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Gianluca Bolelli
Pubblicato il
24 ago 2020
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Camaïeu acquistato dal fondo FIB, salvati oltre 2.600 dipendenti

Di
AFP
Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
24 ago 2020

Per salvare il marchio Camaïeu, il tribunale del commercio di Lilla ha scelto lo scorso 17 agosto la società Financière Immobilière Bordelaise (FIB), che ha acquistato 511 negozi del marchio francese di prêt-à-porter femminile e mantenuto 2.659 dipendenti su oltre 3.100, rigettando l'offerta dell'attuale management della società di Roubaix, in amministrazione controllata dal 26 maggio scorso.

AFP


“Il tribunale si rammarica amaramente dei bassi prezzi di acquisizione offerti, in particolare quello di FIB, che è stato definito indecente durante i dibattiti. Ciò non di meno, l'interesse dell'azienda resta la sua continuità nel tempo, che appare migliore nel progetto FIB”, si può leggere nella sentenza comunicata lunedì e consultata dall’agenzia AFP.
 
L’offerta di FIB, fondo d’investimento specializzato in immobili commerciali dell'uomo d'affari Michel Ohayon, che nella regione ha acquisito anche 22 franchise Galeries Lafayette nel 2018, era sostenuta dal comitato sociale ed economico (CSE) e dall'unione inter-sindacale CFDT-CGT-FO. FIB rileverà 511 negozi e 2.659 dipendenti di Camaïeu, sui 634 negozi e 3.146 dipendenti attuali dell'azienda.

Il fondo conserverà l’attuale logistica con il fornitore di servizi Dispéo e si impegna a mantenere per cinque anni la sede principale e l'edificio logistico a Roubaix.
 
Con questa soluzione “ci sono meno complicazioni e sprechi”, ha sottolineato Omar Rahni, rappresentante CGT al CSE. “E poi, come sostenere un gruppo dirigente che affonda l’azienda, la mette in amministrazione controllata, beneficia degli aiuti di Stato, fa tabula rasa di tutto e ne approfitta pure per chiudere negozi e licenziare lavoratori?”.
 
Il tribunale ha dunque scartato la seconda offerta, presentata dall’attuale PDG dell’azienda, Joannes Soënen, e tre fondi già azionisti (GoldenTree, CVC e Farallon), sostenuti dal sindacato di maggioranza. La loro offerta prevedeva di mantenere 2.520 posti di lavoro e di riacquisire 446 negozi, di cui 43 con il marchio di ready-to-wear femminile della galassia Mulliez, Grain de malice.
 
Ma la corte ha sottolineato che “nessuna ripresa può avere successo senza il supporto di team e dipendenti. È chiaro che, anche se le mancanze precedenti non possono essere imputate a loro, il team di gestione (attuale) non ha saputo o potuto ottenere e mantenere la fiducia del personale”.
 
Fondato nel 1984, Camaïeu è stato posto in amministrazione controllata il 26 maggio, pesantemente impattato “dalla crisi sanitaria e dalla mancanza di un prestito garantito dallo Stato che le avrebbe permesso di superare” questa situazione, secondo una fonte vicina alla direzione.
 
All’inizio di marzo, “la società aveva dato il via all'attuazione del suo piano di trasformazione e stava per essere concluso un accordo di finanziamento con azionisti e banche”.
 
Tuttavia, “la crisi sanitaria ha costretto il gruppo a chiudere improvvisamente più di 800 negozi nel mondo”, causando un “mancato guadagno di 162 milioni di euro”, ha detto la fonte.
 
Le sigle CFDT-CGT-FO e i sindacati delle filiali belga, svizzera e lussemburghese avevano affermato a metà agosto di avere la “profonda convinzione” che “dal mese di marzo, fosse stato tutto organizzato” per pianificare il fallimento delle filiali stesse, e non passare per “un piano sociale negoziato”, allo scopo di “recuperare l’azienda a un costo inferiore ed estinguere i propri debiti”. Un’accusa rigettata dal management.
 
A fine 2018, la società era stata acquistata dai suoi creditori dopo una procedura di salvaguardia. Nel 2016, aveva già negoziato con i suoi creditori perché la metà del suo debito, che allora ammontava a un miliardo di euro, fosse convertita in azioni.

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