Gli stock appartengono al socio, che può anche compiere una selezione di prodotti. In quattro anni, contiamo di aprirne circa 200 nel Vecchio Continente, principalmente nel corso degli anni 2014 e 2015.

FM: Sul versante dei multimarca, molti dettaglianti valutavano che Esprit era troppo diffuso.

CB: Di fatto smetteremo di lavorare con i negozi non redditizi. Dal 4 al 5% delle nostre unità non sono redditizie oppure indeboliscono nel proprio ambiente l’immagine di marca. Realizzeremo anche dei sistemi di teleassistenza per aumentare le vendite. Su 7.500 esercizi in Europa, circa 1.500 saranno interessati sia dalla teleassistenza sia dallo smettere di essere riferimento del marchio. Fino ad ora, Esprit ragionava per divisioni, in questi casi andremo invece a razionalizzare a livello di profilo un buon numero di questi punti vendita.

FM: Qual è la formula adeguata per i negozi partner?

CB: Sulle 200 aperture annunciate, la maggioranza sarà per Esprit. La superficie ideale per presentare il mondo del brand è a mio avviso dai 400 ai 450 metri quadrati.

FM: Che peso avrà la Cina in futuro?
CB: In Cina raddoppieremo il numero di punti vendita. Ne apriremo circa 900, 650 dei quali saranno gestiti da partner. Attualmente copriamo 185 città e abbiamo l'ambizione di raggiungerne circa 400 nel 2015. L’esperienza shopping in Cina è più o meno la stessa cosa.

FM: Esprit realizza l'82% della propria attività sul Vecchio Continente. Come vede la distribuzione a lungo termine?
CB: Nel Wholesale, da qui a 5 anni, spero che la quota dell'Europa sarà ridotta al 70%. Non bisogna dimenticare che un gruppo come Adidas ci ha messo 20 anni a ridurre la sua dipendenza dalla Germania e ad avere una distribuzione più equilibrata a livello mondiale. Nel Retail, la percentuale dovrebbe ancora essere dell'80%.

Bruno Joly (Versione italiana di Gianluca Bolelli)

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