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Pubblicato il
9 feb 2016
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Calendario delle Fashion Week: l'Italia difende la creatività

Pubblicato il
9 feb 2016

“Siamo aperti alle novità, ma in maniera meditata”, ha dichiarato il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, Carlo Capasa, in occasione della conferenza stampa di presentazione della Fashion Week Donna di Milano, che si svolgerà dal 24 al 29 febbraio prossimi. 

Carlo Capasa


“Prima di cambiare un sistema che fino ad oggi ha funzionato bene, bisogna pensarci due volte”, ha detto, riferendosi al dibattito che sta infuriando da alcune settimane sulle tempistiche dell'attuale calendario della moda. La sfilata deve diventare l'ultima tappa del processo, svolgendosi contemporaneamente all'arrivo sul mercato delle collezioni, o bisogna mantenere l'attuale divario di 4-6 mesi fra la presentazione della collezione e la sua vendita al consumatore finale?

In linea con la federazione francese, la CNMI mette in evidenza che occorre preservare “la creatività, la filiera produttiva e l'accesso al mercato dei giovani brand”. “L’Italia rappresenta il 41% del valore della produzione lorda complessiva dell'intero settore del tessile-abbigliamento in Europa, è il primo produttore europeo davanti alla Germania, che pesa solo per l'11% sul valore totale, e alla Francia, che fa l'8%”, indica Carlo Capasa.

“Dobbiamo assolutamente preservare questo patrimonio”. “Anticipare la produzione da 4 a 6 mesi, come propongono alcuni, per arrivare sul mercato nel momento preciso in cui si svela la collezione al pubblico, significa fare una scelta commerciale a scapito della creatività. E così, concentrandosi necessariamente su pre-ordini anticipati, si tenderà a prendersi meno rischi e, alla fine, il défilé rifletterà un'esibizione degli articoli più venduti. In altre parole, lo “stylist” e il direttore marketing arriveranno bellamente a sostituire il designer”, analizza il presidente della Camera della Moda. Senza contare che in quella fase sarà piuttosto complicato impedire delle fuoriuscite di immagini fotografiche o filmiche “rubate”.

“Ogni sfilata porta con sé una quota di sogno, che rende il marchio aspirazionale attraverso dei capi che non saranno mai venduti, ma che servono per lanciare dei segnali e delle tracce di tendenze per il futuro. Entrare in questa nuova logica metterebbe fine a tale aspetto”, prosegue.

Carlo Capasa mette in evidenza anche "il tempo necessario affinché le nuove idee creative vengano digerite e integrate dal pubblico”. Quante collezioni sono state molto criticate o addirittura aspramente denigrate nel momento dello show finendo poi per essere applaudite quando sono arrivate in negozio? Come nel caso delle prime sfilate di Alessandro Michele quando è subentrato nella direzione dello stile di Gucci. Che dire ancora delle celebri calzature dalle suole esageratamente spesse lanciate da Prada, giudicate orribili sul momento dalle redattrici di moda, e che in seguito sono state copiate da tutte le case di moda?

“Dobbiamo preservare la moda contro questo fenomeno di marketing e avere fiducia nel sistema, che ha già trovato da solo le proprie soluzioni. Nelle loro sfilate, i marchi propongono già dei prodotti pronti per la vendita. Così come gli outfit femminili sfilano già sulle passerelle maschili”, conclude Carlo Capasa, che ricorda anche il ruolo fondamentale giocato dalle Fashion Week per i marchi emergenti, per i quali la sfilata talvolta è l'unico momento di visibilità.

“E' chiaro che i cambiamenti attualmente in atto prendono il via da una logica commerciale che si rivolge al consumatore finale. Noi non possiamo far altro che seguire il dibattito con attenzione”, aggiunge il presidente dei saloni fiorentini Pitti Immagine, Raffaello Napoleone.

“Gli italiani e i francesi non sono d'accordo con gli americani, maggiormente orientati sui concept di brand e marketing. Ciò detto, si può pensare a nuove forme di Settimane della Moda che mettano insieme Uomo e Donna, soprattutto per colmare il vuoto che si crea nel periodo estivo fra le presentazioni maschili di giugno e quelle femminili di settembre”, stima da parte sua l’ex presidente della CNMI, Mario Boselli.

Dominique Muret (Versione italiana di Gianluca Bolelli)

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