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Pubblicato il
18 feb 2018
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Braccialini SpA fallisce, ma il nuovo corso è rinato con Graziella

Pubblicato il
18 feb 2018

Braccialini SpA è stata dichiarata fallita dal tribunale di Firenze che ha revocato l'ammissione al concordato preventivo, rigettando la domanda di omologa. Il marchio Braccialini, però, vive  e continuerà a farlo all'interno del portafoglio di Graziella Group, che l'ha rilevato nel 2017 insieme a produzione, maestranze storiche e commercializzazione degli articoli in pelle.

La sede di Braccialini - www.braccialinigroup.it


Il ramo d'azienda cui fa capo la label Braccialini (che comprende anche il marchio Tua) è stato infatti acquisito nel febbraio 2017 dal gruppo aretino Graziella, fondato nel 1958 da Graziella Boncompagni e oggi guidato dal figlio Gianni Gori, per 6 milioni di euro (più 2 milioni subito investiti per il rilancio aziendale). Due aziende Made in Tuscany fondate da altrettante donne (l’altra è Carla Braccialini) entrambe nominate Cavaliere del Lavoro, che hanno unito i rispettivi know-how nella realizzazione di gioielli e borse. Proprio dall'unione di questi savoir-faire Braccialini ha inserito in collezione anche una linea di bijoux, abbinata alle sue borse.

Ora il nuovo management di Braccialini, incontrato da FashionNetwork.com all’ultimo Mipel, nutre molti progetti di espansione all’estero, dove il marchio realizza il 72% del fatturato (9 milioni nel 2017), che si focalizzeranno su diversi fronti, soprattutto in Medio Oriente e Russia, ma molta attenzione sarà rivolta anche a Giappone, Europa e Corea del Sud. La direzione punta per il 2018 su una crescita del 30% del giro d'affari. Sono tre gli attuali monomarca in Italia a marchio Braccialini, ce n’è anche uno a Parigi, e c'è qualche store in Russia e Medio Oriente. Il primo mercato europeo di Braccialini per ora è la Spagna, in cui entro breve sarà aperto un punto vendita a Palma di Maiorca.

Il penultimo CdA della Braccialini SpA aveva chiesto l'ammissione al concordato preventivo nel giugno 2016. E adesso il tribunale decreta che per "Braccialini vi era l'impossibilità tecnica di una gestione che, pur sgravata da oneri finanziari, dall'ansia delle azioni esecutive e supportata dalla collettività tramite ricorso massiccio a cassa integrazione, era ormai decotta".

Per il tribunale c'è "una notevole alea rispetto a partite essenziali di attivo e passivo" e "plurime incertezze gravano sul concordato", quindi "non può ritenersi 'assicurato' il pagamento del 20% minimo ai creditori". Risultato, niente concordato preventivo.

Il CdA attuale col fallimento decade. Mentre al curatore fallimentare resteranno da gestire alcuni asset: gli immobili, un magazzino in comune con Graziella Group (ma con una parte autonoma) e alcuni marchi rimasti in casa. Nella richiesta di ammissione al concordato avrebbe giocato contro anche una vicenda collocata nel 2016, cioè l'emissione di fatture a quattro società di fornitori, tutti creditori cinesi.

Accordi che per i giudici fallimentari sarebbero "relativi a duplicazioni di fatture e pagamento 'per spalmatura'" di debiti pregressi, già maturati con gli stessi quattro. Operazioni per alcune complessive centinaia di migliaia di euro in tempi vicini, prima e dopo, alla richiesta di concordato. Per il tribunale sono accordi legalmente sconvenienti, ostativi all'ammissione al concordato, basati su "emissione plurima di fatture, cambiandone la data, e su inclusione di creditori chirografari anteriori al concordato in nuove fatture attraverso la spalmatura di crediti anteriori al fallimento".

Un legale di Braccialini SpA, l'avvocato Francesco D'Angelo, sottolinea "la trasparenza e la correttezza di questo consiglio d'amministrazione che ha ottenuto risultati significativi perseguendo sempre e solo l'interesse di tutti i creditori e i lavoratori".

A questo proposito, si è fatto sentire, attraverso una nota, anche Riccardo Braccialini, che ha tenuto a sottolineare "di aver lasciato l'azienda il 21 gennaio 2016 [...] in condizioni idonee a consentirne la restituzione al mercato, ai lavoratori e alla Città di Firenze, se del caso anche mediante la procedura concordataria", e di aver "versato 75.000 euro proprio per le spese del concordato", ha puntualizzato Braccialini, interrogandosi su "cosa sia successo" da allora ad oggi, anche perché, ha sottolineato, il piano di concordato era stato "approvato da oltre l'80% dei creditori chirografari".

Da capire ora i riflessi che la dichiarazione di fallimento potrebbe avere sull'inchiesta per bancarotta della procura di Firenze. Un'inchiesta con oltre 25 indagati, membri dei CdA e sindaci revisori che furono in carica tra 2011 e 2014 quando la crisi aziendale si acuì.

Con Ansa

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