Riciclo tessile: una legge cinese minaccia la filiera mondiale
Pechino ha deciso di bandire le importazioni degli scarti destinati a essere riciclati. Una decisione che riguarda 24 materiali, tra cui plastica, carta e tessuti, ossia il 70% degli scarti spediti nell’Impero di Mezzo. Secondo gli specialisti, tale misura potrebbe accrescere gli sprechi tessili e impattare in modo pesante sulla filiera del riciclo.
È ciò che sostiene l’Institute of Scrap Recycling Industries (ISRI), l’organismo americano di riferimento per il settore, che ricorda come la regolamentazione cinese in tale ambito si sia progressivamente richiusa, dai neon nel 2007 ai prodotti elettronici nel 2013. Di fronte all’impennata degli scarti domestici, l’obiettivo di Pechino è di non aggravare ulteriormente l’inquinamento del Paese con gli scarti provenienti dall’estero.
Per il tessile come per gli altri materiali, delle alternative alla Cina esistono. “La domanda cresce in India, nel Sud Est asiatico e in America Latina, ma non abbastanza per coprire quello che spediamo attualmente in Cina”, ha sottolineato l’ISRI. “Inoltre, noi stessi non abbiamo la capacità di riciclare tutto ciò che gli Stati Uniti producono senza esportare”.
Nel 2016 la Cina è stata la destinazione del 27% degli scarti esportati a livello mondiale, provenienti principalmente dagli Stati Uniti, con 5,2 miliardi di dollari di materiali solo lo scorso anno. Un modello sul quale sono nati ecosistemi specializzati in Nord America e in Europa e reti industriali dedicate in tutta l’Asia.
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