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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
20 nov 2017
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Bellezza, creatività e famiglia: un ricordo di Azzedine Alaïa

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
20 nov 2017

Se c’è qualcosa che Azzedine Alaïa, il venerato designer morto questo weekend all’età di 77 anni, apprezzava più del creare vestiti era sedersi a mangiare con la sua “famiglia”. Per famiglia, Alaïa (colui che ha reinventato la moderna silhouette della donna) significava un'estesa tribù di top model, pezzi grossi, artisti, star ed un’ampia serie di collaboratori adoranti, che si sedevano per il pranzo o la cena nella cucina della sua casa del Marais.

Azzedine Alaïa con Grace Jones - AFP/Georges Bendrihem


Per i fashionisti, cenare al tavolo di Alaïa era un rito di passaggio. Come per un golfista giocare sul green del percorso di St Andrews in Scozia, o per un cantante country suonare al Grand Ole Opry di Nashville. Se non avevi spezzato il pane nella cucina di Alaïa, rimanevi uno studente di un corso di moda. La mezza dozzina di volte che ho cenato lì, c’era sempre una supermodel al fianco di Alaïa – Naomi Campbell a un languido pranzo per 30 persone; Stephanie Seymour per una cena di post-apertura con 45 invitati, Yasmin Le Bon a un brunch per “Harper’s Bazaar”. La maggior parte di queste bellezze lo chiamava Papà, il che ha senso se si pensa che lui ha contribuito concretamente a lanciarle nel corso degli anni dal suo particolarissimo quartier generale, una fusione tra una fabbrica di una volta, la facciata in pietra di un’antica magione, una galleria d’arte, un negozio di scarpe e un magazzino progettati da Marc Newson, e pure pieno zeppo di enormi dipinti, realizzati da Schnabel.

Le donne venivano da lui perché nessun designer ha ridefinito meglio il corpo femminile di Alaïa, con la sua figura scolpita, che abbraccia linee architettoniche. Fisicamente era piccolo, sempre vestito con un pigiama cinese nero, ma la sua influenza è stata immensa. Prima di Alaïa, le donne potevano certamente sembrare esotiche, affascinanti e bellissime, ma lui le ha trasformate in supereroine. A 37 anni di distanza dalla sua prima sfilata in passerella, e a 33 da quando è stato votato “Stilista parigino dell’anno”, quando in un famoso momento Grace Jones (che indossava creazioni di Alaïa nel film del ciclo di James Bond “007 Bersaglio mobile”) ha letteralmente portato sul palco a braccia il minuto Azzedine. In questo decennio ha vestito due First Ladies – Carla Bruni e Michelle Obama; così come Kim e Kendall; Rihanna e Ashanti. E nessuna stagione di moda è completa senza i riferimenti all’opera di Alaïa – visti negli ultimi anni da Christopher Kane, Marios Schwab, Roland Mouret e Victoria Beckham, per citarne solo alcuni.

Alaia alla Galleria Borghese - Foto: Ansa


Nato in una famiglia di proprietari terrieri, lo stilista nordafricano è arrivato a Parigi nel 1957, lasciando la nativa Tunisi per un lavoro da Christian Dior che è durato una settimana. Dopo periodi trascorsi da Guy Laroche e Mugler, ha aperto la propria griffe nel 1980, mentre nel frattempo ha disegnato abiti per Greta Garbo o per le spogliarelliste del Crazy Horse. “Al college, ho subito capito che non avrei mai potuto essere un grande scultore, quindi ho cambiato strada; un percorso più facile, perché ho sempre amato la moda”, mi ha detto una volta Alaïa. Lo stilista francese era un padrone di casa davvero accogliente, tanto che il suo cuoco ha cominciato a chamare la sua cucina la Gare du Nord. Come una sorta di Andy Warhol della moda parigina, Alaïa ha messo in scena grandi eventi nella sua galleria, com il “Kabarett MR2” dell’artista Mike Bouchet lo scorso anno, dove i camerieri servivano il vino versandolo da alcune taniche, marinai arrabbiati organizzavano match di lotta con performance artistiche e le donne scivolavano dal didietro di un elefante gigante. Durante le stagioni della moda, si potevano trovare tra i partecipanti di questi happening Kanye West, Pedro Almodovar, Kim Kardashian o Livia Firth.

I principali designer raramente raramente concedono fitting personalizzati, ma Alaïa voleva vedere tanti clienti: un minuto si occupava di una principessa mediorientale che guardava adorante, quello dopo una stella della televisione, prima di scomparire con una modella nel suo immenso camerino di prova.

Il suo studio al piano superiore era ricolmo di bei vestiti: rastrelliere piene di abiti bustier in pelle macramè tagliata al laser; aderenti abiti da sera a coste in viscosa o meravigliosi giacchini in pelle scamosciata stile Robin Hood con i caratteristici rivetti dello stilista. Nonostante i suoi immensi doni, Alaïa ha avuto una carriera incostante. Ha fatto impazzire i grandi magazzini americani rifiutando di sfilare nel calendario ufficiale parigino, e così forzandoli a compiere viaggi andata/ritorno attraverso l'Atlantico, che alla fine hanno smesso di fare.

In totale ho partecipato a sei show di Alaïa, inclusa la sua sfilata-evento finale questo luglio. L’ex ministro della cultura Jack Lang e persino colleghi designer come Nicolas Ghesquière di Louis Vuitton sedevano in prima fila. L’ultimo Alaïa ha combinato strisce di metallo flessibile, lembi di pelle e splendide maglie in abiti di grande potenza – come giacche di pelle di serpente e cappotti lunghi tenuti insieme con micro occhielli, che hanno garantito ad Alaïa la standing ovation dei 400 ospiti.

Ancora un'immagine di Azzedine Alaïa nella mostra dedicatagli a Roma nel 2015 - AFP/Archives / Gabriel BOUYS


Azzedine si è visto nel pantheon creativo della moda, nell’empireo insieme a Dior, Chanel ed Elsa Schiaparelli. Poche cose lo hanno compiaciuto di più della mostra dedicatagli a Roma nel 2015, una brillante esposizione nella barocca Galleria Borghese, chiamata “Azzedine Alaïa. Couture/Sculpture”, dove statue classiche erano poste accanto ai suoi look più iconici. Le “Screen Goddess” di Alaïa della metà degli anni ’90 erano completamente in sintonia con le bellezze romane in toghe di marmo, così come la magnifica scultura “Dafne e Apollo” di Gianlorenzo Bernini, dove le mani del soggetto diventano alberi, sembrava perfetta per circondare gli outfit organici del periodo Africa di Azzedine, e ancora la famosa giacca “Crocodile” dello stilista sembrava davvero a suo agio appesa tra due corpulenti generali romani in un marmo marrone perfettamente abbinatole.

“Sono un visitatore di questa bellissima città, eppure la mia moda qui sembra davvero a casa”, ha sorriso Alaïa, della cui conoscenza non potrei essere stato più orgoglioso.

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