Boohoo difende le condizioni di lavoro nel suo sito di Burnley
Se Boohoo si è impegnato sulla trasparenza fin dalle polemiche scoppiate del 2020, è fuori discussione, però, che il gruppo britannico non risponda alle accuse che ritiene montate ad arte. Contattata da FashionNetwork.com, la struttura fa sapere che sta avviando un procedimento presso la Independent Press Standards Organization (IPSO) contro le accuse del Times, rispetto alle quali il brand presenta delle prove materiali.
Un articolo pubblicato mercoledì 23 novembre dal Times denuncia le condizioni di lavoro e di remunerazione in un centro logistico dell'azienda situato a Burnley, nel nord-est dell'Inghilterra. Un luogo in cui Boohoo ci racconta di operare ormai da dodici anni, e che gradualmente è cresciuto fino a dare lavoro a circa 2.500 persone.
Tra i punti su cui Boohoo intende contrattaccare c'è in primo luogo il bassissimo compenso che il giornalista - in incognito per un mese - dice essergli stato pagato. “Quando mi ha chiamato, il giornalista mi ha detto che veniva retribuito 10 sterline l'ora. Io ho risposto che è impossibile”, ci racconta la direttrice degli affari societari (corporate affairs) del gruppo, Cheryl Chung. L'articolo del Times indicherà alla fine 11 sterline, contro le 9,5 sterline del salario minimo legale e le 10,50 sterline del “living wage” (o salario dignitoso di sussistenza).
L'articolo del Times sottolinea il ritmo di lavoro a volte pericoloso indotto dagli obiettivi fissati dall'azienda inglese. A questo proposito, Boohoo afferma che tali obiettivi sono stabiliti attraverso studi sul campo e regolarmente rivisti secondo gli standard del BSI (British Standards Institution). Per quanto riguarda le “regolari” visite di ambulanze annotate dal giornalista sul sito, Boohoo indica che intervengono al ritmo medio di una volta al mese, per casi che includono crisi epilettiche o disturbi vagali.
Distanze e caldo
Sempre in tema di condizioni di lavoro, l'azienda smentisce formalmente la distanza di 20 chilometri che il giornalista afferma di aver percorso in una sola sessione di lavoro. Per Boohoo, l’interessato ha percorso un massimo di 13,3 chilometri (8,3 miglia) in un giorno. Dati basati sulle letture dei dispositivi da polso forniti a ciascun dipendente. Utilizzando questi dati, Boohoo afferma che la distanza media per dipendente sarebbe di 7,3 miglia (11,75 km) e questa distanza giornaliera a volte scende a 3,5 miglia (5,6 chilometri).
“Che tu ordini un prodotto o un pasto, c'è sempre qualcuno che deve ritirarlo, a meno che non automatizziamo tutto e le persone perdano il lavoro”, per Cheryl Chung. “Ciò che è implicito (in questo articolo) è che camminare in un magazzino sia una cosa disumanizzante. Fatto che trovo incredibilmente offensivo per il grande lavoro che stanno facendo le persone senza le quali la nostra attività non potrebbe funzionare”.
Altro punto su cui Boohoo reagisce è il forte caldo di cui ha sofferto il giornalista durante la sua permanenza nel magazzino. L'azienda ricorda a questo punto che il periodo in cui ha lavorato a Burnley corrispondeva al mese di agosto più caldo mai registrato nella regione. Sarebbero state quindi organizzate rotazioni nelle zone più fresche del magazzino, mentre sono state messe a disposizione gratuitamente fontanelle e bottigliette di acqua fredda, precisa il gruppo.
Boohoo e la critica al fast fashion
Come la cinese Shein, Boohoo e i suoi marchi gemelli (Karen Millen, Nasty Gal, PrettyLittleThing, Coast, MissPap, Oasis, Burton, ecc.) concentrano sulle loro spalle le crescenti critiche mosse al fast fashion. Un ritmo incalzante di rinnovamento dell'offerta a cui Boohoo apporta però un approccio specifico: la produzione in piccole serie (circa 200 pezzi) rinnovabili.
Questo approccio mira in particolare ad eliminare il rischio di sovrapproduzione e di stock invenduti, concentrando al tempo stesso il riassortimento dei pezzi di successo. Approccio che ha consentito alla società di generare nel primo semestre (chiuso a fine agosto) un fatturato di 882,4 milioni di sterline (982,05 milioni di euro), una cifra superiore del 50% rispetto a quella dello stesso periodo del 2019.
All'ombra della polemica di Leicester
Incontrata a Parigi a settembre per il lancio della collaborazione tra Boohoo e Kourtney Kardashian Barker, Cheryl Chung sapeva che nella conversazione sarebbe inevitabilmente saltato fuori un nome: Leicester. Approdata a marzo 2020 alla direzione aziendale del gruppo, l'ex direttrice della comunicazione di McDonald's UK era arrivata giusto in tempo per “gettare acqua sul fuoco” mentre nella città dell'Inghilterra centrale si accendevano le polemiche intorno all'attività del brand.
Infatti, durante l'estate del 2020, un articolo del Sunday Times ha accusato l'azienda di calpestare i diritti dei lavoratori in uno dei suoi siti di Leicester. Nel dicembre dello stesso anno, l'azienda è stata accusata di vendere abiti realizzati da pakistani sottopagati. Due polemiche che faranno notizia a livello nazionale. Boohoo farà di tutto per mostrare la sua trasparenza, tagliando i legami con 64 dei suoi subappaltatori di Leicester e trovandosi un nuovo revisore.
Nel settembre 2020, la società stessa ha pubblicato i risultati di un audit indipendente che criticava Boohoo per aver consapevolmente chiuso un occhio su determinate pratiche. In seguito, il gruppo ha assunto un nuovo responsabile dell'approvvigionamento sostenibile da Primark e ha chiesto a un famoso giudice britannico, Brian Leveson, di elencare i miglioramenti da apportare al sourcing aziendale. Nell'aprile 2021, la società pubblica nuovamente i risultati di un'indagine indipendente che mostra mancanze “chiaramente inaccettabili” tra i fornitori.
Simbolo di un'immagine virtuosa che Boohoo cerca di costruire, il progetto per una fabbrica modello e laboratorio tessile è stato lanciato nel 2020, sulla scia delle polemiche. Il sito ha finalmente aperto i battenti lo scorso aprile. Mentre, sul versante qualitativo dell'offerta, il gruppo ha dotato la propria sede di Manchester di un laboratorio tessile, per monitorare al meglio i materiali che compongono le collezioni. I progetti sono stati avviati, ma il lavoro per ripristinare l'immagine del gruppo si preannuncia lungo.
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