Benetton: l’AD Massimo Renon racconta i piani attuali e futuri del marchio
Sei mesi dopo un incendio nel centro di Parigi che aveva distrutto la sua principale boutique di Francia, il marchio italiano ha riaperto questa settimana il proprio flagship, ridipinto di rosa a testimonianza di un ritrovato ottimismo.

Joséphine de la Baume è la DJ alla consolle, Jean-Charles de Castelbajac si fa selfie con gli ospiti e folle di hipster francesi sorseggiano champagne mentre visitano la nuova boutique di tre piani. Come tutti i marchi di moda, Benetton ha sperimentato due anni difficili a causa dell'emergenza sanitaria. Ma il marchio veneto ha saputo riprendersi con intelligenza.
L’azienda di Ponzano Veneto (TV) ha appena riaperto la sua boutique parigina, ora dotata di enormi vetrate e porte anch’esse a vetri, in una posizione altamente strategica: sopra il Palais Garnier, il famoso teatro dell'opera neoclassico di Parigi. Ne abbiamo parlato con Massimo Renon, Amministratore Delegato di Benetton.
Diversi anni dopo l’ingresso in Borsa a Milano, la famiglia Benetton ha riacquisito il controllo del proprio marchio nel 2012 e ora ne è interamente proprietaria. Il suo erede più famoso, Luciano Benetton, che è anche la figura di spicco del clan, è l'attuale presidente dell'etichetta. Ma è Massimo Renon a tenere le redini della gestione di Benetton, che lo scorso anno ha realizzato una crescita a doppia cifra e ha chiuso l'esercizio con quasi 900 milioni di euro di fatturato. I risultati nel dettaglio saranno pubblicati entro la fine del mese.
Questa è la visione di Massimo Renon per il futuro di Benetton, marchio che ha praticamente inventato la moda democratica e che si è posizionato a favore dell'inclusione prima di chiunque altro con le sue campagne pubblicitarie super provocatorie, decenni prima della necessaria presa di coscienza del settore.
“È fantastico aprire questa settimana. L'energia è incredibile in questo momento a Parigi. Sono appena atterrato all’aeroporto Charles de Gaulle e c'erano molti voli che arrivavano in contemporanea. D’improvviso, i turisti stanno nuovamente riempiendo la città. Certo, la ripresa non è ancora avvenuta al 100%, ma l'atmosfera è molto piacevole! Dopo quello spiacevole incidente, è un piacere tornare con entusiasmo e dinamismo”, sorride Massimo Renon.
“Abbiamo aperto tutte le vetrine del piano terra, dipinto le pareti di rosa, fatto entrare molta più luce, e il negozio è davvero ben riuscito. È uno spazio gigantesco, 800 metri quadrati su tre piani”, spiega Massimo Renon, che supervisiona i tre marchi principali del gruppo: United Colors of Benetton, Sisley e & Undercolors of Benetton.
Benetton possiede 73 punti vendita in Francia, di cui 65 in gestione diretta; per la maggior parte si possono trovare all’interno di grandi magazzini, in particolare nelle Galeries Lafayette. Nel mondo, Benetton conta quasi 4.000 indirizzi, circa 1.500 dei quali sono negozi di proprietà controllati in modo diretto, e più di 2.500 sono clienti wholesale, che vendono attraverso negozi monomarca. In Corea del Sud, il marchio è ampiamente rappresentato nei grandi magazzini locali, mentre nei Paesi Bassi ha stretto una partnership con la catena Bijenkorf.

Il modello di business mescola quindi diversi canali di vendita al dettaglio, anche se il marchio è integrato verticalmente e dispone di laboratori propri. La sua rete di approvvigionamento copre l'intero bacino del Mediterraneo, con stabilimenti in Tunisia, Serbia e Croazia. Addirittura alcuni modelli di maglieria sono ancora realizzati in Italia.
“La chiusura dei negozi è ciò che ci ha causato più difficoltà durante la pandemia. Molti di essi hanno abbassato le serrande per mesi mentre noi continuavamo a pagare gli stipendi e gli affitti. Fortunatamente, la famiglia è molto impegnata nel suo marchio. Lo vedono come un asset strategico, in cui vogliono investire. Quindi guardiamo al futuro con ottimismo”, insiste Massimo Renon.
Al suo apice, nel 2005, Benetton realizzava vendite annue per 2,5 miliardi di euro. Ma i suoi ricavi sono gradualmente diminuiti nel decennio successivo.
“È stata la conseguenza di diversi fattori. Nuovi attori come i gruppi Inditex, Uniqlo e H&M hanno conquistato grandi quote di mercato. Hanno investito più ampiamente e hanno proposto una politica di prezzi più aggressiva. Prima di Benetton, l'industria dell’abbigliamento era molto diversa. Con Benetton, i clienti hanno iniziato a vestirsi in modo colorato e a prestare attenzione al proprio abbigliamento. Benetton ha democratizzato la moda, soprattutto quella maschile!”, assicura Massimo Renon.
Quando gli viene chiesto di definire il DNA del marchio, risponde: “Produzione italiana, creazione, colore, responsabilità ambientale e inclusività. Questo è stato un segno distintivo del marchio sin dalle prime campagne mediatiche di Oliviero Toscani”.
Secondo Massimo Renon, Benetton è una delle prime aziende del settore ad essersi impegnate in favore del pianeta. Sono passati 20 anni da quando ha eliminato tutte le bottiglie di plastica e 30 anni da quando ha costruito i suoi parcheggi sottoterra per limitare l'impatto sull'ambiente. Molto prima dell'era del riciclo, Luciano Benetton aveva posato nudo per i manifesti Benetton con lo slogan “I want my clothes back“ (“Rivoglio indietro i miei vestiti”), forse la prima campagna pubblicitaria per il riciclaggio nella moda.
Entro la fine del prossimo anno, tutti i capi Benetton saranno dotati di codici QR che descrivono in dettaglio il sourcing delle materie prime e le informazioni sulla fabbricazione, in linea con l'impegno preso quando ha aderito alla Sustainable Apparel Coalition (SAC, ovvero la Coalizione per un Abbigliamento Sostenibile).

Entro il 2025 tutti i prodotti Benetton saranno organici, garantendo una finitura morbida ed ecologica, afferma Renon. Inoltre, nell'esercizio 2021 Benetton raggiungerà una crescita del fatturato a doppia cifra, un'impresa che Massimo Renon si aspetta di ripetere in futuro.
Il marchio si sta diffondendo a livello mondiale. In Cina ha stipulato un accordo con T-Mall che partirà da luglio, poi ha appena aperto nuovi uffici a Singapore e creato una nuova rete in Australia. Sta tornando ad essere presente in Medio Oriente, area in cui era assente da dieci anni, e aprirà boutique in Qatar, giusto in tempo per i Mondiali di calcio, e poi ad Abu Dhabi.
A dicembre Benetton s’installerà ad Art Basel Miami con un pop-up per poi espandere il proprio network negli Stati Uniti. E a proposito di arte, durante l'inaugurazione della rinnovata boutique parigina, le irriverenti t-shirt di Jean-Charles de Castelbajac non hanno mancato di fare effetto, con le loro fantasie originali. Diventato di fatto il direttore artistico di Benetton per un paio d'anni, lo stilista francese ora si limiterà alla realizzazione di capsule occasionali.
“Il nostro problema principale è che, a differenza dei nostri concorrenti più seri, non siamo presenti nei mercati più grandi, America e Cina. Ma questo cambierà”, puntualizza il CEO.
Detto questo, ultimamente la famiglia Benetton sta concentrando i propri sforzi su altri business in portafoglio. La sua holding Edizione è un gruppo da oltre 10 miliardi di euro, con partecipazioni in autostrade, connettività e mobilità.
Prima di entrare a far parte del marchio, Renon ha lavorato per il colosso bellunese dell’eyewear Luxottica, uno dei maggiori player globali del comparto dell’occhialeria. È anche transitato da Ferrari, anche se ora guida una BMW X5, più adatta a un padre responsabile di due figli e più pratica per raggiungere la sua città natale, vicina alla stazione sciistica di Cortina d'Ampezzo, nelle Dolomiti.
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