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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
11 mar 2022
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7 minuti
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Amber Valletta: la capsule per Karl Lagerfeld e gli obiettivi come ambasciatrice della sostenibilità del brand

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
11 mar 2022

Poche icone della moda hanno una carriera altrettanto impressionante di Amber Valletta: superstar delle passerelle, poi ragazza copertina di Vogue, attrice affermata e ora designer e ambasciatrice della sostenibilità del marchio della maison Karl Lagerfeld.

Un'immagine dalla seconda campagna pubblicitaria di Valletta per il marchio - Foto: per gentile concessione di Karl Lagerfeld - Foto: Mit freundlicher Genehmigung von Karl Lagerfeld


Questa settimana, la casa di moda ha svelato la sua seconda collezione per Karl Lagerfeld, per il quale ha aggiunto una concisa capsule collection alle borse in pelle vegana della sua capsule di debutto della scorsa primavera, che ha avuto notevole successo.
 
Sebbene la metà sia realizzata in ecrù e beige, e non nell'amato bianco e nero espressionista di Karl, la linea sembra molto Lagerfeld. Come l'elegante giacca nera minimalista da biker in pelle di cactus vegana, o il classico blazer nero ben aderente con gonna abbinata, o la camicia slim in popeline di cotone bianco. Fino alle canotte bianche o nere in cotone biologico e lyocell, un rayon in fibra di cellulosa.

Dopo 16 copertine di Vogue America, la prima a 18 anni, e apparizioni in mega sfilate, spesso indossando i migliori singoli look, per griffe del calibro di Versace, Louis Vuitton, Chanel, Karl Lagerfeld, Prada, Valentino e, forse in maniera più spettacolare, per Helmut Lang, Valletta ha avuto una seconda carriera come attrice.
 
È una di quelle ragazze americane la cui eredità genetica mista – italiana, portoghese, inglese e Cherokee – ha prodotto una bellezza davvero unica, benedetta da occhi verdi e uno spirito arguto e fertile. Da quando è cresciuta nell'America rurale, Valletta ha avuto una missione. Il concetto che l'umanità debba essere custode del suo pianeta lo ha avuto bene in mente sin da giovanissima.
 
Abbiamo incontrato l'effervescente Valletta nella dimora del quartier generale mondiale di Karl Lagerfeld, un'ex residenza di banchieri proprio sul canale più elegante della città di Amsterdam, l'Herengracht.
 
Una giornata iniziata con la presentazione delle sue ultime idee per “Karl Lagerfeld x Amber Valletta”, nella quale il CEO Pier Paolo Righi l'ha elogiata per aver spinto al massimo nella ricerca di nuovi concept di sostenibilità, anche se questo l'ha resa “tosta”.
 
Interrogata su questo in seguito, Valletta ha risposto: “Non so se sono difficile. Forse, ma impegnativa in senso positivo”. Prima di fare una falsa smorfia a Caroline Lebar, braccio destro di lunga data di Karl: “Sono difficile?”. Al che Lebar ha risposto: “In francese diciamo esigente, ma impegnativa nel modo giusto”.

Foto: per gentile concessione di Karl Lagerfeld - Foto: Mit freundlicher Genehmigung von Karl Lagerfeld


Viene da chiedersi: quando la sostenibilità è diventata per lei una tale missione?
 
“Sono cresciuta nella natura. I miei nonni avevano una fattoria a Tulsa, in Oklahoma, con animali, terra e un torrente naturale. Dunque ci dicevano di uscire a giocare tutto il tempo. Mia madre era single, quindi non poteva permettersi il lusso di una baby sitter. Perciò diceva: “Vai fuori e gioca”. Quindi, quello è stato il mio primo amore, e dove mi sentivo al sicuro”, ricorda.
 
Mentre faceva ancora la modella, Valletta iniziò a studiare politiche ambientali alla New York University e fu influenzata dal corso di ecologia di Al Gore.
 
“La mia generazione è figlia dei boomer, che erano hippy, quindi quando parlo con i miei coetanei, la pensiamo allo stesso modo. Siamo tutti un po' amanti della terra!”, sorride.
 
“Dopo essermi presa del tempo per crescere mio figlio (Auden) e recitare, sono tornata e volevo portare i miei valori in qualunque cosa facessi nella moda”, spiega Valletta, che ha vissuto a Los Angeles negli ultimi 20 anni. Dove la sua seconda carriera è stata più che rispettabile, accumulando ruoli in oltre 15 film.
 
Ha incontrato Karl per la prima volta all'età di 18 anni, prima di allontanarsi per recitare e poi riconnettersi con questo mondo ad uno show per l'anniversario di Chanel. Successivamente, quando Amber Valletta ha sviluppato un suo negozio online, chiamato Master & Muse, per vendere moda e accessori realizzati in modo responsabile, Lagerfeld è stato il primo stilista a cui si è avvicinata.
 
“Sono passati circa otto anni. Ma il mio partner di allora, Yoox, e anche Karl Lagerfeld non erano pronti a produrre in modo sostenibile, anche se in teoria erano tutti favorevoli. Le persone non sapevano bene come produrre in modo sostenibile a quel tempo”, ricorda.
 
Tuttavia, tutto è cambiato quando il marchio di Lagerfeld ha firmato il Fashion Pact, aggiungendo nuovo impulso a quell’idea, e così il CEO Righi ha ricontattato Amber Valletta e hanno deciso di agire. La sua prima collezione era una piccola serie di borse “K/Kushion”, basate sulla forma di un cuscino della sua infanzia che Karl portava con sé quando era in viaggio. Amber lo ha reinventato in pelle di cactus vegana. Proveniente da un'azienda in Messico, è un materiale di origine vegetale che non richiede irrigazione e quindi aiuta la flora e la fauna locali a rigenerarsi.

Il direttore creativo di Karl Lagerfeld, Hun Kim - Foto: per gentile concessione di Karl Lagerfeld - Foto: Mit freundlicher Genehmigung von Karl Lagerfeld


“Quello che spero che otterremo come squadra è dimostrare che la moda può essere sostenibile e desiderabile. E che possiamo fare davvero grandi cambiamenti. Sai, è come quando sposti una barca, anche solo di un pollice, poi cambia completamente direzione. E [nella moda] hanno già cambiato direzione, quindi spero che il marchio assuma un ruolo di leadership”, ha spiegato Amber, vestitasi durante il giorno con un completo maschile di cotone beige con pantaloni larghi e top di cotone nero, entrambi della collezione, abbinati a sneaker di Off-White.
 
Cosa ha imparato dalla modellazione che ha inserito in questa collezione?
 
“In definitiva, la sostenibilità deve essere attraente, perché prosperiamo sulla bellezza in qualsiasi sua forma, dalla magnificenza della natura o da uno splendido tramonto a un grande capo di moda. Karl mi ha insegnato a portare tutto questo in ogni collezione. Se l'abbigliamento non è desiderabile, stiamo solo sprecando tempo, risorse naturali e il nostro denaro”.
 
I prezzi della capsule non fanno venire gli incubi al registratore di cassa: i giubbotti da biker costano 545 euro; i blazer 395 euro; i pantaloni 295 euro e le canotte in cotone 89 euro.
 
Alla domanda su come definirebbe lo stile suo e di Karl, risponde: “Il mio? Fanciullesco, rock, chic e senza tempo. Quello di Karl? Rock, senza tempo e chic.
 
Un tour del quartier generale di cinque piani, con una sala di meditazione sul tetto, mostra progressi significativi nella sostenibilità. Tutta l'illuminazione è a LED; tutta l'energia utilizzata proviene dal vento; mentre un sistema di climatizzazione ricicla il calore dei corpi del personale, e quello dei computer e degli elettrodomestici.
 
Valletta confessa di avere “alcuni obiettivi alquanto imponenti... Penso che il più grande sia davvero passare alla circolarità. E che la nostra impronta di carbonio sia pari a zero prima del 2050. E che possiamo riprenderci ciò che stiamo creando. Controlliamo due volte la certificazione dei nostri tessuti e ci assicuriamo che tutti siano fatti di materiali naturali. In questo momento, la fine del ciclo di vita di un indumento è d’importanza vitale. Quindi, se non è biodegradabile, non ci lavoreremo”.
 
A causa della pandemia, Valletta ha creato la collezione tramite decine di call su Zoom che ha fatto dagli USA; inizialmente con il direttore creativo della maison, Hun Kim, che stava in Corea del Sud, e con il team dello studio stilistico, situato ad Amsterdam.
 
“Avevamo programmato di venire ad Amsterdam, ma abbiamo avuto tre voli cancellati, quindi abbiamo dovuto fare ore e ore di Zoom. Ma siamo anche consapevoli che si fanno troppi viaggi e stiamo attenti a non farne troppi”, precisa.
 
I vestiti sono realizzati consapevolmente per evitare trasporti extra, quindi i tessuti di cotone provengono dal Portogallo, dove i capi sono stati realizzati.

Una stanza negli uffici di Amsterdam dell'etichetta - Photo: per gentile concessione di Karl Lagerfeld - Foto: Mit freundlicher Genehmigung von Karl Lagerfeld


Visti i rapporti sempre più allarmanti sui cambiamenti climatici, pensa che abbiamo superato il punto di svolta?
 
“Beh, ci troviamo già in una crisi climatica, di sicuro. Ma dobbiamo essere ottimisti, altrimenti dovrei andare a sedermi in un angolo e piangere. Sono estremamente frustrata, ma credo che l'unico scopo che ho personalmente sia quello di fare questo lavoro. E penso anche che fra tutte le persone con cui collaboro o da cui imparo o con cui parlo di questi argomenti ci sia davvero tantissima grande innovazione. E collettivamente ci sono così tante grandi menti che pensano, e ONG, e individui, che non posso non essere fiduciosa. Ma la mia responsabilità come personaggio pubblico, che ha una sorta di voce all'interno del mio settore, è di aiutare davvero a cambiare il modo in cui pensiamo al business. Non sono un’esperta, ma ho la capacità di convincere le persone a sedersi e ascoltare. È il mio lavoro. Non posso pensare che siamo troppo in ritardo, altrimenti che senso avrebbe?”.
 
Sebbene il figlio Auden abbia 21 anni, il suo arrivo ha avuto un impatto sulla sua ultima carriera come designer.
 
“Certo, pensi al mondo che lascerai ai tuoi figli. Non voglio che vivano in un futuro in cui le città hanno bolle per tenere fuori l'aria sporca. O dove non possono vedere la natura, come noi siamo ancora fortunati a poter fare. È un privilegio essere in questo viaggio e trarre vantaggio da tutte le grandi cose dell’esistenza. La vita è già abbastanza difficile se la spogliamo di tutto, solo per vivere, respirare, morire. Tutte le cose che creiamo per perpetuare più sofferenza sono sbalorditive. Quindi, già da quando ero molto piccola, ho sentito il bisogno di servire uno scopo più grande”, conclude.

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