Armani: le ispirazioni asiatiche, le elezioni europee, il rinnovo dell’Armani Tower e la gioia del silenzio
Pochi stilisti sono legati al cinema come Giorgio Armani, i cui abiti per Richard Gere, nel 1980, fecero di American Gigolo il più famoso “fashion movie” di tutti i tempi. Tuttavia, sebbene gli anni d’oro di Hollywood siano stati forse la sua più grande fonte di ispirazione, un altro elemento importante è rappresentato dall’Asia, in particolare il Giappone.
Un anno dopo American Gigolò, Armani ha organizzato una delle sue sfilate più sontuose, quella della collezione autunno/inverno 1981, ispirata a “Kagemusha - L'ombra del guerriero”, uno dei film di maggior successo del regista giapponese Akira Kurosawa.
Un ricordo di cui lo stilista 84enne ha parlato lo scorso weekend, durante il suo trionfale tour del Giappone: “Il film racconta la storia di un ladro che prende il posto di un re, che è il suo alter ego. Ma quando il re muore, il ladro deve combattere al suo posto. Ero molto orgoglioso di quella collezione. Ma…non si è venduta molto bene. Ho realizzato che era piena di idee che non erano puro Armani. Il mio lavoro è di compiacere il pubblico, non cercare di scioccarlo”, ha dichiarato Armani, quasi a voler difendere la sua sartorialità classica e la sua ricerca sofisticata dei colori.

Molto felice di essere a Tokyo, ha elogiato “l’occhio raffinato dei giapponesi per il buon gusto” e la “presenza costante di un mix tra un passato imperiale e un presente molto raffinato”.
Mentre era in Giappone, Armani ha tenuto la sua prima sfilata cruise e ha riaperto il suo flagship principale, la Armani Tower, rinnovando completamente gli 11 piani dell’edificio, con sei differenti tipi di marmo e una serie di giganteschi intarsi in vetro con grandi affreschi rinascimentali; un cambio radicale per lo stilista, che ha sempre disdegnato il barocco. Curiosamente, i colori degli affreschi ricordano gli ultimi lavori di Kurosawa, da Kagemusha a Ran.
Pochi stilisti amano le loro boutique quanto Giorgio, il cui storico edificio di 56 metri di altezza è stato inaugurato nel 2007 a Ginza, uno degli shopping district più costosi di tutta l’Asia. Armani non ha quasi toccato la facciata originale in vetro, ma ha esteso lo spettacolare motivo a bambù fino ai piani inferiori e aggiunto un enorme logo GA color platino. In totale lo store si estende su una superficie di oltre 6.000 metri quadrati: il piano terra è dedicato ad accessori e articoli da regalo, il secondo e terzo alle collezioni donna e uomo, il quarto a fitting privati e i due ultimi piani all’Armani/Ristorante.

Nonostante sia lo stilista italiano vivente più famoso, il business di Armani è un po’ rallentato negli ultimi anni. I ricavi sono scesi del 7%, a 2,35 miliardi di euro, nel 2017 (ultimi dati disponibili). La maison ha però beneficiato nell’ultimo anno di una crescita dell’e-commerce, che ha raggiunto un fatturato di 60 milioni di euro. Armani è anche lo stilista della penisola che vende maggiormente in ambito profumi: 1,2 miliardi di vendite retail per Armani Beauty nel 2018, linea prodotta in licenza da L’Oréal. Inoltre, Armani siede su una confortevole montagna di oltre un miliardo di euro di tesoreria.
Dopo il decesso di Karl Lagerfeld, Armani è diventato il decano degli stilisti di moda, un instancabile lavoratore che ha tuttavia trovato il tempo, durante il suo viaggio in Giappone, di ritagliarsi qualche giorno per visitare l’antica città di Kyoto.
“Sono stato a Kyoto come turista ed è stato affascinante. La storia, la bellezza. Ieri, a Tokyo, un uomo di bell’aspetto si è avvicinato e mi ha detto che indossa Armani da 30 anni. Quando gli ho preso la mano, tremava. Ne sono rimasto stupito e commosso; poi ha iniziato a piangere. Anche a Kyoto, ad alcune signore che mi hanno chiesto di fare una foto con me tremavano le mani”, ha dichiarato sorpreso Armani qualche ora prima della sua sfilata.
Dopo lo show, un gran numero di ammiratori ha atteso pazientemente con la speranza di riuscire a fare una foto con Giorgio Armani, l’architetto Tada Ando e gli attori Hidetoshi Nishijima, Kento Yamazaki, Moka Kamishiraishi e Honami Suzuki.
Nel corso del suo viaggio carico di impegni, Giorgio Armani ha anche ricevuto un premio da parte dell’Associazione dei department store del Giappone, oltre a una lettera di ringraziamento da parte di alcuni studenti per il suo sostegno a una borsa di studio dell’UNESCO che aiuta i bambini colpiti dal terribile terremoto del 2011.

Durante il suo soggiorno in Giappone, Giorgio Armani è stato lieto di sapere che alla prima del film “Once Upon a Time…in Hollywood” di Quentin Tarantino, a Cannes, una delle più grandi star mondiali, Leonardo DiCaprio, indossava un abito Armani. “È stato piacevole, anche se Leo porta i miei abiti da anni. Era molto elegante. Un aspetto curioso del tappeto rosso è malgrado le migliaia di idee e di proposte una più audace dell’altra, poi si accontentano di un semplice e classico smoking”, ha scherzato Armani, che soggiornava all’hotel Aman Tokyo.
Anche la scelta della location per la sfilata è stata tipicamente “Armani”: lo show si è svolto presso una delle istituzioni più prestigiose del Paese, il Museo Nazionale di Tokyo, nel parco di Ueno. I colori neutri della colonnata neoclassica si adattavano perfettamente alla collezione. Tra l’altro, nel nuovo negozio si trovano numerosi dipinti giapponesi e italiani, sottili ed eleganti, nei due piani sotterranei dove la sezione Armani Casa si congiunge con la stazione della metropolitana.
“In base al nostro contratto di affitto, abbiamo l’obbligo di rinnovare gli spazi ogni 10 anni circa, il che è perfetto per me. Ma non volevo una rivoluzione a Ginza, solo una tranquilla evoluzione”, ha spiegato Giorgio Armani, aggiungendo che una delle cose che preferisce del Giappone “è il silenzio. Milano può essere così rumorosa!”.
Anche l’eco dei rumori della politica italiana ed europea era all’ordine del giorno, visto che i cittadini europei erano chiamati al voto per leggere i loro rappresentanti al Parlamento europeo.
“Spero d’avvero che l’Europa e l’Italia possano ritrovare i loro valori, valori di amore, di bellezza, di apertura e di curiosità. E che si dimentichi questo periodo volgare. Il mondo è diventano violento, le persone non si dicono quasi più nemmeno buongiorno. Vorrei tornare alle buone maniere, ritrovare il senso dell’ironia e dell’onestà”.
Un’ora dopo la sua sfilata di venerdì scorso, Armani era già a bordo di un jet privato Gulfstream per tornare a Milano, in modo da evitare di incrociare in Giappone il più “rumoroso” di tutti i politici, Donald Trump, nel suo viaggio di quattro giorni per incontrare il nuovo imperatore Naruhito.
Più di 50 anni dopo aver fatto i suoi primi passi nella moda, come vetrinista alla Rinascente di Milano, Giorgio Armani ha conservato il suo ottimismo sul futuro del settore?
“Sono ancora molto curioso. Né ottimista né pessimista. Forse non sarò ancora qua per assistere a tutti i prossimi cambiamenti, ma il futuro non mi preoccupa”, ha risposto in tono nostalgico.
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