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16 nov 2017
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22° Fashion & Luxury Summit: qual è il futuro della moda italiana?

Pubblicato il
16 nov 2017

Si è svolto il 16 novembre a Milano presso la sede di Borsa Italiana il 22esimo Fashion & Luxury Summit, organizzato da Pambianco Strategie di Impresa e Deutsche Bank, che con il titolo “Il futuro della moda italiana” quest’anno ha voluto analizzare le strategie e gli strumenti che oggi le aziende hanno a disposizione per crescere a livello internazionale.

Il 22° Fashion & Luxury Summit di Pambianco Strategie di Impresa e Deutsche Bank


Ad aprire i lavori della mattinata il CEO di Borsa Italiana, nonché padrone di casa, Raffaele Jerusalmi, che ha ricordato come la moda sia un settore fondamentale non solo per l’economia italiana in generale, ma anche per la Borsa: oggi sono 42 le aziende del fashion quotate e 40 le imprese che fanno parte di Elite, il programma creato dal London Stock Exchange Group in Borsa Italiana nel 2012 per supportare la crescita delle imprese. “Assistiamo a un grande interesse degli investitori stranieri nei confronti del sistema moda italiano; i numeri sono in crescita, continuano ad arrivare richieste di quotazione e la pipeline del 2018 registra già numeri record per quanto riguarda le società italiane”, ha sottolineato Jerusalmi. “Come Borsa Italiana stiamo cercando di supportare le aziende del comparto nell’avere visibilità a livello internazionale: il 18 dicembre lanceremo l’iniziativa “Listed Branded Italy”, una vetrina per aziende e brand conosciuti a livello internazionale, selezionati da investitori e analisti di diverse parti del mondo: il progetto partirà con 22 aziende, delle 67 ritenute papabili, e con un indice dedicato che valorizzerà tali società”.

Raffaele Jerusalmi, CEO di Borsa Italiana


Nel suo intervento, Flavio Valeri, Chief Country Officer di Deutsche Bank Italia, ha sottolineato che sebbene le banche estere abbiano la tendenza a focalizzarsi sui grandi gruppi, Deutsche Bank ha a livello locale programmi e servizi per supportare tutta la filiera delle piccole e medie imprese italiane. È inoltre di fondamentale importanza capire come il mondo della distribuzione internazionale si approcci all’universo moda e lusso, settore che cresce del 6/7%, con un export italiano in aumento del 4/5%.

Flavio Valeri, Chief Country Officer di Deutsche Bank Italia


David Pambianco, CEO di Pambianco Strategie di Impresa, ha analizzato la rivoluzione digitale in atto e il suo impatto sulle aziende della moda, presentando una ricerca svolta su un campione di aziende, piccole, medie e grandi, con un fatturato complessivo di 8 miliardi di euro. Per inquadrare il contesto, Pambianco ha sottolineato i numeri enormi del mondo digital, con società come Amazon, che fattura 136 miliardi di dollari, Google, 90 miliardi di dollari, e Facebook, 28 miliardi di dollari.

I protagonisti di questa rivoluzione digitale sono i giovani (21-37 anni), che oggi rappresentano circa il 25% del mercato del lusso, con una proiezione al 40% nell’arco dei prossimi 5/7 anni. Si tratta di consumatori che si comportano allo stesso modo in tutto il mondo, le differenze non sono più geografiche, ma anagrafiche. Per rimanere competitive in questo scenario, le aziende devono affrontare significativi cambiamenti in quattro aree: la gestione del brand e la sua comunicazione, l’offerta di prodotto, i canali di vendita e l’organizzazione interna.

David Pambianco, CEO di Pambianco Strategie di Impresa


Per quanto riguarda la comunicazione del marchio, con 3,4 miliardi di smartphone al mondo c’è sempre più la necessità di produrre contenuti per interagire con i consumatori tramite Internet e i social, dove oggi sono presenti il 90% dei brand. Analizzando i marchi con maggiore numero di follower sui social, è interessante notare come i follower su Instagram siano cresciuti del 67% nei primi 10 mesi del 2017 rispetto al 2016, mentre quelli su Facebook solo dell’8%; Instagram si conferma così il social d’elezione per il mondo fashion. Altro dato interessante si evince dal confronto degli investimenti pubblicitari tra il 2012 e il 2016: la stampa è scesa dal 67% al 46% del totale degli investimenti, la pubblicità online è cresciuta dall’1% all’11% e le campagne social, che ancora non esistevano, dallo 0% al 12%.

Sul fronte prodotto si assiste a una frammentazione delle collezioni, passate da 3 a 5 in un anno, tra main collection, pre-collection, cruise, capsule e flash. Analizzando i canali di vendita, oggi le grandi aziende realizzano l’80% del proprio fatturato con il retail e il 20% con il wholesale; per le medie imprese la proporzione è 32% - 68%. Si sta assistendo però a un rallentamento dello sviluppo retail, che nel 2016 è cresciuto solo dell’1,8% a fronte di tassi di crescita dell’8/9% gli anni precedenti, e di una forte focalizzazione sull’e-commerce.

Oggi infatti il negozio fisico non è più l’unico punto di contatto con la clientela, si cerca di ottimizzare il network, puntare su negozi più piccoli e sull’esperienza d’acquisto per aumentare il traffico nel punto vendita. I principali siti di e-commerce fatturano miliardi (Zalando 3,6 miliardi, Venteprivée 3,1 miliardi, Ynap 1,9 miliardi) e anche i principali department store e store multibrand diventano e-tailer: Neiman Marcus fattura online 1,5 miliardi di dollari (il 30% del fatturato totale) e l’italiana Luisaviaroma oltre 100 milioni di euro, circa il 95% del suo giro d’affari. Nel campione di aziende analizzato l’e-commerce vale 250 milioni di euro sul totale di 8 miliardi, il 52% delle aziende gestisce direttamente il proprio e-commerce e il 48% tramite partner. Il 62% delle aziende ha iniziato a implementare una strategia omnichannel e ben il 79% dispone di un CRM per interagire con i clienti.

A conclusione del suo intervento, David Pambianco ha sottolineato come oggi le aziende per continuare ad avere successo e cavalcare l’onda digitale anziché esserne sommersi devono dotarsi di nuove competenze e nuove figure professionali, come il fashion content creator, il digital merchandiser e il digital marketing specialist. Con una sola parola d’ordine: innovazione.

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