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30 giu 2021
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Calzaturiero, segnali di ripresa dall’export

Pubblicato il
30 giu 2021

L’industria calzaturiera vede la luce in fondo al tunnel dopo oltre un anno di crisi covid. Le esportazioni fanno ben sperare dopo un ‘timido’ incremento del 3% nel primo trimestre 2021, ma i livelli pre-pandemia sono ancora lontani. La produzione tra gennaio-marzo, infatti, è scesa del 6,4% sul 2020 e del 30% circa sull’analogo periodo pre-covid, mentre sul mercato interno gli acquisti sono calati del 3,5% in quantità e del 6,9% in termini di spesa, con un divario superiore al 20% sul 2019.

Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici


Il miglioramento della situazione epidemiologica e l’allentamento delle misure restrittive hanno favorito in avvio d’anno un ritorno a livelli di attività un po’ meno negativi rispetto ai trimestri precedenti, ma il comparto è reduce dalla flessione record del 2020, con una perdita di circa 1/4 del fatturato e della produzione nazionale.
 
“Se sul fronte estero il rimbalzo di marzo è bastato per riportare i risultati del trimestre almeno sui valori della prima frazione 2020, non così sul mercato nazionale, dove la chiusura dei negozi nei centri commerciali nel weekend, misura rimossa solo lo scorso maggio, ha indotto un ulteriore calo negli acquisti delle famiglie rispetto ai primi 3 mesi di un anno addietro”, spiega Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici. “I tempi di recupero non saranno brevi, con pesanti conseguenze sulla selezione tra le imprese e la tenuta occupazionale”, aggiunge.

A guidare la ripresa delle vendite oltreconfine sono Svizzera (+13% in quantità) e Francia (+8% in quantità). Fuori dall’Europa il contributo maggiore arriva dalla Cina (+44,4% in volume e +74,8% in valore sui primi 3 mesi 2020), soprattutto nell’alto di gamma (il prezzo medio verso questo mercato è cresciuto del 21%), spinta sopra i livelli pre-Covid (+11,2% in volume e +24% in valore) dalla nuova espansione economica del Paese, dal revenge spending dei consumatori dopo le restrizioni subìte durante l’emergenza sanitaria e dall’ingresso diretto di merci che in precedenza transitavano da Hong Kong.
 
“A queste performance positive”, continua Badon, “fanno da contraltare i ritmi blandi per alcuni importanti tradizionali mercati di sbocco, come Germania (-0,8% in quantità), Usa (che dopo aver perso il 30% nel corso del 2020 segnano nel primo trimestre un modesto +3,5% in volume, con un -8,6% in valore) e Spagna (-5,9% in quantità), cui si aggiunge il crollo delle vendite nel Regno Unito (in caduta di oltre il 40% su gennaio-marzo dello scorso anno)”. 
 
Il saldo commerciale dei primi 3 mesi risulta in attivo per 1,13 miliardi di euro (+11,2%), sebbene ancora inferiore del -4,3% rispetto a due anni addietro. Nel report di Assocalzaturifici, il prezzo medio al paio degli acquisti delle famiglie italiane è diminuito nel trimestre del -3,5%, a causa del maggior peso, sul totale, di calzature leisure e pantofoleria, dal valore medio più contenuto rispetto a quelle per occasioni formali. Solo le calzature sportive e le sneakers sono in recupero nei consumi (+7,8% in volume), seppur decisamente parziale.
 
Sul fronte della demografia delle imprese, a fine marzo si contavano in Italia 4.097 calzaturifici attivi, tra industria e artigianato (55 in meno su dicembre 2020, corrispondenti al -1,3%) e 71.644 addetti (-238, pari al -0,3%). Considerando anche i produttori di componentistica per calzature, i saldi negativi sul consuntivo 2020 salgono a -123 aziende e -587 addetti. Le ore di cassa integrazione nei primi 4 mesi dell’anno per le aziende della filiera pelle ammontano a 24 milioni, malgrado il -6,8% su gennaio-aprile dello scorso anno, contro i 2,8 milioni pre-covid.

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