Prada chiuderà la licenza dei profumi con Puig
Prada ha preso la decisione di non rinnovare il suo accordo di licenza nella profumeria con Puig, secondo fonti del settore che hanno conoscenza diretta della questione. È un nuovo duro colpo per l'azienda spagnola, poiché questa è la seconda azienda di grande levatura che decide di chiudere la sua collaborazione con Puig quest’anno, dopo che Valentino in maggio si è accordato col gigante francese dei cosmetici L’Oréal.
“Una delle spiegazioni possibili è che Prada abbia preso questa decisione di non rinnovare la licenza con Puig perché delusa dalle cifre di vendita”, suggerisce una delle fonti, la quale stima che il fatturato annuo generato dall'attività nella profumeria di Prada sarebbe di circa 100 milioni di euro, vale a dire la metà in meno rispetto all'obiettivo di 200 milioni di euro che Puig aveva annunciato alla stampa dopo essersi aggiudicato la licenza di Prada nel 2003.
L’Oréal e il suo rivale statunitense Coty, che dal 2013 possiede già la licenza dei profumi di Miu Miu (il marchio giovane di Prada), sono i favoriti nella corsa all’aggiudicazione della licenza di Prada, secondo alcune fonti. Prada ha tutto il tempo per fare la sua scelta, perché il contratto con Puig durerà ancora fino alla fine del prossimo anno.
Prada e Coty non hanno voluto rilasciare dichiarazioni, e L’Oréal e Puig non hanno risposto alle richieste di commento.
Valentino apportava a Puig circa 70 milioni di euro di fatturato annuo, secondo le stime. L’addio di Prada, giunto a poco tempo di distanza da quello di Valentino, rappresenterà un mancato guadagno ancora maggiore per le finanze di Puig. Ciò complicherà il compito dell’azienda familiare spagnola, che si era fissata un obiettivo di fatturato a 3 miliardi di euro nel 2025. Puig ha generato vendite nette per 1,94 miliardi di euro lo scorso anno, in aumento dell’8,6% a dati comparabili. L’azienda iberica aveva dichiarato in un comunicato, al momento della pubblicazione dei risultati 2017, che “le performance di Prada sui suoi mercati principali [avevano] anche aiutato ad ottenere ottimi risultati dalla vendita di profumi”.
Nel medesimo comunicato, Puig affermava di cercare di posizionarsi come “una società con un talento nel creare esperienze uniche che fanno sognare i consumatori”. Ma le perdite una a ruota dell’altra di Prada e Valentino pongono sicuramente degli interrogativi sulla capacità dell’azienda iberica di trattare con dei grandi marchi, preoccupati per la coerenza fra l’immagine delle loro linee di profumi e cosmetici, e quelle, attentamente studiate, delle loro linee di vestiti, scarpe e accessori, in un momento in cui le grandi case di moda cercano, più di ogni altra cosa, di attirare l'attenzione dei millennials.
Ma il margine di manovra di un marchio e dei suoi team creativi sull’immagine di un profumo o di una linea di cosmetici è spesso un punto di attrito e discordia tra case licenzianti e i licenziatari che si vedono assegnare la gestione dello sfruttamento di un prodotto. Il licenziatario cerca di massimizzare le cifre di vendita e di attirare l’attenzione con dei lanci di prodotti clamorosi ed eclatanti in un mercato estremamente competitivo (circa 2.500 profumi nuovi vengono riversati ogni anno sul mercato). Nel frattempo, la casa vuole sapere come ogni nuovo profumo o prodotto cosmetico influenzerà la sua immagine nel breve e nel lungo termine. Alcuni profumi e prodotti di bellezza restano sul mercato per decenni.
Un buon esempio di questa esigenza di controllo è quello di Burberry: ispirandosi a Dior e Chanel, entrambi proprietari del loro business nella profumeria, il marchio inglese ha acquistato la sua licenza per i profumi da Interparfums nel 2012, pagando per questa operazione delle indennità significative. Tuttavia, il marchio inglese ha retto solo cinque anni prima di gettare la spugna, rivendendo la sua attività nella profumeria e nei cosmetici a Coty. Il marchio è oggi al centro di vibranti proteste e critiche a seguito della pubblicazione di una relazione annuale sulla sua attività che fa menzione della distruzione di 28 milioni di sterline di avanzi di magazzino (31 milioni di euro), più di un terzo dei quali sono proprio prodotti rimasti invenduti dalla sua precedente licenza di profumi e prodotti di bellezza.
Il mese scorso, Puig ha acquisito una quota di maggioranza di Dries van Noten, affermando chiaramente la sua ambizione di sviluppare la linea di profumi e cosmetici del marchio. Per il momento non sappiamo se l’omonimo stilista avrà davvero voce in capitolo a proposito di questa diversificazione. Il brand Éditions de Parfums Frédéric Malle, che fa ora parte di Estée Lauder, ha fatto uscire un profumo chiamato “Dries van Noten” nel 2013, che ha avuto un successo commerciale modesto.
Il gruppo Puig possiede le maison Nina Ricci, Carolina Herrera, Jean Paul Gaultier e Paco Rabanne, ma solamente il 10% del fatturato del gruppo spagnolo arriva dal prêt-à-porter e dall’Alta Moda, secondo alcune stime. Lo scorso anno, la società ha rafforzato i poteri dei suoi dirigenti del settore della profumeria a scapito di chi gestisce l'attività nell’abbigliamento. In aprile, il gruppo ha promosso il veterano della profumeria José Manuel Albesa nell’incarico di presidente di marchi, mercati e operazioni. Questi si trovava già alla guida dei marchi di abbigliamento e accessori dell’azienda, a seguito della partenza avvenuta un anno prima del presidente di Puig Fashion, Ralph Toledano. Alcuni attori del settore affermano che il CEO di Puig, Marc Puig, nipote del fondatore, starebbe formando José Manuel Albesa in modo che possa succedergli. Marc Puig potrebbe dunque essere l’ultimo membro della famiglia Puig a dirigere l’azienda e potrebbe dimettersi a fine 2020, secondo le fonti. Per quell’anno, la licenza dei profumi di Prada sarà già arrivata a conclusione.
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