Abbigliamento a compressione: nessun effetto sulla performance, secondo Nike
Nike ha finanziato uno studio che ha concluso che gli indumenti compressivi non permettono di migliorare la performance – fatto che potrebbe ostacolare alcuni dei suoi concorrenti.
Lo studio è stato condotto dal dipartimento di terapia fisica dell’Università dell'Ohio. I dati ottenuti non mostrano nessuna differenza di performance per quanto riguarda l’ampiezza dei salti degli atleti o la loro forza, quando indossano indumenti per la compressione muscolare. Questi risultati sono stati recentemente presentati all'American College of Sports Medecine.
Lo studio ha coinvolto 17 atleti, che hanno indossato alternativamente calzamaglie e pantaloncini ad alta e bassa compressione prodotti da Nike. I risultati dello studio non hanno mostrato nessuna differenza in termini di prestazione sportiva o di tempo impiegato per una corsa. I vestiti a compressione avrebbero quindi solamente un effetto placebo sui runner desiderosi di migliorare le loro performance.
L’ipotesi di base delle calzamaglie e degli indumenti sportivi per la compressione muscolare è che comprimendo i muscoli gli atleti subiscono meno vibrazioni, il che corrisponde a un minore dispendio di energia. Le tecnologie di compressione sono commercializzate non solamente per aumentare la resistenza, ma anche per ridurre i tempi di recupero o migliorare la circolazione sanguigna.
Anche se lo studio mostra che le vibrazioni sono effettivamente ridotte quando s’indossano indumenti a compressione, le cifre non mostrano alcuna differenza in termini di tempi di percorrenza. Né la velocità né la performance sono influenzate dalle fibre di compressione.
Dice Ajit Chaudhari, dell’Università dell'Ohio: “Non abbiamo trovato nessuna indicazione [del fatto che gli indumenti compressivi] migliorino la performance, dunque per una persona che porta queste calzamaglie specificatamente per aumentare la sua prestazione, direi che non ci sono prove che valgano il tempo o il denaro richiesto per acquistarle”.
Se questo fatto non dovrebbe avere ripercussioni per Nike, che dispone di un gran numero di categorie di prodotti e può dunque adattarsi facilmente alla scoperta, marchi come Under Armour, per il quale l’abbigliamento di compressione costituisce il core business, potrebbero avere difficoltà a spiegare ai loro clienti perché dovrebbero continuare a comprare questo tipo di prodotti.
Si pone allora la questione di capire quale sarà il futuro degli indumenti sportivi per la compressione muscolare, alla luce delle conclusioni alle quali è giunto lo studio. Come fa notare Ajit Chaudhari: “Se una persona pensa, ‘Ho davvero bisogno di migliorare i miei record personali e utilizzerò questi pantaloni e pantaloncini tecnici perché mi aiuteranno ad incrementare le mie prestazioni’, bisogna che sappia che sarà come fare un buco nell’acqua”.
Versione italiana di Gianluca Bolelli
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