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12 set 2012
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Italia/Cina: un'intesa cordiale

Pubblicato il
12 set 2012

Cina e Italia sono impegnate in un processo di avvicinamento che consenta di unire le loro forze nei settori del tessile e dell'abbigliamento per lottare meglio contro la crisi mondiale. Questo invito a costruire una salda alleanza tra i due Paesi è stato presentato in occasione di un colloquio al Milano Fashion Global Summit, organizzato dal gruppo editoriale italiano Class Editori, che ha riunito a Milano nei giorni 7 e 8 settembre i principali attori e rappresentanti delle istituzioni della moda e dell'abbigliamento dei due Paesi.

Una delle tavole rotonde del Milano Fashion Global Summit dedicato alla Cina.

Tra gli imprenditori cinesi presenti, più d'uno ha evocato la scoperta della strada della seta da parte di Marco Polo nel XIII secolo e i legami storici che uniscono lo Stivale all'Impero Celeste. Il colloquio ha anche rappresentato l’occasione per i rappresentanti del mercato cinese di sottolineare il proprio know-how tradizionale nel settore tessile e di ricordare come negli anni '30 del '900 Shanghai fosse la capitale dei sarti… Come se il confronto col Made in Italy servisse da spunto di riflessione alla Cina di oggi per potersi di nuovo immergere nella propria storia.

"Credo che la moda sia lo specchio dell'economia di un Paese", ha rilevato a questo proposito Du Yuzhou, presidente onorario del China National Textil and Apparel Council e presidente della China National Garment Association, ricordando come l'Italia ha aumentato le proprie esportazioni verso la Cina del 20%, mentre l’export di Pechino verso l’Unione Europea è diminuito del 20%. Partendo da questi dati, Du Yuzhou ha esortato a una "maggiore collaborazione fra i due Paesi, in modo da superare questo momento difficile".

"Dobbiamo aumentare il valore aggiunto dei nostri prodotti, perché non possiamo accontentarci di essere focalizzati sulle produzioni a basso costo. Dobbiamo rafforzare i nostri marchi propri", ha proseguito Yuzhou. Numerosi grandi brand cinesi come Sunfed dispongono già di molti fornitori italiani, dai tessuti agli accessori, e intendono approfondire la loro conoscenza del Made in Italy. "Il pubblico cinese sta crescendo come consumatore di beni di lusso, ma anche dal punto di vista della consapevolezza e ormai pretende l'eccellenza per i propri marchi. Le aziende cinesi più avanzate si riforniscono già di tessuti italiani e hanno anche aperto degli uffici acquisti e di design da noi. Ma la fase di produzione del vero Made in Italy rappresenta qualcosa di più complesso", sostiene Umberto Angeloni, PDG di Caruso, uno dei grandi specialisti del menswear nel Belpaese.

Gli imprenditori italiani sono ben consci del potenziale che offre il mercato cinese, con una classe media che aumenta del 17% all'anno e un PIL annuo che cresce dal 7 all'8%, cifre che gli permetteranno di aggiudicarsi il 22% delle quote del consumo mondiale di beni di lusso nel 2015. Anch'essi fanno appello a una maggiore collaborazione con i loro omologhi cinesi, ma mettono in primo piano altre priorità. Cleto Sagripanti, il presidente dell'ANCI, l’associazione dei calzaturieri italiani, non ha esitato, paradossalmente e forse un po' provocatoriamente, ad esortare i cinesi ad investire direttamente nelle aziende italiane. "Non ci si può accontentare di pensare unicamente in termini di accordi di distribuzione. Cominciate col salvare la filiera del Made in Italy, entrate nel capitale delle nostre aziende!", ha affermato con intensità riferendosi agli investitori cinesi.

Da parte sua, l'AD di Roberto Cavalli, Gianluca Brozzetti, ha invitato le autorità cinesi ad adottare delle misure concrete in favore delle aziende italiane. "Le tasse sulle importazioni sono scese, ma rimangono ancora troppo elevate. Le molteplici autorizzazioni e i tanti visti da ottenere per entrare in questo mercato sono eccessivamente complicate, mentre la proprietà intellettuale non è sufficientemente protetta in Cina", ha ricordato il dirigente.

Dominique Muret (Versione italiana di Gianluca Bolelli)

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