AFP
Gianluca Bolelli
23 dic 2019
Adidas vuole realmente avviare una transizione verso una produzione più ecologica?
AFP
Gianluca Bolelli
23 dic 2019
“Rivoluzione” ecologica contro gli sprechi o manovra di marketing di un’industria inquinante? Il produttore tedesco di articoli sportivi Adidas, che punta a lanciare nella primavera del 2021 “Futurecraft Loop”, un paio di sneakers riciclabili al 100%, simboleggia il desiderio dei produttori di scarpe di conquistare i consumatori “ambientalisti” trasformando il loro modo di produrre.

Dal bianco al blu sfumato: sette mesi dopo aver presentato la sua “Futurecraft Loop”, la “prima calzatura” riciclabile all’infinito, Adidas ha appena lanciato la seconda fase di questo progetto che ambisce a creare un modello “circolare”, in cui le calzature per correre usate diano alla luce nuove paia di scarpe.
“Dalla generazione 1 alla generazione 2, abbiamo dimostrato a noi stessi e al grande pubblico che era possibile eliminare completamente rifiuti e sprechi”, spiega all’agenzia AFP David Quass, direttore del "business model" di Adidas. “La rivoluzione, mai vista prima nel settore, è che possiamo mantenere la qualità del materiale da una scarpa all'altra, rispondendo alle medesime esigenze” di performance, ha aggiunto.
Con quale processo? Una tecnica di assemblaggio mediante fusione di sfere in poliuretano termoplastico (TPU), che permette di ridurre il numero di componenti diversi “a 4-5 contro i 70 di prima” per una scarpa classica, eliminando contemporaneamente la colla che tiene attaccata la tomaia alla suola. Un'impresa resa possibile grazie alla collaborazione con il colosso chimico BASF.
Con il crescente aumento degli aspetti ecologici nella coscienza dei cittadini, anche altri produttori, come Eram, Salomon o TBS, si sono lanciati nel segmento della sostenibilità per “adattarsi” a questa richiesta green, espressa soprattutto dalle generazioni più giovani.
Secondo uno studio dell’agenzia Nielsen realizzato nel 2017, l’85% dei millennials, la fascia di età 21-34 anni, ritiene che sia “estremamente importante” che le aziende elaborino programmi per proteggere l'ambiente. Al punto da costituire un nuovo percorso di crescita in questo mercato stimato valere 114 miliardi di euro nel 2018, secondo lo studio NPD? “Questo può effettivamente aprirci ad altri segmenti di clienti, a un altro pubblico”, conferma David Quass.
Tuttavia, tale requisito di eco-responsabilità non si concretizza ancora nell'atto di acquisto finale dei consumatori. “C'è un aspetto paradossale”, spiega all'AFP Virgile Caillet, delegato generale dell'Union Sport & Cycle, che rappresenta 1.400 aziende della filiera dello sport e del tempo libero in Francia. Sebbene “guadagnino slancio”, “i criteri d’acquisto ambientali sono in quinta o sesta posizione, mentre i criteri determinanti sono innanzitutto comfort e prezzo, e poi la solidità”, precisa.
Ora, anche se Adidas non vuole che la sua “Loop” sia “un prodotto di lusso”, l’azienda ammette, senza rivelarne il prezzo esatto, che la scarpa sarà venduta a un prezzo simile a quello dei suoi prodotti di fascia alta, ovvero fra i 200 e i 300 euro al paio.

In considerazione del prezzo e di una produzione in serie che promette di essere limitata a “diverse migliaia di paia”, una goccia d’acqua paragonata ai 400 milioni di calzature prodotti ogni anno dal brand, ci si chiede: questo progetto è più destinato ad un'operazione di comunicazione ("green-washing") che allo sviluppo di un promettente canale commerciale?
“Non è per fare del green-washing, ma per cambiare. Non è mai troppo presto, né troppo tardi dare il via al cambiamento della maniera di produrre in questa industria, costruita diversi decenni fa”, risponde David Quass.
Nonostante altre iniziative in questa direzione implementate da più di tre anni, come ad esempio la partnership con Parley (riciclaggio della plastica negli oceani), Adidas ha tuttavia inviato segnali contraddittori con il trasferimento in Asia delle sue innovative fabbriche "Speedfactory" tedesche e americane. Un annuncio fatto a metà novembre, pochi giorni prima dell’ufficializzazione della fase 2 di “Futurecraft Loop”.
“Questo ci ha veramente sorpreso”, sottolinea Samah Habib, specialista del settore moda di Accenture, dal sito della rivista Challenges. “L’impronta ecologica è sicuramente influenzata. Questo provvedimento non va nella direzione della storia che hanno cercato di raccontare tre anni fa”.
Abbastanza per mettere in discussione la reale trasformazione di un modello economico basato sul principio del “comprare-buttare”? “A livello legislativo ora non ci sarà più scelta per gli industriali”, ricorda Virgile Caillet, riferendosi alla legge anti-sprechi del governo francese, che punta alla strutturazione di una filiera del riciclaggio per gli articoli sportivi.
“Loop” può “sbloccare un modo diverso di interagire con il consumatore, tramite nuovi modelli economici come la restituzione del prodotto o l’esplorazione del noleggio in abbonamento”, aggiunge David Quass. Percorsi "potenziali" già innovativi di per sé.
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