Anche Mulberry scommette sull'Asia per assicurarsi la prosperità futura
L'Asia sarà l’ancora di salvezza per Mulberry? L’azienda britannica ha annunciato il lancio di una struttura dedicata al mercato asiatico dal prossimo 3 aprile. La griffe, ancora in fase di recupero, aveva già dichiarato lo scorso dicembre che l’Asia sarebbe stata un mercato-chiave per la strategia di crescita del gruppo.

Chiamata Mulberry (Asia) Limited, l’azienda è stata creata nel quadro di un accordo con Challice Limited, che gestirà l’attività del gruppo a Hong Kong, in Cina e a Taiwan. Mulberry controlla il 60% del capitale di questa joint venture, e Challice il restante 40%. Challice non è altro che il principale azionista di Mulberry, di cui detiene il 56% del capitale. Inoltre, il suo azionista di controllo è lo stesso dell’ex distributore di Mulberry nella regione, vale a dire Club 21.
Dopo che la nuova strutturà debutterà a Hong Kong lunedì 3 aprile, una filiale in Cina e un ufficio a Taiwan dovrebbero completare la presenza del gruppo in Asia nel corso dell’anno, una volta acquisite le licenze commerciali necessarie in questi Paesi. La nuova azienda opererà inizialmente con 4 negozi (2 in Cina, 1 a Hong Kong e 1 a Taiwan) e gestirà le attività all’ingrosso del marchio nella regione, supportate anche dal sito Mulberry.com in cinese e da una piattaforma multicanale.
Il lancio sarà accompagnato da un investimento "significativo" di marketing nel Nord del'Asia, comunica il brand. Oltre ad iniziative di marketing locali, Mulberry prevede di investire circa 3 milioni di sterline (3,5 milioni di euro) nel sostegno all’attività nel corso dei prossimi due anni. La rete di negozi del marchio sarà rafforzata con l’inaugurazione di un nuovo punto vendita a Shanghai e con il trasferimento dei suoi negozi esistenti a Hong Kong e Pechino.
Non si tratta solo di garantirsi un aumento delle vendite nella Greater China, ma anche di far sì che i consumatori cinesi, che effettuano in modo sempre maggiore gli acquisti di beni di lusso all’estero, includano Mulberry nella loro lista di negozi da visitare quando viaggiano internazionalmente.

Thierry Andretta, il CEO di Mulberry, ha dichiarato che l’azienda ha identificato delle significative opportunità di crescita nella regione. Questa valutazione fa eco a quella di Jimmy Choo, altro marchio che ha fatto della Cina uno dei suoi principali driver di crescita. Mulberry e Jimmy Choo fanno entrambi parte della seconda ondata di griffe di lusso occidentali che vogliono approfittare di un mercato potezialmente enorme. Si tratta di aziende che non avevano le risorse necessarie, nel passaggio tra un secolo e l’altro, per aprire i loro negozi nelle location migliori. In un certo senso, questo non è stato necessariamente un male per loro.
Infatti, mentre i grandi nomi del lusso mondiale hanno approfittato della strepitosa crescita del mercato cinese, alcuni di essi si sono sviluppati in maniera troppo rapida, e si sono ritrovati con punti vendita situati in centri commerciali poco frequentati. Anche le misure prese dalle autorità cinesi contro gli eccessi delle spese voluttuarie hanno colpito il settore del lusso, mentre vari problemi specifici hanno interessato i marchi di lusso a Hong Kong.
Prada ha rivelato la scorsa estate che le sue vendite nell’area della Grande Cina erano calate del 25%. Anche il brand Burberry è rimasto deluso dalla crescita cinese, anche se di recente il mercato si è un poco ripreso. Ed è da questo contesto di rilancio che gli ultimi arrivati in territorio asiatico sperano di trarre vantaggio. Queste aziende possono infatti servirsi degli errori commessi dai loro predecessori per comprendere meglio cosa bisogna e non bisogna fare per penetrare e crescere nel mercato cinese.
Versione italiana di Gianluca Bolelli
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