Bottega Veneta: ancora un work in progress
È un tipo sibillino Daniel Lee, un ragazzo del nord dell’Inghilterra, un uomo di poche parole, anche se per fortuna per Bottega Veneta si trasforma in un designer con molte idee.
Lee ha messo in scena il suo secondo show in passerella per la famosa firma veneta giovedì sera,costruendo un set eccezionale che si rifaceva all’elemento più caratteristico di BV, la pelle a motivo intreccio. In meno di un anno, Lee è riuscito a ravvivare completamente la pelle intrecciata della casa rendendola un oggetto di tendenza.
Nel suo ultimo gioco sul materiale, Lee ha costruito un set gigante all'interno del Palazzo del Senato, un tempo sede degli uffici dell'impero austriaco asburgico quando regnava sul ducato di Milano alla fine del XVIII secolo. Sotto l'immensa passerella in Perspex di Lee c'era una serie di strisce di pelle intrecciate grandi un metro. Una precisa dichiarazione d’intenti.
Ma dove il predecessore di Lee, Tomas Maier, era riuscito nell’impresa di far quasi morire l’intreccio, con Lee l'intero concept sembra nuovo e persino emozionante.
I suoi sandali e le sue pantofole con cinturini imbottiti e le scarpe argentate a tacco alto e motivo intreccio erano tutte molto cool, come pure le eccellenti tote bag da portare a tracolla su una spalla e altre favolose pochette. E quello però è stato il limite dell’idea: l'intreccio era essenzialmente limitato agli accessori.
Il ready-to-wear mostrava una vasta gamma di proposte, dagli abiti da cocktail a maglia molto generosi con le forme del corpo agli impertinenti abitini neri monospalla, fino ad alcune giacche tagliate meravigliosamente con maniche di montone e alcuni eccezionali abiti da party con catena metallica. Una sensibilità molto anni '90 per un 2020 più di classe.
Nella sfilata si è vista a malapena una stampa, quella di una dispettosa scimmia blu che raggiunge un ananas, in mezzo a una tavolozza di colori cupi ravvivata solamente da alcuni elementi di arancione, tapioca e un blu Persia molto incisivo.
In questo show co-ed, il messaggio veicolato dall'abbigliamento maschile era basato su capi e volumi di grandi dimensioni. Caban, blazer doppiopetto e molti pantaloncini che sembravano tutti troppo grandi di due taglie per i modelli.
Una collezione indubbiamente d’alto livello, ma non proprio un grande show – troppo ovvi erano i riferimenti agli anni ‘90, troppo controllato il mood. Inoltre, va rilevata la gaffe di alcuni enormi cappotti di pelle visti nel finale della sfilata, che contenevano errori davvero madornali: si poteva leggere sui volti dei modelli il loro sgomento per dover indossare quegli outfit, che si piegavano, incurvavano e deformavano in modo assurdo.
Tanto è vero che la maggior parte degli appassionati presenti, lasciando la sfilata borbottavache i migliori vestiti che Lee abbia finora prodotto per Bottega Veneta siano ancora quelli presentati nella sua pre-collezione primaverile, mostrata nel Museo della Scienza di Milano lo scorso giugno.
In sostanza, Lee è riuscito a portare BV a realizzare nuovamente della vera moda, ma anche una moda priva di fascino e magia.
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