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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
28 apr 2023
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Al di là del K-pop, Seoul sta emergendo come capitale della moda

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
28 apr 2023

La prima cosa che colpisce della moda coreana è questa cultura dello “street style”. Effervescenti e innovative, le tendenze di strada di Seoul mostrano un carattere distinto e sovversivo, lontano dalle solite convenzioni delle settimane della moda occidentali. Attorno al complesso DDP (Dongdaemun Design Plaza), nel cuore della capitale sudcoreana, in occasione della Seoul Fashion Week, si muovono lolite dall’aria naif e dal trucco elaborato, gruppi che celebrano un cosplay quasi professionale, ma anche fan del K-pop o degli animali di peluche, giovani che rivisitano i costumi tradizionali, abbattendo le barriere tra i sessi, e ancora persone che indossano costumi tradizionali locali senza artifici. Si sviluppa così un'intera gamma di stili e personalità. E con essa, una folla di fotografi e curiosi si è accalcata intorno all'avveniristico edificio argentato a forma di astronave progettato dall'architetto iracheno Zaha Hadid. Uno spazio all'avanguardia, a pochi minuti dalla porta Heunginjimun, costruita quasi 700 anni fa, che avvolgeva tutto ciò che si trovava lì attorno in un’aura insolita.

Il Dongdaemun Design Plaza ha ospitato la settimana della moda - Shutterstock


Al di là dello sguardo europeo inevitabilmente ammirato, l'evento ha avuto un carattere unico: il tanto atteso ritorno alla normalità dopo il periodo del Covid-19. Una ripresa segnata dalla riapertura al turismo e dalla graduale revoca delle restrizioni, anche se le mascherine sono ancora diffuse nei mezzi di trasporto pubblici e negli spazi chiusi. Un quadro più rilassato che ha facilitato lo svolgimento della Seoul Fashion Week, dal 15 al 19 marzo. Con il suo format, le sue dimensioni e il numero di ospiti internazionali, l'evento ha iniziato ad assomigliare alle celebrazioni pre-pandemiche, con una notevole presenza di buyer da Parigi, New York, Israele e Taiwan alla ricerca di proposte di design e di prezzi competitivi da parte dei marchi locali.

Un forte carattere locale e una proiezione internazionale

Per far conoscere meglio la moda e il mercato nazionale interno ponendo l’accento sull'esposizione mediatica e la proiezione commerciale, il programma della Seoul Fashion Week prevedeva cinque giorni di sfilate di moda di circa 30 marchi coreani, oltre a una fiera professionale, il Seoul Trade Show, a cui hanno partecipato più di 60 aziende di moda, calzature, gioielleria e accessori.

La sfilata di MMAM alla Seoul Fashion Week - SFW


“Abbiamo avuto ancora una volta l'opportunità di entrare in contatto con un gran numero di buyer stranieri e aumentare l’awareness del nostro marchio”, ha detto a FashionNetwork.com il brand veterano del salone Besfxxk, che si definisce lieto del ritorno dell'evento ad un'atmosfera internazionale dopo la pandemia. Presente in uno showroom a Shanghai e partecipante alla New York Fashion Week, il brand dallo “stile classico e atletico”, che nutre forti ambizioni oltre i propri confini, considera gli Stati Uniti il ​​suo primo mercato in termini di fatturato e punta a Parigi come futuro punto di ingresso per la distribuzione in Europa.

Un'opinione condivisa dal designer Park Hyun, che ha lanciato MMAM (Maison Mam Art Mr.Mom) nel 2018, e ha partecipato all'evento sia sotto forma di sfilata che di presentazione commerciale nell'area lounge. “Per i marchi sudcoreani è fondamentale ottenere tale visibilità e questi contatti internazionali”, ha dichiarato il creativo, sottolineando che il marchio dal posizionamento premium “deve il riconoscimento all'estero alle sue presentazioni in Francia”, grazie alla partecipazione per due volte alla fiera parigina Tranoï. Specializzato in sartoria decostruita su cui compaiono disegni o ricami ispirati ai graffiti, il brand, focalizzato principalmente sul canale online in Corea, conta oggi undici punti vendita a livello internazionale (di cui cinque in Medio Oriente).

L'area ricca di marchi di prodotti di bellezza Myeongdong - Shutterstock


Nonostante l'importanza di Seoul come una delle capitali internazionali della cosmesi, gli organizzatori dell'evento avevano scelto di fare a meno della presenza dei marchi della cosiddetta K-Beauty, preferendo concentrarsi principalmente sul settore dell'abbigliamento. Fortunatamente, Seoul ha diversi quartieri commerciali molto dinamici. Gli esperti dovrebbero recarsi nella vivace Myeongdong per sperimentare i concept coreani di bellezza a 360° o di innovativa vendita al dettaglio: dal multi-mercato di massa Olive Young ai curatissimi flagship dei marchi Holika Holika, Innisfree, Laneige o Tony Moly.
 
Comprendere la crescente attrazione per il “Made in Korea”

Forse il segreto della popolarità della moda coreana risiede nella sua rinfrescante diversità. Perciò l’offerta della manifestazione ha cercato di rispondere alla crescente domanda internazionale di prodotti, tendenze o cultura “Made in Korea”, la famosa ondata Hallyu, unita ad iniziative di grande richiamo come l'installazione della vettura Mercedes-Maybach disegnata da Virgil Abloh, o la nomina di membri del gruppo K-pop del momento, i NewJeans, come ambasciatori dell'evento. Haerin, una dei cinque membri del gruppo, è stata appena nominata testimonial di Dior.

Così, il ventaglio delle presentazioni ha mostrato proposte molto creative, come l'universo di bestiole pelose e le stampe intense di Greedilous, che ha suscitato un intenso entusiasmo presso il pubblico locale, o la performance teatrale e vendicativa del designer Steve Lee, a capo di #whysocerealz!, in cui mette in discussione i rapporti di potere, il valore del denaro o l'importanza dell'amore.

La sfilata di Vegan Tiger alla Seoul Fashion Week - SFW


L'approccio sostenibile è stato un altro asse fondamentale attorno al quale si sono articolate proposte di dimensione internazionale, come nel caso della sfilata dell'azienda PartsParts, con abbondanza di stampe floreali o aggiunte ironiche realizzate a partire da rifiuti come bottiglie e buste di plastica per “promuovere una filosofia zero waste”; o la sfilata di Vegan Tiger, uno dei brand pionieri in ambito vegano in Corea del Sud, fondato nel 2015. Le sue collezioni si impegnano a utilizzare materiali innovativi, cruelty free e plastic free, come l’hanji, una carta tradizionale coreana, nei suoi abiti, caratterizzati dalla fusione di colori, stampe e texture.

“Quando abbiamo lanciato il marchio, la società coreana non conosceva ancora il termine vegan. I nostri inizi non sono stati facili e il concept non ha riscosso molto successo. Il momento in cui abbiamo iniziato a farci conoscere è legato al passaggio compiuto dai marchi del lusso, come Gucci (che fra l’altro presenterà la Cruise Collection 2024 proprio a Seoul, al Palazzo Gyeongbokgun, il 16 maggio prossimo per festeggiare i 25 anni dall’inaugurazione del suo primo negozio in Corea del Sud, ndr.) quando hanno smesso di usare la pelle nelle loro collezioni. I consumatori hanno quindi iniziato a comprenderne il valore”, ha dichiarato Yang Yoon A, designer di Vegan Tiger, sottolineando le influenze delle case europee sui consumatori coreani. “Un altro fattore chiave nella nostra comprensione della sostenibilità è concentrarsi sulla produzione in Corea”, ha aggiunto.

La sfilata di Ulkin alla Seoul Fashion Week - SFW


La sua visione è simile a quella di Lee Seongdong, creativo fondatore del brand Ulkin, caratterizzato da un approccio artistico all'upcycling, con capi ibridi e decostruiti. “All'inizio del progetto, il concetto di upcycling in quanto tale non esisteva in Corea. Oggi è una delle principali attrattive del DNA di Ulkin all'estero”, ha affermato il creatore di moda, il quale afferma che la domanda interna di prodotti eco-responsabili è “in aumento dalla pandemia in poi”, il suo approccio più ecologico allo stile unisex e casual aveva già suscitato interesse internazionale, soprattutto durante le sue apparizioni in saloni come CIFF, Premium Berlin, China International Fashion Brand Fair Shenzhen e Tranoï.

Al di là delle particolari visioni locali dello streetwear, che talvolta ricordano Berlino, di aziende come Ajobyajo, Anonymous e Ordinary People, uno dei punti salienti di questo salone è stata la reinterpretazione di alcuni elementi dello stile Ivy League da parte del duo creativo Holy Number 7 o dell’affermata azienda Beyond Closet, fondata nel 2008 da Ko Tae-yong.

La sfilata di Beyond Closet alla Seoul Fashion Week - SFW


“Tratto i miei vestiti come opere d'arte, basandomi sui look preppy americani”, spiega il designer del suo brand, che incorpora sempre più elementi responsabili come “un’alternativa vegetale alla pelle o ai tessuti riciclati”. Un'identità forte, che gli è già valsa la partecipazione a manifestazioni internazionali come Pitti Uomo o la New York Fashion Week e che gli consente di realizzare fino al 30% del fatturato all'estero, con il 70% registrato sul mercato interno.

Una distribuzione delle vendite in larga parte identica a quella di molti brand presenti in fiera. In pieno processo di apertura internazionale, dopo le difficoltà incontrate a causa delle severe restrizioni adottate per combattere la pandemia, i marchi sudcoreani si trovano di fronte alla sfida di rimanere fedeli al loro carattere intimo e profondamente locale, e allo stesso tempo entrare nel competitivo mercato worldwide.

Sebbene la Cina sia un paese attraente per le aziende sudcoreane, per le sue dimensioni e vicinanza, gli imprenditori descrivono questo mercato come uno dei “più complessi” in termini di sviluppo e preferiscono spostarsi lentamente, ma inesorabilmente, verso aree come Stati Uniti ed Europa. Tuttavia, con la loro forte identità radicata nella cultura coreana o i loro riferimenti ingenui, le altre proposte rimangono inevitabilmente focalizzate su un successo locale.

Il fashion show di Grredilous alla Seoul Fashion Week - SFW


Dopo alcuni anni di ripiegamento su se stessa, la Corea del Sud sta ora vivendo un’accelerazione della propria apertura alla scena internazionale che, sotto la spinta del forte fenomeno di attrazione che i suoi prodotti generano, sta catapultando al centro del palcoscenico anche la sua moda. E se ci fosse qualche dubbio sullo “slancio” che la capitale sudcoreana sta vivendo, basta guardare in direzione del più grande brand del lusso al mondo: Louis Vuitton organizzerà sul ponte Jamsugyo, il 29 aprile, la sua sfilata Pre-Fall 2023, con il supporto di Hwang Dong-hyuk, regista della serie di Netflix di grande successo Squid Game, come direttore creativo. Una strizzatina d’occhio alla vasta clientela di lusso e alla cultura del Paese che servirà anche a mettere in bella evidenza la Corea del Sud sul planisfero della moda mondiale.

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