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Pubblicato il
28 ott 2021
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Carlo Piacenza (Piacenza Cashmere): “Il lusso richiede estrema flessibilità e un servizio veloce”

Pubblicato il
28 ott 2021

“Sostenibilità vuol dire trasparenza, a partire dalle materie prime per proseguire con l’animal welfare, il benessere degli animali, che talvolta ancora oggi risulta difficile far capire agli allevatori”, lo ha detto al Milano Fashion Global Summit Carlo Piacenza, Amministratore Delegato della storica realtà tessile biellese nata nel 1733 Piacenza Cashmere. “Invece, solo pochi anni fa le lane che si compravano dall’Australia erano ancora tutte ottenute con la pratica del mulesing, davvero dannosa per l’animale. Attenzione però: la filiera è fatta di tanti passaggi, perciò basta che un anello della catena sia più debole dell’altro per vanificare il risultato di certificazione di garanzia e trasparenza”.

Carlo Piacenza - piacenza1733.com


“Ormai tutti i nostri clienti più grandi, soprattutto i marchi del lusso, sono diventati molto esigenti”, aggiunge l’AD di Piacenza Cashmere. “Oggi il prodotto deve essere fatto bene fuori, ma anche essere ‘bello dentro’, ovvero rispettare l’ambiente. Ha ragione Flavio Sciuccati, nella sostenibilità non esiste mai un traguardo, ma è un percorso lungo e tortuoso in cui tutti si devono impegnare anno dopo anno - grazie a tecnologie e ricerche - ad alzare l’asticella e raggiungere una meta dopo l’altra per ridurre l’impatto sull’ambiente. Noi, da Piacenza Cashmere, abbiamo attualmente 3 persone che si occupano soltanto di tutto quanto concerne i protocolli di sostenibilità, 10 anni fa non ce n’era nessuna”.
 
La tecnologia aiuterà tantissimo a concretizzare questi procedimenti, soprattutto dal punto di vista informatico. “La blockchain garantisce che ogni passaggio non possa essere manipolato, in una filiera fatta di tanti anelli. La totale trasparenza potrebbe essere la nostra salvezza. Tuttavia molte aziende la guardano ancora storto…perché non ti fa più barare”. 

Patrizio Bertelli non ha tutti i torti, le aggregazioni saranno inevitabilmente il futuro per chi possiede aziende di piccole dimensioni”, dice Piacenza, per il quale occorre fare delle distinzioni. “Per quanto riguarda un brand che realizza prodotti finiti che vengono venduti al grande pubblico, sicuramente le dimensioni sono fondamentali. Se pensiamo che i colossi francesi LVMH e Kering insieme realizzano quasi i due terzi del fatturato del sistema moda italiano nel suo complesso, composto da migliaia di aziende e di ‘trasformatori’ di prodotto come noi di Piacenza, sembra che per molti il destino sia già scritto: per crescere devi farti inglobare da questi mostri sacri del lusso. Società che sono state anche molto intelligenti nel lasciare ad ogni marchio che acquisiscono una quasi totale indipendenza nel gestire le proprie caratteristiche, soprattutto dal punto di vista stilistico”.
 
Carlo Piacenza ritiene però che la verità stia nel mezzo e che le aggregazioni possano appesantire il processo di filiera. “Io mi considero un imprenditore che conferisce un semilavorato. Nel nostro mondo dei produttori di tessuti di medio-alto livello i nostri fatturati sono briciole rispetto a quelli di molti brand nostri clienti. Credo però che questa sia la dimensione giusta per un’azienda come la nostra. Se la portassi (dai 53 milioni di euro di giro d’affari nel 2019, ndr.) a decuplicare il fatturato si perderebbero queste caratteristiche di rapidità ed esclusività Made in Italy, anzi Made in Biella nel nostro caso, che sono la nostra forza. Globalizzare, far diventare troppo grande il nostro sistema significherebbe contemporaneamente irrigidirlo”, ha concluso l’AD di Piacenza Cashmere. 

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