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5 mag 2015
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Oscalito rilancia la collezione uomo ed entra in Cile e Corea del Sud

Pubblicato il
5 mag 2015

“Iniziammo proponendo puro underwear, poi, a partire dagli anni '90, ci siamo evoluti sulla maglieria da mostrare”, racconta a FashionMag Dario Casalini, classe 1975, AD ed esponente della 3° generazione della famiglia che ha fondato il marchio torinese di intimo nel 1936. “L'idea che da sempre ci anima è realizzare capi totalmente Made in Italy che, utilizzando solo fibre naturali di pregio, possano indossarsi direttamente sulla pelle. Le fibre naturali infatti, sono vive e perciò in grado di interagire con l’ambiente esterno, assorbendo o rilasciando calore e molecole di vapore acqueo. Si crea così un microclima ideale tra l’indumento e la pelle che garantisce il massimo benessere e comfort a differenza di quanto accade con le fibre sintetiche che essendo inerti, isolano ma non si adattano ai cambiamenti di temperatura e umidità e quindi non sono idonee ad un prolungato uso quotidiano”.

Dario Casalini


Il fatturato 2014 di Oscalito è stato di 10 milioni di euro. “Siamo cresciuti sempre fino all''anno scorso e nel 2014 il fatturato è rimasto sostanzialmente stabile nonostante la perdurante crisi globale e quella geopolitica russa. Il fatto che il nostro prodotto sia di fascia molto alta e autenticamente Made in Italy (produciamo tutto a Torino, dal filo al capo finito, e gli accessori, come i pizzi Chantilly e Leavers, per esempio, che vengono da Svizzera e Francia per motivi di eccellenza produttiva) ci ha protetto e valorizzato”, ricorda Casalini.

L'Amministratore Delegato del marchio piemontese di maglieria intima ed esternabile che produce ogni anno 400mila capi, è un personaggio piuttosto particolare di questo mondo, visto che un anno fa ha lasciato il suo posto di Professore di Diritto Pubblico all'Università proprio per guidare l'azienda di famiglia, il Maglificio Po, di cui Oscalito è il brand proposto al grande pubblico. Una decisione presa per difendere “una grande tradizione e una passione di famiglia, e, nel contempo, non smarrire un’eccellenza produttiva locale”, puntualizza l'imprenditore.

Lo stile Oscalito


“Rimarremo rigorosamente e sempre fedeli alla mission di mantenere il know-how nel nostro territorio, cui siamo molto legati. Non abbiamo mai voluto delocalizzare, per motivi etici, professionali e di tutela della qualità. Filati e materie prime sono acquistati da aziende italiane selezionate, mentre tessitura, taglio, cucitura e finissaggio avvengono nel nostro stabilimento torinese, che ha 90 dipendenti. Il nostro intento è anche quello di tramandare alle generazioni future le capacità industriali e artigianali delle nostre terre d'origine. Quindi, un vero Made in Italy, che comporta - all'interno di una logica purtroppo quasi antieconomica - un meccanismo produttivo più autentico e conseguentemente più costoso, e dunque una fascia di prezzo finale più alta”.

Proprio l'esperienza di Casalini in campo legale lo ha portato ad approfondire la problematica del “Made in” (e a dover assorbire, anche ultimamente, cocenti delusioni, vista la pessima tutela normativa del Fatto in Italia). “Anche se per 6 mesi, nella seconda metà del 2014, l'Italia ha avuto la presidenza del semestre europeo, ancora una volta niente è cambiato: perché un capo possa riportare la dicitura “Made in Italy” basta che l'ultimo passaggio produttivo avvenga in Italia. Non importa da dove arrivino le materie prime, i semilavorati e dove questi siano stati prodotti. Uno smacco per quanti come noi producono dal filato al capo finito all'interno dell'azienda. E soprattutto per quelle piccole e medie imprese che non sono sostenute da grandi investimenti pubblicitari e per le quali l'etichetta di vero Made in Italy rappresenterebbe sicuramente un valore aggiunto e un reale elemento di competitività. I grandi gruppi non sempre hanno interesse a battersi per una normativa che tutelerebbe le vere eccellenze italiane. Il Fatto in Italia va dunque a subire la concorrenza sleale di competitor che approfittano bellamente delle lacune delle norme vigenti”.

www.oscalito.it


Venendo ai dati economici, la maglieria esternabile genera il 65% del fatturato di Oscalito - il cui “cavallo di battaglia è il lana-seta”, dice Casalini – mentre il 35% è rappresentato dall’intimo. Il 70% del fatturato è determinato dall'export: il primo mercato è la Francia, poi seguono altri Paesi europei, quali Germania e Paesi nordici (Scandinavia, UK) e soltanto dopo vengono Giappone e USA.

Distribuito in circa 1.300 multimarca di 40 nazioni, sparsi tra Europa, Stati Uniti, Giappone e Cina, Oscalito in tutti i mercati si trova in boutique indipendenti, a parte il negozio monobrand che Oscalito possiede a Torino, in Via Amendola 10/D. “Negli ultimi mesi siamo anche entrati negli Emirati Arabi, in Cile, a Singapore e in Corea del Sud, segno che l’eccellenza italiana continua ad essere apprezzata nel mondo”, aggiunge Casalini.
 

Il nuovo packaging dei prodotti per l'uomo  
“I nostri prossimi obiettivi sono: il consolidamento dei mercati europei, il rafforzamento delle nostre posizioni in Cina e negli Stati Uniti e il rilancio della collezione uomo, sempre e comunque senza compromessi sulla naturalità delle fibre e sul Made in Turin. Per dare immediata percezione visiva al rilancio della linea uomo, abbiamo rinnovato la collezione, creato un innovativo materiale punto vendita e ripensato il packaging che già nella scelta dei colori e della carta richiama la qualità delle fibre e l'intrinseca preziosità dei nostri prodotti”, conclude Dario Casalini.

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