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Pubblicato il
3 dic 2014
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'Faking it': a New York in mostra l'arte del falso

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Ansa
Pubblicato il
3 dic 2014

Due abiti a confronto, da un lato un Gabrielle 'Coco' Chanel del 1966, dall'altro lo stesso. Due esemplari apparentemente uguali in realtà diversi. Uno, infatti, è un originale, l'altro è una copia autorizzata. Il tessuto è lo stesso ma i dettagli fanno la differenza.

Alcuni degli abiti esposti nella mostra - Foto: fitnyc.edu


I due capi sono il biglietto da visita della mostra 'Faking It: Originals, Copies and Counterfeits' allestita dal Fashion Institute of Technology di New York, inaugurata il 2 dicembre scorso ed aperta fino al 25 aprile 2015. Si tratta di una mostra che esplora i vari livelli di autenticità nella moda spaziando dagli originali, alle copie autorizzate passando per le 'diffusion line' fino ai veramente falsi.

Circa 100 pezzi che coprono un arco di tempo di 150 anni provenienti dalla collezione Fit e alcuni dei quali mai messi in mostra prima. "Charles Frederick Worth - ha detto la curatrice Ariele Elia - è di fatto il primo designer ad avere creato una 'griffe' firmando i suoi capi e questo fece delle sue creazioni pane per i denti per i falsari".

Il 'falso' quindi comincia a farsi strada tra la fine del XIX secolo e inizio XX e nel 1914 il numero di falsificazioni delle firme era già arrivato a due milioni. "Gli stilisti - continua - hanno cercato in vari modi di impedire che i loro capi venissero copiati. Madelaine Vionnet ad esempio era solita autenticare l'etichetta con l'impronta del suo pollice. Purtroppo ciò non ha impedito di riprodurre falsi".

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, le creazioni di Dior erano diventate oggetto del desiderio tra le donne negli Stati Uniti. Un sogno a portata di poche tasche e che ha scatenato la mano dei falsificatori per accontentare tutte le richieste. Così Christian Dior e altri stilisti europei hanno cercato di limitare i danni sia autorizzando i principali department store a vendere copie autorizzate degli originali sia creando linee secondarie da vendere negli Stati Uniti.

Alla fine degli anni '50 è stato invece Emilio Pucci a creare il copyright dell'etichetta firmandola anche. Chanel invece più che 'combattere' il nemico ha preso la copia come una forma di pubblicità gratuita per le sue creazioni.

"Il falso vero e proprio - spiega la Elia - è esploso alla fine degli anni '80, con la Cina ha cominciato a produrre copie contraffatte di nomi come Louis Vitton, Gucci, Chanel. Internet ha fatto il resto, consentendo ad esempio di acquistare borse del valore di migliaia di dollari per poche decine di dollari". Italia, Francia e Regno Unito sono i paesi con le regole più ferree contro la contraffazione. Negli Stati Uniti purtroppo non c'è una legge che protegga il copyright. Nel 2012 è stata proposta una legge ma il Congresso ancora non l'ha approvata.

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