Ansa
10 gen 2020
Agender in salsa barocca a Pitti Uomo con Telfar
Ansa
10 gen 2020
I modelli indossano abiti unisex, pantaloni ampi in velluto plissè color ametista, jeans con altrettante pieghe a gamba larga come gonne, camicie in seta con fiocchi al collo, magliette con maniche a balze, completi da centauro in mix di piumino trapuntato e velluto liscio.
Sfoggiano vistosi gioielli d'oro e argento, collane, bracciali, orecchini e borse shopping con logo gigante al centro, sempre gold o silver. Ai piedi calzano stivali camperos o da cavallo, mocassini quasi classici o sneaker. Sfilano attorno a una grande tavola rotonda che accoglie i resti di ideale banchetto tardo rinascimentale-barocco, compresa la testa di un vero cinghiale al centro del convivio. Una scena che ricorda quasi il lascivo 'baccanale' di un film, "ma ambientato ad Harlem, come da l'opera di un artista che ha lavorato sul Rinascimento e a cui ci siamo ispirati", spiega lo stilista afro-americano Telfar Clemens, ospite con il suo brand di Pitti Uomo, come Special Project che sfila nelle sale di Palazzo Corsini, a Firenze, nel tardo pomeriggio della terza giornata della manifestazione. La collezione realizzata con il direttore artistico del marchio Babak Radboy, incorpora un design unisex con elementi di sportswear funzionale, ed è presentata in collaborazione con Slam Jam.
Il marchio, fondato nel 2005 a New York, porta in scena a Firenze il concetto di moda fluida, "simplex", ovvero "simple + complex", come spiega lo stesso stilista nell'anteprima della sfilata. Tradotto in spicci, una collezione in stile agender, o unisex. "La verità è che mi occupo di moda da quando avevo 15 anni, perché non trovavo mai l'abbigliamento giusto per me. Così ho cominciato a disegnare i miei vestiti". Telfar Clemens è nato nel Queens, a New York, da genitori liberiani. Trascorre parte dell'infanzia in Liberia e successivamente torna con la famiglia negli Stati Uniti. Ma alla domanda dell'Ansa su cosa ne pensa di Trump e della sua politica con ai paesi arabi risponde: "Io sono africano. Trump è orrendo".
Telfar inizia a creare abiti per sé mentre frequenta le scuole superiori, perché non riesce a trovarne di adatti alle sue esigenze nei negozi. Nel 2003 dà vita alla sua prima collezione rielaborando abiti vintage, che vende nelle boutique del Lower East Side e di Soho a New York. Nel 2005 lancia il suo brand 100% unisex Telfar, che presenta in gallerie e club della città. Prima di essere scoperto dal mondo della moda, Telfar espone le sue creazioni in musei di tutto il mondo, tra cui il Guggenheim e il New Museum a New York, Ica Serpentine a Londra, e una retrospettiva dedicata ai suoi primi 10 anni è presentata alla IX Biennale di Arte Contemporanea di Berlino. Nel 2017, Telfar vince il premio CFDA / Vogue Fashion Fund Award. La sua hit bag è un successo e i suoi abiti sono venduti dalla Galleries Lafayette al Dover Street Market. Ha collaborato con marchi come Converse e la catena di fast-food White Castle, per la quale ha creato uniformi unisex e una capsule il cui ricavato delle vendite è stato utilizzato per pagare la cauzione di giovani detenuti nella prigione di Rikers Island, New York.
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