Reuters
Laura Galbiati
11 dic 2018
Brexit nell’incertezza dopo il rinvio del voto al Parlamento britannico
Reuters
Laura Galbiati
11 dic 2018
Theresa May ha annunciato il 10 dicembre il rinvio sine die del voto previsto martedì 11 sulla Brexit alla House of Commons per il tempo necessario a rinegoziare alcune clausole del progetto di accordo; scenario prontamente respinto dagli Europei.
Di fronte a una serie di opposizioni al testo approvato a Bruxelles il 25 novembre, Theresa May non poteva far altro che rimandare il voto dei deputati a una data imprecisata per non essere messa in minoranza.
L’ostacolo principale riguarda la clausola di salvaguardia (backstop), che dovrebbe impedire di ristabilire una frontiera fisica tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda, abolita dopo gli accordi di pace del 1998.
I più accaniti sostenitori della Brexit, come il deputato conservatore Jacob Rees-Mogg, pensano che questa disposizione debba essere eliminata. Secondo loro, ciò risolverebbe la maggior parte dei problemi posti dal testo.
I fautori della linea dura non sembrano pronti ad accontentarsi di una limitazione temporale della clausola di salvaguardia, che considerano un assoggettamento permanente del Regno Unito all’Unione Europea.
Toccherà al Governo decidere una nuova data per il voto dei deputati, lasciando a Theresa May il tempo di ottenere delle concessioni dalla UE. Nonostante le rassicurazioni del Primo Ministro, numerosi deputati britannici hanno espresso forti dubbi sulla capacità della May di convincere tali interlocutori.
Le loro preoccupazioni sono state rapidamente confermate dal Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, che ha escluso una rinegoziazione del “backstop”, ma senza chiudere totalmente la porta al dialogo. “Siamo pronti a discutere in modo da facilitare la ratificazione (dell’accordo) da parte del Regno Unito”, ha affermato.
Gli Europei potrebbero eventualmente accettare di modificare la dichiarazione politica sulle relazioni future tra la UE e il Regno Unito che deve essere allegata all’accordo di divorzio, ma anche questa ipotesi resta molto incerta. Potrebbero anche pubblicare una dichiarazione di intenti per aiutare Theresa May a convincere i suoi parlamentari, dicono a Bruxelles.
L’eventualità di un “no deal”
Il ministro francese incaricato degli Affari europei, Nathalie Loiseau, ha dichiarato che un’uscita senza accordo del Regno Unito il 29 marzo 2019 sembra “sempre più probabile”, in quanto nessun altro compromesso a parte quello concluso dai negoziatori britannici ed europei è possibile.
Il ministro tedesco degli Affari esteri, Heiko Maas, ha espresso una posizione simile, dichiarando di non vedere “cosa potrebbe essere cambiato” nel testo ottenuto il mese scorso dopo un anno e mezzo di negoziazioni laboriose e difficili.
Consapevole delle probabili defezioni nel suo campo e dell’opposizione determinata del Partito Laburista di Jeremy Corbyn, il Primo ministro ha prudentemente deciso di posticipare il voto previsto martedì.
“Se votassimo domani come previsto, l’accordo avrebbe buone chance di essere rifiutato”, ha spiegato Theresa May ai deputati, ripetendo loro che il suo testo era il migliore possibile. “Posticiperemo quindi il voto previsto domani e non divideremo la Camera in questo periodo”, ha proseguito, precisando che nel frattempo il Governo lavorerà a un “piano B” nell’eventualità che non si raggiunga l’accordo.
Queste turbolenze politiche hanno pesato sulla sterlina, scesa a 1,2505 dollari, il valore più basso dall’aprile 2017. La valuta britannica valeva 1,50 dollari il giorno del referendum sulla Brexit, il 23 giugno 2016.
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