Paris Fashion Week: Christian Dior femminista ma funky
Iper femminista, ma non sempre molto femminile, l’ultima collezione per Christian Dior di Maria Grazia Chiuri ha portato la casa di moda verso qualcosa di davvero nuovo, in un anno in cui si festeggia il 70esimo anniversario della leggendaria etichetta.
Su ogni posto a sedere c’era una copia del famoso saggio “Why have there been no great women artists?” (in italiano “Perché non ci sono state grandi artiste?”) di Linda Nochlin. In passerella, abiti osé ispirati alla fine degli anni '60, quando il pamphlet femminista è stato scritto e pubblicato la prima volta; e quando il fervore rivoluzionario e il desiderio di riscrivere le regole di comportamento – specialmente per le donne – dominava così tanto il pensiero.
Ciononostante, sono stati proposti vestiti altamente commerciali e che sicuramente avranno larga influenza – proprio come l’hanno avuta i precedenti show di ready-to-wear della Chiuri da quando è diventata la direttrice creativa della maison francese. In effetti, non è stato possibile assistere ad una sfilata a New York, Londra, Milano e ora Parigi senza individuare qualcuno nella prima fila che indossava le strap shoes della Chiuri “J’Adior”. E lo sbiadito blu-tuta da lavoro della scorsa stagione (cambiamento radicale rispetto al grigio pallido tipico di Dior) è diventato quasi onnipresente nella moda.
Sulla passerella, i fondali e le pareti dello spazio erano coperti da grandi lastre di vetro frantumato. Il finale della stilista italiana ha presentato una mezza dozzina di vestiti fatti con vetri rotti, ai quali erano applicate delle cinghie di cristallo con il nome della maison come finitura. Il che ha simboleggiato quanto la Chiuri sia determinata a rompere i codici di Dior, anche se nel contempo li celebra. Si sente che il regno della Chiuri da Dior è ancora molto simile a un lavoro in corso: rappresentato dall’ingresso personalizzato alla tenda del défilé di Dior, costruita nel giardino del Museo Rodin. Si trattava di un grumoso muro di cemento, dal quale spuntavano barre di ferro arrugginite. Sulla superficie, con lettere alte mezzo metro, una citazione di Niki de Saint Phalle.
Vi si leggeva: “Se la vita è un gioco di carte. Siamo nati senza conoscerne le regole. Eppure dobbiamo giocare le nostre mani. Nel corso dei secoli, la gente ha amato giocare con le carte dei tarocchi. Poeti filosofi alchimisti artisti si sono dedicati alla scoperta del loro significato”.
La stessa artista (amica di lunga data dello stilista di Dior, Marc Bohan) e il suo eccentrico stile personale, nonché “la sua bellezza più adolescente che androgina, piccola e ardente”, come l’ha definita la Chiuri, erano al centro di questo show provocatorio che ha stimolato la riflessione.
La Chiuri ha aperto con il tanto amato blu sbiadito. Il suo primo passaggio: pantaloni in denim blu informali extralarge indossati con un maglione a righe da marinaio sul quale era scritto: “Why Are there no Feminist Artists?”. E l’influenza di Bohan era evidente nelle tute, nei miniabiti a quadri da ragazze yè-yè, nei parka, negli abiti da sera, nei pantaloni e nelle cinghie delle borse. Ed era evidente anche nei giubbotti da biker che richiamavano il cascatore Evel Knievel e negli outfit a pois. Il tutto con una buona dose di eccitante allegria in stile de Saint Phalle; infatti, più di un terzo dei look esibivano le immagini di pazze “Nanas”, le sculture con sembianze femminili a grandezza naturale e dalla forma un po' grottesca, create ed ideate dalla stessa scultrice, ma anche ricami cartooneschi di dinosauri verdi, alberi dell’amore, immagini dei tarocchi, serpenti a scacchi e donne soprannaturali.
Magico, lunatico, malizioso e vagamente folle, questo è un Dior nuovo, ma che a molte donne piace decisamente tanto.
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