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7 mag 2013
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La Camera della Moda stringe i rapporti con i distributori cinesi

Pubblicato il
7 mag 2013

La Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMI) intensifica i rapporti con la Cina. Ha firmato martedì 7 maggio a Milano un memorandum d'intesa con China Business Coalition Shopping Center Professional Committee, un’associazione globale no profit facente parte della Camera di commercio cinese, che si occupa dei shopping center nazionali in termini di gestione e servizi.

Nel 2011 la CNMI aveva già firmato un primo accordo importante con la China Fashion Association, sorta di Camera della moda cinese, poi un altro con la China National Garment Association che riunisce le principali realtà industriali dell’abbigliamento, con lo scopo di favorire la collaborazione tra entrambi i Paesi attraverso scambi e missioni commerciali e promozionali. Con questa nuova partnership la Camera della Moda stringe ulteriormente i legami con un mercato diventato ormai fondamentale per il settore della moda.

«Questo accordo è focalizzato sul retail ed è finalizzato a favorire lo sviluppo e la penetrazione in Cina delle nostre piccole e medie imprese che hanno più difficoltà ad affrontare questo mercato, mentre le grandi griffe vi sono già presenti. Oggi i nostri interlocutori cinesi sono più orientati verso dei prodotti belli e ben fatti di qualità superiore rispetto alla produzione cinese ma con dei prezzi più accessibili rispetto all’alto di gamma. Questo segmento intermediario non è ancora coperto dalla Cina”, riassume il presidente della CNMI Mario Boselli.


Mario Boselli (Foto: APCOM)

Questo interesse per un prodotto di qualità ad un presso più abbordabile si è accentuato con l’elezione del nuovo presidente della Cina Xi Jinping favorevole ad un lusso meno ostentato. Quest’ultimo ha lanciato una campagna anti-corruzione e contro “le spese stravaganti” dell’apparato burocratico dello Stato che ha avuto un effetto immediato con vistosi cali delle vendite dei prodotti griffati.

«Questa collaborazione ci permetterà di scambiare dati economici e informazioni sui consumatori, e di trovare formule d’investimento per favorire l’arrivo di aziende italiane in Cina. Abbiamo inoltre l’intenzione di portare nella Penisola una delegazione di distributori per fargli scoprire e conoscere da vicino le piccole aziende italiane”, sottolinea Xing He Ping, presidente di China Business Coalition Shopping Center Professional Committee.

L’accordo prevede la creazione di un comitato composto da sei persone con tre rappresentanti per entrambi i Paesi che si riunirà due volte all’anno. Il primo incontro si svolgerà a fine maggio vicino a Shanghai. “L’obbiettivo e di creare sinergie tra i distributori cinesi che vogliono il prodotto italiano di non lusso con un corretto rapporto qualità/prezzo e gli imprenditori italiani. Stiamo già lavorando a diversi tematiche come lo studio su città cinesi di seconda e terza fascia. Stiamo individuando inoltre delle vie in cui si potrebbero creare delle ‘street di lusso’ per alcuni grandi brand che stanno pensando sempre di più a spostarsi dai centri commerciali per aprire negozi su strada”, spiega Luciano Nataloni, uno dei membri di questo comitato italo-cinese.

L’altro grande progetto riguarda la creazione di un nuovo concept di distribuzione di tipo europeo ma rivolto specificamente alle città cinesi di media dimensione che proporrà prevalentemente prodotti italiani di moda ma anche di design. “La Camera di commercio cinese ha trovato dei distributori che hanno già messo sul tavolo decine di milioni di euro in questa operazione”, indica l’architetto milanese Pierfrancesco Cravel dello studio pfc. a cui è stato affidato il progetto.

«L’idea è di sviluppare una vera e propria insegna, o forse due, declinate attraverso due tipi di format: da una parte una sorta di department store tipo Saks, dall’altra un multimarca. Cerchiamo di esportare la nostra cultura, il lifestyle italiano, adattandolo alle esigenze del mercato locale. I primi due punti vendita saranno inaugurati in settembre/ottobre 2014, seguiti la stagione successiva da altre dieci aperture”, conclude l’architetto.

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