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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
9 gen 2023
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Amazon criticato dalla stampa britannica per il suo marchio Aware

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
9 gen 2023

Sempre più marchi vengono attaccati dalla stampa e accusati di non rispettare i loro impegni ecologici nella propria filiera, ritrovandosi esposti a un impatto mediatico del tutto sfavorevole.

Reuters


L’ultimo in ordine di tempo è Amazon con la sua etichetta Amazon Aware, criticati dal quotidiano The Telegraph. Il colosso dell'e-commerce ha lanciato la linea Aware per offrire opzioni “consapevoli” e “più rispettose dell'ambiente”. Molte categorie di prodotti sono vendute con il marchio "Aware", inclusa una selezione di abbigliamento.

Il quotidiano si è impegnato in un semplice esperimento: il suo reporter ha ordinato 20 articoli Aware per scoprire cosa aspettarsi. Il 10% di loro era avvolto in plastica monouso, sebbene alcuni fossero raggruppati nella stessa confezione. L'intera gamma comprende 103 prodotti. Inoltre, gli articoli sono stati consegnati in grandi scatole di cartone rivestite di carta kraft, come la maggior parte degli oggetti che si acquistano su Amazon.

Ma queste pratiche ora sono sotto la lente d’ingrandimento del pubblico, dato che i consumatori sono sempre più esigenti in termini di rispetto per l'ambiente. Filiere che fino a pochi anni fa sarebbero state ancora considerate “verdi” oggi sono messe sotto esame e i sospetti di greenwashing sono onnipresenti.

La maggior parte degli articoli ordinati dal Telegraph era stata fabbricata all'estero, il che crea ulteriori difficoltà sul potersi effettivamente definire "green" legate all'allungamento della catena di approvvigionamento. Tre paia di calzini, vendute a 17,80 sterline, non solo erano presentate all’interno di plastiche trasparenti, ma erano state realizzate in Pakistan.

Il giornale cita una fonte di Amazon, affermando che la certificazione ecologica del marchio è “equa e sincera per ogni prodotto”. L'azienda afferma di utilizzare materiali meno inquinanti, come il cotone biologico certificato, e di dare priorità ai processi di produzione che limitano le emissioni di carbonio. Le condizioni di lavoro negli stabilimenti che producono i capi sono “socialmente responsabili” e la società americana non fa mistero del proprio elenco di fornitori.

Per quanto riguarda le emissioni di carbonio della sua catena di approvvigionamento, Amazon intende compensarle, e anche tutti i prodotti della sua linea Aware dovrebbero essere carbon neutral. Ma i critici dell'onnipotente retailer sottolineano una certa opacità attorno alle supply chain internazionali, che rende impossibile calcolare l'esatta impronta di carbonio di un prodotto fabbricato all'estero.

Questo nuovo articolo di The Telegraph arriva sulla scia di diversi scandali che si sono verificati nel settore del fast fashion: l’autorità britannica della concorrenza e dei mercati sta attualmente indagando sui sospetti di greenwashing nei confronti di Asos, Boohoo Group e Asda.
 
Marchi e rivenditori oggi sono molto più impegnati nei confronti dell'ambiente rispetto ad anni fa. Tuttavia, il “marketing verde” a volte è fuorviante.

Cecilia Parker Aranha, direttore della protezione dei consumatori per l’autorità britannica della concorrenza e dei mercati, ha detto al Telegraph che c'è “il rischio di dare l'impressione che la fabbricazione di un prodotto non abbia alcun impatto sull'ambiente. Se non riusciamo a combattere il greenwashing... dovremo compiere ancora più sforzi per preservare il pianeta”.

Inoltre, i programmi di compensazione del carbonio talvolta sono accusati di essere dannosi, perché non consistono affatto nell'eliminarlo. Ciò potrebbe dare ai consumatori la falsa sensazione che si sia compiuto un progresso.

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