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5 nov 2013
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Apre a Roma la mostra sul Tesoro di San Gennaro

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APCOM
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5 nov 2013

Il cuore di Napoli nel cuore di Roma: si potrebbe dfinire così la grande mostra "Il Tesoro di Napoli: i Capolavori del Museo di San Gennaro", che ha aperto il 30 ottobre a Palazzo Sciarra di Via del Corso (con ingresso da Via Marco Minghetti 22 dalle 10 alle 20, lunedì dalle 15 alle 20, venerdì e sabato dalle 10 alle 21) per iniziativa della Fondazione Roma presieduta dal professor Emmanuele Emanuele che ha portato a Roma una settantina dei più preziosi pezzi del Tesoro (che escono per la prima volta da Napoli), cinque dei quali non sono mai stati esposti al pubblico, tra cui la preziosissima Mitra, capolavoro della gioielleria napoletana realizzata con 18 chili d'oro e centinaia di pietre preziose, e la collana di San Gennaro, realizzata con croci di smeraldi, rubini, lapislazzuli donati a San Gennaro dai re e principi di tutto il mondo.

Uno dei pezzi del Tesoro di San Gennaro


Gli oggetti sacri sono esposti in un'ambientazione assai suggestiva: sono state ricostruite le cappelle del Duomo, c'è il video del miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro, ci sono ritratti "parlanti" di alcuni dei monarchi e personaggi storici (da Gioacchino Murat ai Re di Napoli, da Papa Pio IX a Maria Teresa d'Austria, da Umberto I al nipote Umberto II, ultimo Re d'Italia) che raccontano il loro rapporto col Santo e illustrano i calici, le pissidi, le croci da loro donate al Tesoro e lì esposte.

Ma al di là della qualità degli oggetti e dell'ambientazione, la Mostra affonda le radici nella storia e nella "civiltà" napoletana. "Nella prima sala - ha detto il direttore del Museo del Tesoro Paolo Jorio durante la presentazione della Mostra - è per esempio esposto l'atto notarile del 1527 con cui il popolo di Napoli, rappresentato da alcuni nobili e popolani, si impegnava a costituire il primo nucleo del Tesoro se San Gennaro avesse liberato la città dai tre flagelli che l'affliggevano in quel tempo: la guerra franco-spagnola, il colera che aveva provocato 250 mila morti e i frequenti terremoti. Il Santo rispose e così nacque il Tesoro che non è di proprietà nè dello Stato, nè della Chiesa, ma è sempre stato gestito da una Deputazione in rappresentanza dei napoletani".

Da allora il Tesoro è cresciuto fino agli attuali 21.610 pezzi, ma solo una parte è esposta nel Museo attiguo al Duomo di Napoli. I pezzi più preziosi sono stati sempre custoditi nei caveau del Banco di Napoli, perchè sarebbe stato troppo rischioso esporli. Da oggi invece saranno visibili: fino al 16 febbraio nella mostra romana e poi a Napoli, grazie alle speciali teche protettive a prova di esplosione realizzate appositamente dalla Fondazione Roma che saranno donate al museo napoletano.

Negli ultimi anni, inoltre, una commissione di esperti guidata dal gemmologo Ciro Paolillo, docente alla Sapienza, sta esaminando tutti i pezzi e le pietre del Tesoro. "Abbiamo censito sinora circa seimila pietre preziose - ha detto Paolillo - e con le analisi consentite dai moderni strumenti siamo in grado di determinare anche la loro provenienza e chi le ha acquistate e a che prezzo, visto che i contratti sono tutti conservati al Banco di Napoli". Il valore economico del Tesoro è inestimabile, c'è chi azzarda la cifra di un miliardo di euro, chi dice di più, c'è chi sostiene che sia più prezioso del Tesoro della Corona inglese o di quello degli Zar russi.

Resta il fatto che si tratta di un patrimonio restituito al godimento dei cittadini e dei turisti che affollano Roma e poi dei napoletani, come sottolinea il presidente della Fondazione Roma, Emmanuele Emanuele: "Ho voluto fortemente questa Mostra perchè sono convinto che la bellezza del nostro Paese deve essere conosciuta, anche se molti, soprattutto politici e sovrintendenti, lavorano per occultarla e tenerla chiusa in stanze polverose. Non è un caso che questa esposizione sia il frutto di un accordo tra privati quali sono sia la Fondazione Roma, sia la Deputazione del Tesoro di San Gennaro. Abbiamo impegato tre giorni a decidere di fare questa Mostra. Invece i ministri, gli assessori, i sovrintendenti sono buoni solo a dire no, per questo non li invito più alle manifestazioni della Fondazione Roma".

Emmanuele elenca i "no" ricevuti dal pubblico: "Vorrei fare una grande mostra sui tesori della mia regione d'origine, la Sicilia: vorrei portare a Roma il Satiro Danzante, la Venere di Morgantina e i capolavori di Antonello da Messina reclusi nel museo di Cefalù: mi hanno detto tutti di no. Quando sono stato nel consiglio della Biennale e alla presidenza del Palaexpo di Roma mi sono accorto che le istituzioni pubbliche sono fossili del Quaternario, assolutamente incapaci di agire per il bene del Paese, che deve puntare sulla valorizzazione della propria bellezza, dal territorio alle opere d'arte. Non credo più alla collaborazione pubblico-privato. L'unica che funziona è la collaborazione privato-privato".

Fonte: APCOM