A Milano, la moda lentamente cerca di tornare alla normalità
Dalle principali arterie commerciali al Quadrilatero della Moda, il comparto Fashion è ancora in difficoltà a Milano. Anche se l’Italia è uscita dal contenimento l'11 maggio, i negozi “non alimentari” non hanno potuto riaprire fino al 18 maggio. Oltre il 95% dei negozi di abbigliamento e accessori ha risposto alla chiamata della riapertura a Milano. Ma dopo un primo giorno di euforia, il ritmo degli acquisti è rallentato nettamente e molti sono rimasti delusi.
Una settimana dopo, l’affluenza di persone nelle migliori vie dello shopping della città è piuttosto ridotta. Nel cuore della metropoli, in Piazza del Duomo, come anche nell'adiacente strada pedonale, corso Vittorio Emanuele II, fiancheggiata dalle boutique di molte delle insegne più popolari e che una volta convogliava una folla fitta e compatta di passanti, a metà giornata di martedì 26 maggio si ha l’impressione di essere a metà agosto, quando la città principale della Lombardia si svuota quasi completamente.
Una parvenza di animazione si percepisce all'ingresso solo di alcuni, rari negozi, anche se siamo lontani dall’abituale ressa. Ad esempio da Zara, dove una cliente ammette di essersi innamorata di “una giacca di cotone a un prezzo molto buono”, oppure da Rinascente.
Grandi poster colorati proclamano a caratteri cubitali “We are back”. Ma non tutti i clienti sono tornati. I famosi grandi magazzini milanesi, che normalmente accoglievano 30.000 visitatori quotidiani, ora ne contano solo 3.000 al giorno, il 10%. “Welcome back” annuncia solennemente la vetrina del marchio di lusso accessibile Luisa Spagnoli. Stessa cosa, ma in italiano, da Zara, che si trova giusto di fronte: “Bentornati!”.
Nel quartiere vicino, dedicato al lusso, le vie che si aprono attorno alla prestigiosa Via Montenapoleone, da Via della Spiga a Via Gesù, sono decisamente deserte. “Prima qui c'erano solo turisti. Con gli aeroporti chiusi e i problemi della quarantena, oggi non c’è più nessuno. Per non parlare del fatto che molti dipendenti degli uffici del centro continuano a lavorare da remoto. Per quanto riguarda i clienti locali, non acquistano beni di lusso”, commenta contrariato uno dei tre venditori del flagship store milanese di Stefano Ricci, ammettendo che “dopo la riapertura, i nostri clienti abituali non sono tornati”.
In effetti, diverse boutique di lusso hanno tenuto le porte chiuse in questo quartiere, che al momento è troppo poco frequentato, preferendo lasciare i loro venditori ancora in cassa integrazione. Gli altri negozi sulla Via Montenapoleone, compresi quelli della maggior parte dei grandi nomi della moda, sono aperti, ma purtroppo tristemente vuoti. Dietro le grandi porte di vetro, ci sono solo le guardie di sicurezza in abiti neri, i volti mascherati, intenti a giocherellare con il termometro per misurare la temperatura corporea tra le mani guantate, pronti ad utilizzarlo sul primo visitatore che varchi la soglia.
Bisogna allontanarsi dal centro e risalire fino a Corso Buenos Aires per trovare un po' più di folla. Qui, gli incoraggianti slogan di benvenuto lasciano il posto ad allettanti annunci di sconti che vanno dal -25 al -40% per le mid season sales, ovvero i saldi di metà stagione.
Alla luce della situazione attuale, queste vendite scontate potranno essere estese eccezionalmente fino all'inizio dei saldi, cioè fino alla fine di luglio. I saldi sono stati rimandati dal primo sabato di luglio all'inizio di agosto. Un modo per aiutare i dettaglianti a smaltire le scorte accumulate durante il contenimento.
Lungo il viale, le finestre sono coperte da poster esplicativi con il numero di persone autorizzate ad entrare nel negozio e la procedura da seguire: le segnalazioni sul terreno, il passaggio obbligatorio alla postazione del gel idroalcolico e dei guanti da indossare, quando non è una commessa che viene direttamente ad accogliervi con il termometro frontale. Alcuni brand sono in fase di riallestimento dei punti vendita, come ad esempio Pittarosso, dove gli scaffali sono ancora vuoti.
“Quando abbiamo chiuso a marzo, avevamo la collezione invernale, che abbiamo dovuto restituire. Al momento, tutto è abbastanza tranquillo, perché non ci sono turisti né molte persone in generale”, indica una commessa agganciando le borse a un espositore.
Nella boutique di Calzedonia, possono entrare solo tre clienti alla volta. “All'apertura c'erano molte persone. C’era la coda fuori, ma le persone sono molto educate. Capiscono la situazione. Poi tutto si è placato. Stiamo ancora tastando il polso della situazione. La voglia di comprare è bassa”, ha detto uno dei venditori.
A fianco, dal concorrente Intimissimi, anch’esso specializzato in biancheria intima, si nota che “non ci sono molte persone. Non siamo certo pienissimi, ma quelli che vengono spendono abbastanza”. Non lontano, la manager di un piccolo negozio di camicie si rammarica di “aver visto davvero poche persone sabato. Non me l'aspettavo”.
“Il primo feedback è piuttosto negativo, ma è ancora presto per avere un quadro chiaro della situazione”, sostiene Rocco Urga, segretario di FederModaMilano, che unisce i commercianti di Milano e della sua provincia. “C'è un forte desiderio di tornare alla normalità, ma anche molta confusione e preoccupazione per il persistere di questa situazione”.
Secondo un sondaggio effettuato dall’organismo nella prima settimana di apertura post-contenimento, il 66% dei rivenditori, vale a dire due terzi di essi, ha registrato un calo di fatturato compreso tra il 30 e il 60% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Quasi il 18% dei negozi è rimasto stabile e il 16% ha registrato aumenti, soprattutto quelli che sono meno dipendenti dal turismo.
Lo scontrino medio è stato di 108 euro. Infine, i dettaglianti hanno notato che ormai adesso i milanesi preferiscono pagare con carta di credito e molto meno in contanti per paura del contagio.
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