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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
30 mar 2023
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Borsalino apre ad Alessandria un museo che celebra la sua storia secolare

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
30 mar 2023

Borsalino inaugurerà il 4 aprile il suo primo museo in assoluto ad Alessandria, la città piemontese dove nacque lo stesso giorno del 1857. L'occasione ideale per il produttore di cappelli per raccontare la sua incredibile storia e quella dei suoi mitici copricapo, che hanno rivoluzionato la moda. A partire dal “Fedora” in feltro che, con la sua forma innovativa e facile da impugnare, tramite la calotta cava e le morbide fossette, ha subito sedotto gli uomini, incarnando l'apice dell'eleganza maschile nel mondo.

L'ex fabbrica Borsalino ospita il museo del produttore di cappelli - Borsalino


Nato nel 1834, Giuseppe Borsalino aveva dodici anni quando lasciò la famiglia e il suo paese di Pecetto di Valenza, sulle colline del Monferrato, in Piemonte, in cerca di fortuna. Iniziò come apprendista cappellaio nella vicina città di Alessandria che, bagnata da due fiumi, ha visto svilupparsi proprio questa attività artigianale. Quattro anni dopo parte per la Francia. Dopo Marsiglia, Aix-en-Provence e Bordeaux, il suo viaggio lo porta a Parigi. Nella capitale perfeziona il suo apprendistato all'interno della celebre maison Berteil.

La sua carriera è simile a quella di Louis Vuitton, nato tredici anni prima di lui, che a 14 anni lasciò anche lui il villaggio natale per tentare la fortuna a Parigi, dove lavorò come apprendista presso un famoso produttore di bauli prima di fondare la propria maison nel 1854. Tre anni prima di quella di Borsalino che, rientrato ad Alessandria nel 1857, vi insediò la sua attività con il fratello Lazzaro. “All'epoca gli aristocratici indossavano cappelli rigidi e gli operai portavano berretti. Giuseppe Borsalino capì di poter soddisfare le esigenze della borghesia e il suo desiderio di eleganza. Inventò così un nuovissimo cappello di feltro, alto ma flessibile, facile da maneggiare e trasportare senza bisogno di enormi cappelliere”, spiega Daniele Bettella, responsabile dei contenuti narrativi del museo.

Il successo è immediato. Giuseppe Borsalino, noto per il suo talento, fu anche il primo ad apporre il proprio nome sui suoi cappelli e a scommettere fin dall'inizio sul mercato internazionale, andando alla conquista delle maggiori capitali mondiali, da New York a Londra passando per Parigi. La richiesta era tale che nel 1888 creò una grande fabbrica nel cuore della città. L'edificio di 50.000 metri quadrati, eretto dall'architetto Arnaldo Gardella in Corso Cento Cannoni, occupava tre livelli e fino a 6.000 persone, ovvero il 70% della popolazione attiva di Alessandria dell'epoca, producendo al suo culmine, alla vigilia della prima guerra mondiale, fino a due milioni di cappelli all'anno.

Il famoso modello Fedora indossato da Humphrey Bogart in "Casablanca" - ph Dominique Muret


Quasi 600 metri quadrati, compreso l'imponente ingresso della fabbrica, ospitano oggi il museo, di proprietà comunale, ma gestito dal marchio attraverso la Fondazione Borsalino, presieduta da Philippe Camperio, l'imprenditore a capo della società di gestione Haeres Equita, che ha acquisito Borsalino nel 2018.

L'edificio e la collezione di 2.000 cappelli (arricchiti da 200 recenti acquisizioni) sono stati donati alla città dalla famiglia fondatrice, quando cedette il marchio nel 1994. Da allora i locali sono stati in parte riconvertiti in negozi e abitazioni, mentre l'altra parte ospita l'Università di Alessandria e il museo.
 
Quest’ultimo espone i cappelli più emblematici di Borsalino sugli storici scaffali di legno dove un tempo erano messe in mostra le collezioni negli uffici della manifattura. Il viaggio si articola in otto temi che ripercorrono le tappe principali della storia dell'azienda, che da diversi decenni continua a influenzare il mondo del cappello e della moda. Con Teresio Borsalino, subentrato al padre nel 1900, il cappellaio vinse in particolare il gran premio all'Esposizione Universale di Parigi e spinse l'acceleratore sull'internazionalizzazione, diversificandosi anche sui copricapo in paglia con i suoi iconici panama.

Era l'epoca dei grandi manifesti pubblicitari affidati a famosi illustratori, da Marcello Dudovich a Max Huber e Armando Testa. Nel 1925 viene inaugurato ad Alessandria il primo punto vendita della casa, ancora attivo in Corso Roma con i suoi rivestimenti in legno d'epoca. Il nome di Borsalino entra nel linguaggio comune.

Dovendosi confrontare negli anni '60 con l'inesorabile declino dei copricapi, il marchio ha vissuto una forte rinascita grazie al cinema. I suoi cappelli sono sempre stati indossati da politici, celebrità come Ernest Hemingway e star di Hollywood, da Frank Sinatra a Humphrey Bogart, che indossano Borsalino sui red carpet e sul grande schermo. Come Marcello Mastroianni in Otto e mezzo di Federico Fellini o Robert de Niro in C'era una volta in America di Sergio Leone.

Il museo mette in evidenzia i legami tra Borsalino e il cinema - ph Dominique Muret


“Con la sua forma piegata e cava, il Borsalino creava un gioco di luci e ombre ideale per il cinema. Grandi attori e registi amavano questo accessorio. La maison non ha mai dovuto pagare per far comparire i suoi prodotti in un film! Quando nel 1970 Jacques Deray chiede di intitolare Borsalino il suo film di quell’anno, interpretato da Alain Delon e Jean-Paul Belmondo, la società dà l’autorizzazione, chiedendo semplicemente che il nome Borsalino compaia sulla locandina con il carattere in corsivo del suo logo. Il clamoroso successo del film rivitalizza le vendite”, racconta Daniele Bettella.

Per entrare meglio nell'universo della manifattura di cappelli, il museo propone ai suoi visitatori un'applicazione, che rimanda, a seconda dei modelli, a tutta una serie di informazioni, illustrazioni e aneddoti che hanno segnato la saga Borsalino. Vi si trovano tutti i tipi di curiosità, dalla copia del famoso copricapo celeste delle hostess della compagnia americana Pan Am, diventato oggetto di culto, al piccolo cappello di feltro tradizionale indossato dai Cholitas in Bolivia. Non mancano le collaborazioni con la moda, attraverso modelli realizzati in co-lab, tra gli altri, con Missoni, Versace o Valentino, i legami con il design o addirittura con il mondo religioso, dai copricapi degli ebrei ortodossi ai cappelli realizzati per i papi. 
 
“Il museo vuole mostrare l'origine delle idee di Giuseppe Borsalino, ripercorrendo la storia del cappello dal 1857 ad oggi attraverso circa 2.000 modelli. Allo stesso tempo, oltre all'esperienza museale, questo luogo vuole essere aperto alla città e legato al territorio, ospitando mostre, concerti ed eventi”, riassume il direttore del museo, Angelo De Filippo.

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