AFP
Gianluca Bolelli
30 dic 2020
Boohoo accusato di vendere vestiti confezionati da pakistani sottopagati
AFP
Gianluca Bolelli
30 dic 2020
La catena di vendita di abbigliamento a basso costo su Internet Boohoo è accusata di vendere articoli prodotti in Pakistan da lavoratori sottopagati. Lo rivela un'indagine condotta dal quotidiano The Guardian e pubblicata la scorsa settimana.

Le nuove rivelzioni arrivano a pochi mesi di distanza dalle precedenti accuse mosse al distributore britannico: un’altra indagine della stampa britannica aveva svelato come Boohoo stesse utilizzando per le sue produzioni dei subappaltatori a Leicester, città nel centro del Regno Unito, che pagavano i propri lavoratori ben al di sotto del salario minimo.
Il quotidiano britannico afferma che secondo diverse interviste effettuate nella città industriale di Faisalabad, i lavoratori di due fabbriche denunciano di essere pagati 10.000 rupie pakistane o 47 sterline al mese, ben al di sotto del salario minimo di 17.500 rupie, mentre confezionano vestiti per Boohoo.
Boohoo afferma di aver sospeso i rapporti con uno dei fornitori, JD Fashion Ltd, e una fabbrica, AH Fashions, e che sta indagando sulle affermazioni del Guardian.
Interrogato dall’agenzia AFP, il gruppo ha affermato che la società internazionale Bureau Veritas, che si occupa di valutazione ed analisi dei rischi legati alla qualità, all'ambiente, alla salute, alla sicurezza e alla responsabilità sociale, “si trova sul posto a Faisalabad” e sta indagando sulle accuse.
In un comunicato, Boohoo ricorda che dopo le rivelazioni sulla sua linea di produzione di questa estate, “il gruppo ha ordinato un esame indipendente” del proprio sistema di fornitura, che “ha portato alla luce problemi di subfornitura non autorizzata” da parte del gruppo stesso.
“Le nostre prime ricerche hanno rivelato che AH Fashions non era un subappaltatore dichiarato da JD Fashions e che Madina Gloves”, un altro subappaltatore citato dal Guardian, “non ha prodotto articoli per Boohoo dal mese di luglio del 2019”.
Nel luglio di quest’anno, un giornalista del Sunday Times aveva pubblicato un articolo in cui raccontava di essersi fatto passare per operaio e di aver lavorato due giorni alla fabbrica Jaswal Fashions di Leicester, dove si era visto promettere uno stipendio di 3,50 sterline l'ora mentre il salario minimo nel Regno Unito per un adulto sopra i 25 anni è di 8,72 sterline.
L'associazione per la difesa dei diritti dei lavoratori nell'industria tessile Labour Behind the Label aveva definito queste pratiche “schiavitù moderna”, sostenendo che Boohoo non fosse l'unico marchio coinvolto in questi modi di procedere.
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