Di
Adnkronos
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Pubblicato il
19 lug 2011
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Altroconsumo: il jeans più responsabile ha il prezzo più basso
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19 lug 2011
19 lug 2011
La marche di jeans più responsabili sono quelle con i prezzi più bassi. A sfatare il luogo comune che indica nei prodotti a più basso costo quelli più inquinanti e realizzati con meno garanzie per i lavoratori è una inchiesta di Altroconsumo che ha analizzato 11 marche di jeans sotto i diversi profili: dai processi produttivi agli aspetti sociali nelle fabbriche, dal rispetto dell'ambiente alle informazioni ai consumatori e alla trasparenza.
![]() Foto Adnkronos |
La migliore valutazione è andata alla catena H&M, seguita da Zara, Jack & Jons, Levi's, Nudie Jeans, G-Starraw. Giudizio estremamente negativo per Salsa, Diesel, Boss Orange, Wrangler e Lee Jeans. Per queste ultime ha inciso anche la scelta delle aziende di non consentire l'accesso nelle fabbriche per verificare le condizioni di lavoro per gli operai e il rispetto della sicurezza e dell'ambiente nelle strutture produttive.
Particolarmente significativi i risultati delle analisi chimiche condotte in laboratorio sui jeans. Nel corso del ciclo produttivo il cotone e il tessuto demin entrano in contatto con un centinaio di sostanze chimiche, alcune pericolose anche per chi indossa l'indumento. Le analisi -spiega Altroconsumo- si sono concentrate sulle sostanze chimiche più pericolose perchè cangerogene o perchè possono causare allergie. Su tre modelli (Lee, Levi's e H&M) le analisi hanno rivelato tracce minime e comunque tali da non destare alcuna preoccupazione, di due metalli pesanti (arsenico e antimonio) e di formaldeide. Per eliminare tali tracce è sufficiente un lavaggio preliminare del capo prima di indossarlo.
Nel modello Wrangler invece è stato riscontrato un rilevante contenuto di rame. Si tratta, precisa Altroconsumo, di un materiale per il quale non sono previsti limiti di legge negli indumenti. Tuttavia vi è una indicazione Uni che raccomanda una soglia inferiore a 50 mg per Kg che il jeans Wrangler supera.
L'inchiesta di Altroconsumo mette sotto accusa in particolare il cosiddetto "effetto usato", l'invecchiamento artificiale del jeans ottenuto quasi sempre attraverso la sabbiatura, una tecnica che mina la salute dei lavoratori. La silice contenuta nella sabbia che i lavoratori spruzzano con un compressore sulle parti da trattare finisce nell'aria che respirano e possono causare la silicosi. I primi casi sono stati scoperti in Turchia nel 2005. Si stima che da allora siano 5.000 gli operai colpiti dalla malattia e una cinquantina i decessi. Nel 2009 la Turchia ha bandito la sabbiatura col risultato che il business del demin si è spostato in Paesi con meno controlli come Cina, India, Bangladesh, Pakistan e paesi del Nord Africa.
Tra le 11 marche esaminate poco più della metà ha dichiarato di aver cessato o di voler cessare la sabbiatura. Tra le fabbriche visitate da Altroconsumo in Cina, Pakistan, Marocco, Turchia e Italia l'unico caso di sabbiatura è stato rilevato proprio nel nostro Paese. Dopo l'ispezione la fabbrica fornitrice di Nudie Jeans ha dichiarato di aver abbandonato la tecnica sostituendola con un'altra più innovativa e ''a basso rischio''.
Dall'indagine emerge che le principali carenze si riscontrano nella catena dei fornitori indiretti. ''I contratti di subfornitura -rileva Altroconsumo- creano filiere difficilmente tracciabili. Meno della metà dei marchi monitora attivamente i subfornitori sugli aspetti sociali.E quando le verifiche avvengono, è raro vedere pubblicati i risultati. Stesso discorso per gli aspetti ambientali, dove -spiega Altroconsumo- l'attenzione è ancora più carente. Le preoccupazioni ecologiche rappresentano il più delle volte una bandiera da sventolare e raramente si trasformano in pratiche concrete''.
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