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9 gen 2019
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Bruno Manetti cresce in doppia cifra e rientra negli Stati Uniti

Pubblicato il
9 gen 2019

Il marchio empolese di abbigliamento in cashmere interamente Made in Italy che per l’80% produce linee femminili, continua a crescere a ritmi in double digit ogni anno e prosegue un’espansione commerciale che è soprattutto rivolta all’estero.


L’80% del fatturato di 10 milioni di euro ottenuto a fine 2018 da Bruno Manetti cashmere (+10% sull’anno prima) è generato con la collezione donna, mentre l’uomo è nato con una collezione ben strutturata solamente 5 anni fa circa e genera il restante 20%. “Puntiamo a crescere in doppia cifra anche a fine 2019”, informa Bruno Manetti dal suo stand al Pitti Uomo, salone al quale partecipa per la terza volta consecutiva. “Il giro d’affari è al 90% estero, e i nostri primi mercati sono quelli di lingua tedesca dell’area DACH, ma in particolare la Germania, che genera il 30% complessivo, seguono la Russia intorno al 25%, il Giappone sul 20% e poi la Corea del Sud, sbocco molto cresciuto negli ultimi anni”.
 
Bruno Manetti Cashmere è rientrato negli Stati Uniti nel corso del 2018. “Fino a una decina d’anni fa andavamo bene negli States, poi per scelte commerciali che ho preso io di persona ne siamo usciti. Riconosco di aver sbagliato”, ammette l’imprenditore toscano, “ma adesso abbiamo riacquisito fiducia e un agente commerciale si occuperà del mercato nordamericano, dal quale speriamo di ricavare buona parte di quella crescita annua del 10-15% che preventiviamo”.

Uno scorcio dello stand al Pitti Uomo 95 - G.B. - FashionNetwork.com


A livello retail, esistono due negozi Bruno Manetti non diretti, ma gestiti da clienti locali in franchising, uno a Osaka e uno a Mosca. “Stiamo cercando una location giusta per aprirne uno diretto a Milano, che mi rendo conto essere una piazza da preferire a Firenze o Forte dei Marmi, per esempio”, dice a malincuore l’imprenditore fiorentino.

Il marchio è commercializzato in circa 300 multimarca, vanta showroom a Milano, New York e Düsseldorf e ha 40 dipendenti. La collezione presentata al Pitti Uomo 95, quella per l’AI 2019/20, consta di 160 capi per la donna e 60 maschili. Bruno Manetti realizza una sorta di total look, che ha come fulcro la maglieria, realizzata in tutte le maniere, da quella calata a quella tagliata, e che a contorno propone t-shirt, scarpe (sneakers eleganti, realizzate da tre stagioni), pantaloni e camiceria. Completano l’offerta profumo e fragranze d’ambiente.

Bruno Manetti al centro della sua forza lavoro


Il marchio Bruno Manetti è nato nel 1995 nell’empolese. “Il nostro è stato un marketing fatto praticamente ‘sul territorio’, in quanto quando siamo usciti con la prima collezione ci chiamavamo Luana, nome dell’azienda e di mia mamma”, racconta infine Bruno Manetti. “Ma quel nome non piacque a nessuno e il marchio non vendeva. Chiedendo ai clienti venne fuori che il mio nome, pur abbastanza comune per un italiano, suonava benissimo, faceva immagine ed era facile da pronunciare, tanto che ad alcuni sembrava inventato – Manetti è tipicamente cognome toscano, Bruno è presente in quasi tutte le lingue – e quindi siamo passati dall’essere un’azienda che produceva maglieria banale ad un vero e proprio brand”.

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