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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
19 feb 2019
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Addio a Karl Lagerfeld, l'ultimo imperatore della moda

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
19 feb 2019

Karl Lagerfeld, icona ineguagliata tra i grandi stilisti esistenti, direttore artistico di Chanel da più di trent’anni, si è spento la mattina del 19 febbraio all’ospedale americano di Neuilly-sur-Seine, alle porte di Parigi. Aveva 85 anni.

Addio a Karl Lagerfeld, aveva 85 anni


Spesso chiamato semplicemente “Karl”, il più celebre dei creativi era una figura imprescindibile della moda contemporanea. La sua energia inesauribile gli permetteva di disegnare più di una dozzina di collezioni all’anno, per tre griffe: Chanel, Fendi e il marchio che porta il suo nome. Oltre al suo talento nel creare abiti, Karl Lagerfeld era il più spirituale degli esiliati di Parigi dai tempi di Oscar Wilde, uno dei più rinomati designer di moda al mondo e un fotografo estremamente dotato, le cui immagini sono state presentate in numerosissime mostre e riprese in centinaia di libri.
 
Ma è soprattutto nel ruolo di Direttore Artistico di Chanel che lascerà un segno indelebile: guidando con tocco da maestro la venerabile Maison parigina, caratterizzata dallo stile unico della sua fondatrice, dal 1983 è anche arrivato a trasformarla in un marchio leggendario per qualità e senso dell’eleganza. Sotto la sua direzione, Chanel è diventata la più celebre delle griffe del firmamento del lusso mondiale, il punto di arrivo più alto a cui si confrontano tutti i suoi rivali.

La sua abilità nel giostrare tra differenti universi estetici era fenomenale. Mentre il suo marchio omonimo si distingue per proporre silhouette rigorose, neo-espressioniste e uno stile grafico, da Fendi lo stilista tedesco attingeva a piene mani dalla storia della moda, creando abiti sofisticati, volumi ingegnosi e collezioni ricche di immaginazione, mettendo a frutto le tecniche innovative sviluppate dalla casa di moda romana: pelliccia lavorata a maglia, visone rasato o ritagliato. Da Chanel, cercava costantemente di reinventare il DNA della casa parigina immergendosi nell’heritage stilistico lasciato da Coco per proporne una versione modernizzata: la famosa giacca da tailleur a quattro tasche, i twin-set, i tweed maschili, l‘abitino nero e i mitici accessori del marchio (borse in pelle trapuntata, ballerine con la punta nera, collane di perle), tutti questi prodotti iconici sono stati reinterpretati in decine di collezioni dal maestro tedesco.
 
Sebbene come fotografo di moda avesse dei detrattori, che consideravano i suoi lavori troppo posati e rigidi, Lagerfeld era un ritrattista di grande talento. Il suo libro The Little Black Jacket presentava 100 ritratti in bianco e nero del suo ampio entourage da Chanel ed è stato oggetto di ben 16 mostre in diverse città. La sua copia cartacea ha venduto oltre 250.000 copie, il libro fotografico di moda più venduto di tutti i tempi. Le sue immagini hanno impreziosito decine di edizioni internazionali di riviste come VogueElleMadame Figaro Harper’s Bazaar, spesso apparendone in copertina.
 
È persino scaturito una sorta di sottogenere di libri scritti da Lagerfeld, o con lui come soggetto: Karl in cucina; Karl sui suoi aforismi; uno con Karl a cartone animato, intitolato “Where’s Karl?” dedicato ai suoi viaggi e alla propria cerchia di intimi; parecchi sulla sua più cara amica da quando ha raggiunto gli ottant'anni, la gatta Choupette. Lagerfeld è stato riprodotto o caricaturato dappertutto, da Les Guignols al videogame Grand Theft Auto VI fino al cartone di successo mondiale Gli Incredibili, dove il personaggio di Edna ‘E’ Mode (in Italia doppiato da Amanda Lear) è un composto delle caratteristiche di Lagerfeld e Diana Vreeland.

Karl Lagerfeld saluta al fianco del suo braccio destro, Virginie Viard, al terminé della sfilata di prêt-à-porter Donna per la PE 2019 - PixelFormula


Karl Lagerfeld era famoso anche per il suo look immediatamente riconoscibile: capelli bianchi incipriati; occhiali scuri, colletti alti inamidati, redingote slim, jeans attillati e stivali cubani da tango Massaro. Una tenuta generalmente indossata con dei gioielli, dal momento che Lagerfeld era il più grande collezionista privato di spille Belperron, con le quali decorava regolarmente le sue cravatte Hilditch & Key. Curiosamente, questo maniaco dichiarato dei libri – la sua biblioteca principale nella Marne conta oltre 300.000 volumi – non ha mai scritto le proprie memorie. “Scrivere del proprio passato è l'inizio della mancanza di un futuro”, criticava.
 
A Lagerfeld piaceva nascondere le sue origini e persino mantenere misteriosa la sua data di nascita. Tuttavia, è generalmente accettato che Karl Otto Lagerfeld (più tardi avrebbe poi abbandonato il secondo nome Otto) fosse nato il 10 settembre 1933 ad Amburgo. Suo padre Christian Ludwig Otto Lagerfeld era un imprenditore giramondo che aveva assistito al terremoto di San Francisco e scampò per un pelo alla Rivoluzione Russa prima di stabilirsi ad Amburgo come amministratore delegato della principale marca tedesca di latte condensato. Sua madre Elisabeth, nata Bahlmann, era una commessa di biancheria intima di Berlino. La prima moglie del padre Otto morì prematuramente, lasciando a Lagerfeld una sorellastra, Thea, oltre ad un’altra sorella, Martha Christiane.
 
Lo stilista sosteneva che il suo cognome fosse d’origine svedese – Lagerfelt. Il couturier amava vantarsi di un antenato, un membro del Riksdag (il Parlamento) svedese, faceva parte della elegazione di dignitari che avevano accolto il maresciallo Jean-Baptiste Bernadotte sul porto di Helsingborgs quando vi approdò nel 1810 per essere eletto principe ereditario.
 
Il piccolo Karl visse i primi anni di vita nel verde sobborgo di Baurs Park, nel quartiere di Blankenese, ad Amburgo; in seguito la famiglia si trasferì a 40 chilometri a nord-est, a Bad Darmstadt, cittadina di soli 3,500 abitanti, la cui popolazione crebbe a dismisura durante la seconda guerra mondiale perché vi affluirono rifugiati orientali, prigionieri di guerra e senzatetto in fuga dal bombardamento alleato di Amburgo. Nel maggio del 1945, l'esercito britannico requisì il suo maniero di famiglia, e la sua famiglia fu costretta a dormire in una stalla di due stanze per un anno.
 
Da bambino Karl fu precoce, trascorreva ore a disegnare, a leggere o a ritagliare foto di belle ragazze dalle riviste, mentre sedeva sulla terrazza della casa di famiglia. Lagerfeld si trasferì allora a Parigi nella parte centrale dell’adolescenza, terminando gli studi secondari nel Lycée Montaigne, cominciando a vivere e ad amare (e lo farà per lungo tempo) sulla Rive Gauche. Quando arrivò il successo e la conseguente ricchezza, cominciò a risiedere nel palazzo rinascimentale allora appartenente alla famiglia Pozzo di Borgo. Ultimamente viveva in un appartamento iper-modernista che dava sulle banchine della Senna con vista sul Louvre, decorato, scherzava, “come una sala operatoria per bambini nati prematuramente”.
 
Studiando all'Ecole de la Chambre Syndicale de la Couture Parisienne in rue St Roch, è diventato amico di un altro allievo destinato a diventare mitico, Yves Saint Laurent, di tre anni più giovane di lui. La coppia divenne famosa nel 1954, quando vinsero i primi premi – Yves per un abito e Karl per un cappotto – del concorso di design organizzato dall’International Wool Secretariat. Questo episodio ha innescato una rivalità destinata a durare 44 anni, inizialmente amichevole, ma successivamente profondamente aspra, dopo che il compagno di Karl, l’impetuoso aristocratico Jacques de Bascher, divenne l'amante di Saint Laurent.

L'opinione pubblica resterà per sempre divisa su quello che è diventato il conflitto più leggendario della moda. Molti in Francia cominciarono a considerare Lagerfeld come il talentuoso ma geloso Salieri che masticava amaro rispetto al Mozart-Saint Laurent. E mentre la vita di piaceri ed eccessi di Mozart si concludeva in ancor giovane età in una fossa comune, Saint Laurent accumulò enormi ricchezze. Tuttavia anche lo stilista francese morì come un miserabile recluso nel 2008, all'età di 71 anni. La sua morte contribuì a liberare mentalmente Lagerfeld, che si prodigò in una straordinaria esplosione di creatività; un periodo di magnifici show e collezioni per Chanel e Fendi, in cui ha preso il concept della sfilata-spettacolo elevandolo verso inediti livelli di sofisticazione – sfilando sulla Grande Muraglia cinese, il Lido di Venezia e persino al Pas​eo del Prado all’Avana.

Karl Lagerfeld (a sinistra) e Yves Saint Laurent (terzo da sinistra) nel 1957 al Premio dell'International Wool Secretariat. - Karl Lagerfeld collection particulière


Le scenografie degli show di Chanel erano perfino più elaborate di quelle dei set del regista statunitense Cecil B. DeMille o di uno show di Broadway: Lagerfeld ha fatto riprodurre Versailles; un paesaggio lunare o le distese dell’Artico al Grand Palais. Un défilé presentava una versione in finto cemento alta 50 metri della giacca da tailleur Chanel; un altro un imponente leone veneziano dorato, l'animale-feticcio di Coco.
 
Lagerfeld ha anche scritto e diretto (con la mano sinistra, a dire il vero) un'eccentrica mini serie di cortometraggi di finzione sulla vita di Coco Chanel, mescolando fatti veri, finzione e mito. Le protagoniste dei corti erano attrici famose, da lui scelte personalmente: Keira Knightley, Diane Kruger, Vanessa Paradis, Kristen Stewart, Anna Mouglalis, Astrid Bergès-Frisbey, Rooney Mara, Julianne Moore e Cara Delevingne – ogni nome più brillante del successivo.
 
Sotto il suo comando, l'atelier di Chanel divenne il laboratorio più innovativo della moda. Basta ammirare l’abito con cui vestì Julianne Moore mentre riceveva l’Oscar 2015 come miglior attrice per Still Alive: un abito bianco d’alta sartoria coperto di 80.000 paillette dipinte a mano, per il quale 27 persone hanno lavorato per un totale di 987 ore; o considerare il suo leggendario e bellissimo vestito di chiffon rosa a strati indossato da Nicole Kidman nella stessa cerimonia.
 
Nel suo primo lavoro come assistente a Pierre Balmain negli anni '50 ha lavorato umilmente in un ruolo di puro servizio, ma è lì che ha imparato le tecniche e il know-how che avrebbe poi usato per guidare l'atelier di Chanel. Anche se era pagato una miseria, un generoso assegno di suo padre permise a Lagerfeld di guidare per Parigi in una Mercedes 300 SL “Gullwing”, con le portiere ad ali di gabbiano. Arrivato ad ottant’anni di età, veniva accompagnato in giro da un autista su una Bentley Continental o un Hummer.
 
Nel 1964, la sua carrierà accelerò quando ottenne il suo primo lavoro importante da Chloé. Inizialmente assunto dal fondatore Gaby Aghion per disegnare solo due look per stagione, alla fine del decennio aveva trasformato la piccola etichetta parigina in uno dei marchi più influenti del settore. Karl creò i leggendari abiti “nudi” di Chloé ispirandosi ai vestiti indossati dagli studenti nel Quartiere Latino; e fece realizzare le iconiche pubblicità di Chloé con le foto di Helmut Newton.
 
È ironico pensare che sebbene abbia passato la vita a sviluppare il personaggio unico di Karl Lagerfeld, lo stilista abbia dedicato molta meno attenzione alla creazione del proprio marchio. “Sono un mercenario su commissione”, ricordava spesso.
 
In definitiva, il suo tallone d'Achille era il suo brand eponimo, che è stato comprato e venduto cinque volte in altrettanti decenni, registrando perdite la maggior parte degli anni. Tuttavia, la fama mondiale del suo direttore artistico nell'era digitale è stata tale da riuscire a trasformarlo in affare redditizio (nel frattempo ribattezzato K Karl Lagerfeld) all’inizio del XXI secolo. Anche se con scaffali pieni di articoli che hanno inorridito la maggior parte degli appassionati di moda – come la serie di bambole dall’effigie di Karl. Riconoscendo tutto ciò, ha osservato: “Quando ero più giovane volevo fare il caricaturista. Alla fine sono diventato una caricatura”.

Karl Lagerfeld circondato dalle sue modelle al termine del défile PE 2010 -PixelFormula - PixelFormula


Ha abbracciato presto l'era digitale, e a braccia aperte; ma alla fine c'era qualcosa del gentiluomo del XVIII secolo in Lagerfeld, il cui materiale preferito non era la seta, lo chiffon o il tweed, ma la carta. In un'epoca in cui molti grandi designer non sono letteralmente capaci di disegnare, era un illustratore prodigioso. Il curatore della prima vera retrospettiva di una certa ampiezza dedicata allo stilista, a Bonn nel 2014, la sua musa intellettuale Amanda Harlech, ha notato che aveva 40.000 schizzi da cui scegliere.
 
“Disegno sulla base di ispirazioni che mi vengono come fossero dei flash elettronici. Vedo quelli e nient’altro. I miei schizzi sembrano già il risultato definitivo. Non faccio dei drappeggi e intanto ascolto Verdi! Sono un designer”, disse una volta a Madame Figaro.
 
La sua vasta gamma di talenti si è estesa fino al disegnare i costumi per il cinema, in particolare per il film danese premio Oscar Il pranzo di Babette, fino a quelli per il teatro dell'opera, allestendo produzioni al Teatro alla Scala, a Milano, al Burgtheater di Vienna e al Festival di Salisburgo. E anche per le dive del rock, da Madonna per il suo “Re-Invention Tour” allo “Showgirl Tour” di Kylie Minogue.
 
Nel novembre del 2004, Lagerfeld ha sostanzialmente inventato una categoria di moda completamente nuova, il Masstige, concept di marketing che rappresenta l’incontro fra l’abbigliamento con prezzi per il mercato di massa e il prestigio dei grandi marchi del lusso, quando ha concepito la prima collaborazione di design con H&M. Nel giro di due giorni la collezione di abbigliamento per uomo e donna, prodotta in edizione limitata, era già esaurita in varie centinaia di boutique H&M, con le cronache che riferiscono di orde disperate di fanatici della moda che si accapigliavano in mini-risse per avere quei vestiti.
 
Vero stacanovista, Lagerfeld lavorava anche in vacanza. Agosto lo passava sempre a St. Tropez; un primo viaggio nel 1970 sul Train Bleu; ultimamente su jet privati a La Ramatuelle, disegnando sulle rive del mare per settimane. I giornalisti e gli addetti ai lavori non hanno mai smesso di essere impressionati dalla sua conoscenza enciclopedica della cultura, del design e dell'arredamento francesi, per la sua sensibilità artistica e per la sua abilità nel fare giochi di parole in quattro lingue diverse – sempre esprimendosi quasi come una mitragliatrice, in un flusso di coscienza che lo portava a buttare fuori precipitosamente ogni cosa che sapeva. Il suo giudizio sulla professione che ha scelto: “La moda non è né morale né immorale – ma può far bene al morale”. Spesso considerato un elitario snob, era comunque sempre cortese, e si rivolgeva alle signore che pulivano i pavimenti delle boutique Chanel con lo stesso tono di voce e nel medesimo modo distinto che utilizzava parlando ad una principessa o a un milionario.
 
Nei suoi ultimi giorni di vita, la sua migliore amica è stata l’amata gatta Choupette. Quest’ultima aveva addirittura ispirato una capsule collection al designer tedesco: berretti a maglia con orecchie di gatto e vibrisse di cuoio, cover per iPad e iPhone o guanti in pelle senza dita, proprio come quelli che Karl portava sempre. Sebbene molte raccolte successive siano state spesso disegnate sull’iPad, i suoi momenti più felici sono stati probabilmente quelli trascorsi lavorando con i suoi materiali preferiti – penna e carta. Nonostante talvolta, da buon iconoclasta, invece delle penne usasse degli eyeliner di Shu Uemura.
 
Sebbene sia stato il “mercenario” meglio pagato della storia della moda, con uno stipendio annuo stimato superiore a 30 milioni di euro, Lagerfeld – a differenza di molti stilisti – collezionava poco, oltre ai libri, ai manifesti tedeschi degli inizi del XX secolo e ad una buona quantità di proprietà. Pochi designer saranno mai così generosi di oggetti e idee: inviava continuamente regali e ringraziamenti scritti a mano a una vasta cerchia di amici e influenti giornalisti.

Con l'amata Choupette. Foto: Karl Lagerfeld


Nell’era di Internet è diventato il designer più riconoscibile della moda, permanentemente assediato dagli appassionati dei selfie. “Da Colette mi danno una guardia del corpo dedicata. La gente è spesso aggressiva. È davvero strano, perché non sono un cantante o un attore o un sex symbol”.
 
Non avendo mai veramente bevuto, fumato o consumato droghe, la longevità di Lagerfeld era poco sorprendente. Tutti i parenti stretti di Lagerfeld sono morti tanti anni fa. Sua sorella è morta nel 2014, ma una “famiglia” molto più ampia gli è sopravvissuta, fatta di una coorte di suoi devoti collaboratori nelle tre case di moda in cui lavorava.  Alla fine, è stato lasciato con il suo bel gruppo di “figli”. Affascinanti giovani uomini, che hanno sfilato in show di Chanel e gli facevano anche da gelosissime guardie del corpo, come il modello Brad Kroenig. Il suo favoritro era dichiaratamente il “nipote”, ovvero il figlio maggiore di Brad, Hudson Kroenig. In lui non scorre nemmeno una goccia del sangue di Lagerfeld, ma molti si aspettano che Hudson sarà il destinatario principale del testamento del designer. Disse Lagerfeld, mescolando come sempre l'ironia con la verità: “Io amo i bambini, basta che non siano miei”.

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