30 dic 2013
Calzature: cresce l'export, Italia a picco nei 9 mesi
30 dic 2013
Il termometro congiunturale del settore calzaturiero italiano fa segnare una lieve crescita per i primi nove mesi del 2013, ma la forbice tra i mercati continua ad allargarsi e tra la domanda interna e quella estera si è aperta ormai una voragine. Mentre molti mercati esteri recuperano le perdite del 2012 e confermano, soprattutto nel terzo trimestre, i segnali di ripresa dell’economia mondiale, sul fronte interno è avvenuto un vero e proprio crollo dei consumi, segno che l’ormai prolungata crisi si fa sentire su molte fasce della popolazione e non soltanto sui ceti più poveri.
La produzione delle aziende calzaturiere torna a crescere grazie anche ad una accelerazione nel terzo trimestre dell’anno che ha permesso di avere una variazione positiva non solo in valore (come già rilevato nel primo semestre), ma anche in volume. L’incremento medio della produzione nei primi 9 mesi del 2013 risulta dell’1,4% in quantità e del 2,9% in valore.
“Si tratta comunque di un recupero molto parziale e conseguito rispetto a bassi livelli di partenza, che – se anche trovasse conferma nei risultati dell’ultimo trimestre – non permetterà di compensare neppure la flessione evidenziatasi a consuntivo 2012 (che chiuse con un -4,4%, pari a oltre 9 milioni di paia prodotte in meno, rispetto al 2011) – spiega Cleto Sagripanti, presidente di Assocalzaturifici. Ciononostante è un segnale della vitalità delle aziende calzaturiere italiane che non sono state a guardare, ma che si sono guadagnate spazio sui mercati internazionali conquistando ogni possibile opportunità di crescita”.
Anche sul fronte della crescita della produzione però, la situazione è disomogenea: il 47% del campione ha sperimentato nei primi 9 mesi una contrazione, che per il 23% dei casi si è rivelata superiore al 5%. A queste si contrappone un 35% dei rispondenti che invece ha dichiarato un aumento dei volumi realizzati e, tra questi, sono soprattutto le imprese più grandi ad avere le migliori perfomance.
“Le aziende più grandi – chiarisce il presidente Sagripanti - hanno avuto la possibilità di differenziare meglio i propri mercati, rendendosi più impermeabili alle tempeste congiunturali che colpiscono i singoli Paesi. Sono delle vere e proprie multinazionali tascabili che hanno saputo prima delle altre cogliere i segnali di ripresa. Le imprese meno grandi, e soprattutto quelle ancora troppo focalizzate sul mercato interno, continuano a soffrire”.
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