Surrealismo con un tocco femminista da Dior
Dal suo arrivo alla direzione artistica di Dior, Maria Grazia Chiuri ha promosso una “campagna femminista” nel mondo della moda. E per questa stagione, la stilista ha aggiunto un tocco di femminismo alla collezione presentata all’Alta Moda di Parigi.
Dalla scenografia, al trucco, alla collezione, lo show è stato un omaggio a Leonor Fini, una surrealista argentina famosa negli anni ’30, che viveva tra Roma e Parigi, dove si è svolta la sua prima mostra, proprio nella galleria personale di Monsieur Christian Dior.
Impossibile non amare le deliziose combinazioni di gilet dal taglio maschile e gonne in tulle; davvero splendide le tuniche in merletto e gli abiti da cocktail in pizzo grigio con dettagli neri.
Dopo appena due anni in quell’istituzione parigina che è Dior, la romana Chiuri sa molto bene come guidare il suo atelier: i suoi abiti da sera con ricami a testa di cinghiale erano davvero teatrali. E la colonna di tulle ornata di lustrini argentati che sembravano una replica esatta del busto femminile avrebbe sicuramente scatenato una standing ovation da parte di Man Ray.
Per le donne che lavorano c’erano molte proposte di alta sartoria, come le bar jacket reinventate come smoking da uomo. E per momenti meno formali, una mezza dozzina di look semitrasparenti, con reti e tessuti combinati in modo artistico.
Ad aumentare l’effetto, molte delle modelle indossavano maschere in tulle nero e metallo dorato e orecchini a forma di grandi occhi sbarrati. Attorno al loro collo, finti tatuaggi con molti termini artistici.
“Leonor Fini è stata l’incarnazione dell’idea, rivoluzionaria per i suoi tempi, che una persona deve sempre rimanere indipendente e reinventarsi come una rappresentazione di tutte le realtà possibili”, ha scritto Maria Grazie Chiuri nel programma della sfilata, esprimendo alla perfezione la sua visione della collezione.
“Reinventarsi” era anche il leitmotiv della prima fila, zeppa di supermodel e grandi attrici: come le star della passerella Erin O’Connor, Natalia Vodianova, Arizona Muse e le dee del grande schermo Gemma Arterton, Emily Blunt e Clotilde Courau. A testimonianza del sempre più grande potere di Dior.
“Meraviglioso!”, ha esclamato Bernard Arnault, presidente di LVMH, che detiene Dior, dopo aver accompagnato gli ospiti nel backstage di questo sogno retro-surrealista.
Orecchie, braccia, nasi e piedi in plastica dalle dimensioni enormi pendevano dal soffitto, fino allo spazio creato nel giardino del Musée Rodin, passando per i tendaggi ecrù: ci si sentiva davvero trasportati negli anni ’30. E questa è una delle debolezze della collezione: i capi sono tutti ben riusciti, in alcuni casi davvero belli, ma sembrava di essere in un “viaggio nel tempo” della moda verso il passato, piuttosto che proiettati nel futuro.
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