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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
30 giu 2018
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Sir Paul Smith: l’ultimo dei grandi stilisti di moda indipendenti

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
30 giu 2018

Sir Paul Smith è forse l’ultimo dei grandi stilisti di moda indipendenti. Un gentleman alla testa di un marchio internazionale, che ha costruito lui stesso con tre strumenti principali: uno stile inconfondibile e distinto, bei vestiti, e la sua energia unica.

Paul Smith


Circondato da conglomerati del lusso, hedge fund, fondi avvoltoio, e gruppi cinesi o mediorientali gestiti a livello statale costantemente alla ricerca di marchi da comprare, è difficile immaginare che alcuni creativi indipendenti siano riusciti a mantenere il controllo sul loro destino.
 
Di conseguenza, il Cavaliere più celebre della moda è un po’ malinconico, perché teme che questo mestiere possa pian piano scomparire. Specialmente dopo che il collega Dries Van Noten ha ceduto il controllo della sua azienda proprio questo mese. “Ciò che è eccezionale, e non ho alcun problema a dirlo, è che siamo tra gli ultimi creatori indipendenti rimasti. Tristemente, abbiamo perduto Dries questo mese”, ci confida Paul Smith, in occasione di un pranzo nel suo quartier generale di Parigi. “Conosco Dries e sono sicuro che tutto funzionerà e gli andrà per il meglio. È interessante perché Paul Smith e Dries Van Noten sono spesso collocati nella stessa categoria. Siamo collegati da un certo lato giocoso, un amore per il colore, anche se Van Noten ha un DNA d’sipirazione molto più etnica. Penso che siamo gli ultimi a partecipare di persona ai saloni del tessile-abbigliamento!”, esclama, a proposito della decisione di Dries Van Noten di vendere una quota di maggioranza della sua maison al clan catalano Puig.

La moda ha fatto di Paul Smith un uomo ricco, e anche un grande proprietario immobiliare. Possiede la sede della sua azienda a Parigi (un magnifico palazzo del XVII secolo in pietra, di sei piani, con due seminterrati e un garage che può accogliere 23 vetture) in una stimolante strada del Marais. Nel suo portaofoglio immobiliare ci sono: due edifici (con flagship) su Albemarle Street nel ricco quartiere di Mayfair; altri due a Covent Garden, e un enorme showroom su Drury Lane; dei magazzini e un mega-flagship nella sua città natale di Nottingham; un immobile di cinque piani decorato in ferro battuto a Soho, che ospita anche il suo negozio newyorchese. Senza dimenticare la sua casa di città vicino all’elegantissimo Holland Park a Londra, e una fattoria vicino a Lucca.

L'interno del negozio Paul Smith a Berlino - DR


Non male per un ragazzo che aveva deciso di far carriera nel ciclismo, ma che è finito per aprire il proprio negozio nel 1970, a soli 24 anni. Oggi gestisce 46 negozi in proprio, 190 franchising, e distribuisce le sue collezioni in 962 grandi magazzini e 846 multimarca sparsi ai quattro angoli del mondo. Per un totale di 2.044 punti vendita in 73 nazioni. “E apriremo 8 nuovi negozi in Corea del Sud quest’anno. Recentemente ne abbiamo aperti uno in Cina e un altro a Copenhagen; e prevediamo un grande opening a King’s Cross in ottobre”. Un riferimento all’attesissimo progetto urbanistico “Coal Drops”, a due passi dalla nuova scuola Central St Martins, ideato dall’architetto più radicale del Regno Unito, Thomas Heatherwick, molto conosciuto per la sua versione moderna del Routemaster Bus (il rosso autobus double-deckerlondinese) e per la Cattedrale dei Semi, il quale costruirà un edificio sui cui posizionerà una navicella spaziale.
 
E in una stagione di sfilate d’abbigliamento maschile che ha visto i debutti di due designer ossessionati dai loghi (da Christian Dior e da Louis Vuitton), Paul Smith ha solo parole sprezzanti per lalogomania. “Penso che i loghi siano un segno di debolezza personale, perché hai bisogno di indossare il nome di un marchio per mostrare chi sei, quali sono i tuoi valori. Praticamente come una stampella”, afferma il settantunenne Smith, nominato Cavaliere dalla Regina nel 2000.
 
Sir Paul possiede ancora il 70% del suo marchio di moda; il resto è controllato da Itochu, suo partner di lungo corso in Giappone. Gli affari vanno a gonfie vele. L’anno scorso, l’utile operativo della società è cresciuto del 45%, per raggiungere i 5,7 milioni di sterline (6,4 milioni di euro); il fatturato è invece aumentato del 3,5%, raggiungendo i 184,8 milioni di sterline (208,9 milioni di euro). Paul Smith si è lanciato nelle vendite online relativamente presto, nel 2004, e afferma di essere tra i primi dieci marchi distribuiti da Mr. Porter e Matches, vendendo anche le proprie collezioni su Zalando in Germania, e su Asos la sua linea di jeans.

“L’originale marchio Paul Smith era basato sul wholesale. Vendevamo solo in 80 negozi in Italia, anche con ordini di sole 5.000 sterline, ed eri felice. Erano quelli che chiamavamo “negozi mamma e papà”. Negozi all’ingrosso gestiti dalla seconda o terza generazione dei fondatori che li avevano tramandati, in città come Padova, Bologna o Mantova. Boutique fantastiche e la cosa più triste è che molti di questi punti vendita hanno chiuso o sono caduti nel dimenticatoio”, si lamenta Smith, raccontando come l’arrivo dei megastore di Zara o H&M nelle città italiane di provincia abbia decimato le boutique di moda locali.

Paul Smith - Primavera-Estate 2019 - Menswear - Parigi - © PixelFormula


Smith ha una casa in Italia da 30 anni vicino a Lucca. “Una vecchia fattoria in mezzo al nulla raggiungibile da una strada accidentata”, dice lo stilista, che trascorre molti mesi all’anno in Italia, guidando il suo classico Range Rover Defender nero quando si reca tra fabbriche di scarpe e vestiti in Toscana, in Veneto e nelle Marche.
 
La maggior parte dei grandi successi nella moda richiedono un partner, un Pierre Bergé, un Giancarlo Giammetti. Paul Smith ha il suo, o meglio la sua: Pauline Denyer, che ha incontrato a 21 anni – lei ne aveva 27. “Pauline si formava al Royal College of Art per diventare stilista di moda, così è diventata la mia insegnante di lezioni private. Dal momento che la sua formazione era basata sull’alta moda, mi ha insegnato l’importanza delle proporzioni, l’abilità che ci vuole per realizzare qualcosa di bello, il ruolo di un risvolto o di una spallina, l’importanza dell’equilibrio, dell’altezza di una manica e del modo di farla cadere… Viveva a Londra, era sposata e aveva due figli; è venuta a Nottingham per insegnare moda. All’epoca vivevo coi miei genitori. E all'improvviso, ho avuto istantaneamente una famiglia. Due levrieri afghani, due gatti a pelo lungo, due bambini!”, si meraviglia Smith.
 
Di una modestia che ritempra, rispetto agli atteggiamenti di molti suoi colleghi, lo stilista inglese fa notare: “Ho avuto una fortuna: sembra che io sia in grado di fare le cose pratiche. John Galliano è uno stilista geniale, ma probabilmente non riesce a fare ciò di cui io sono capace. Invece io non sono mai stato un grande designer, ma sono sempre stato bravo nel mio lavoro. E riuscivo anche ad imballare scatole, scrivere fatture e gestire un negozio”, dice. “Sono diventato uno stilista influente. Quello che è triste è che molti dettagli che oggi la gente considera normali (come una fodera a motivi fantasia, o un polsino a contrasto, o dei bottoni insoliti) in effetti non ci sono sempre stati, ma noi siamo quelli che li hanno pensati per primi”, puntualizza il designer britannico.

Paul Smith - Primavera-Estate 2019 - Menswear - Parigi - © PixelFormula


Come spiega la sua costante popolarità? “Penso di essere sempre stato rilevante, di essermi mosso al passo con i tempi. Come la nostra silhouette più ampia di questa stagione - dopo tutti questi anni di skinny, skinny, e ancora skinny”, spiega Paul Smith, il cui prêt-à-porter maschile, presente questo mese a Parigi, era costellato di immagini scattate da suo padre, un fotografo amatoriale, che gli ha insegnato i rudimenti della fotografia. Da allora, le opere del figlio sono state esposte in mostre in Germania (Arena; Icon) e in Italia (Casa Vogue). E il suo proflio Instagram non è certo da meno.
 
Nel corso di una carriera lunga quasi 50 anni, Paul Smith ha disegnato dei mobili per Cappellini, una moto per Bonneville, delle bottiglie d’acqua per Evian, degli snowboard per Burton, delle macchine fotografiche per Leica, dei vestiti per David Bowie, dei completi da ciclista per Rapha, dei francobolli per i Giochi Olimpici di Londra, un modello di Land Rover personalizzato, e ultimamente un paio di sneaker per New Balance e anche la maglia rosa indossata dal vincitore del Giro d’Italia di ciclismo. È proprio versatile, polivalente ed eclettico il buon Sir Paul Smith.

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