Pubblicato il
29 nov 2011
29 nov 2011
Il Marocco vuole attirare tanti committenti in più
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29 nov 2011
29 nov 2011
Gli industriali marocchini sono fiduciosi sul lungo termine. La situazione in Asia obbligherebbe in effetti le società centrali europee a rivedere i loro approvvigionamenti. Col sostegno delle associazioni e delle autorità, i produttori di abbigliamento vogliono aumentare il loro livello tecnologico, passare dalla sub-fornitura alla co-fornitura e soprattutto ridurre la loro dipendenza dalla Spagna, che rappresenta il 37% delle loro esportazioni totali. La Francia pesa per il 35%.
I due saloni si sono svolti al Palazzo dei Congressi di Marrakech. |
"L’industria del tessile e dell'abbigliamento vale 7 miliardi di euro, di cui 3 provenienti dall’export. In ottobre, le esportazioni sono cresciute del 7,3% rispetto a ottobre 2010", commenta Mohammed Tazi, direttore generale dell’AMITH (Associazione Marocchina degli Industriali del Tessile e dell'Abbigliamento). Maroc in Mode e Maroc Sourcing, che si sono svolti dal 16 al 18 novembre, sono quindi stati l’occasione per mostrare ai buyer europei la diversità dei prodotti e dei profili delle aziende locali. Un'occasione per approfittare del rimescolamento delle carte in termini di sourcing. "Siamo venuti a scoprire l'offerta marocchina in termini di abbigliamento, e a tale proposito, la vicinanza geografica e la stabilità politica sono delle risorse innegabili”, commenta un buyer di un gruppo tedesco di moda maschile.
"L’industria marocchina ha la tendenza a trarre vantaggio dagli effetti della crisi. Le centrali riducono i propri ordini con dei fornitori lontani e lavorano sul breve termine, vale a dire con delle nazioni vicine come la Tunisia, la Turchia e il Marocco", spiega Aziz Elkouhene, direttore di Quattro, specialista in camicie. Gli espositori sono persuasi che il Marocco sia un Paese fatto apposta per trarre d'impaccio dai problemi del momento, ma che, con la crisi attuale, sarà sempre più richiesto, e questo anche se i distributori europei in questa fase stanno affrontando molte difficoltà.
Gildas Minvielle, direttore dell'osservatorio economico dell’Istituto Francese della Moda, ha così descritto la situazione: da una parte, i costi di produzione in Cina stanno aumentando notevolmente e i produttori si orientano verso il loro mercato interno di 1,3 miliardi di abitanti. In parallelo, i consumi sul Vecchio Continente soffrono e ristagnano. "C'è un vuoto d'aria in Europa. Ci sono diverse strategie di approvvigionamento, fra mescolanze di materie prime e una certa sobrietà nelle collezioni. Alla fine, osserviamo una ristrutturazione dei Paesi produttori in Asia e all'aumento di un sourcing di fornitura di vicinanza", commenta Gildas Minvielle. Così, le importazioni che provengono dalla Cina dirette verso l’Europa dei 27 sono, da gennaio ad agosto, aumentate del 10% in valore. Quelle che provengono dal Marocco e dalla Tunisia sullo stesso periodo hanno fatto registrare degli aumenti rispettivi del 12 e dell'8%.
In volume, l'incremento delle esportazioni marocchine verso l’Europa è stato del 9%. "I marchi europei realizzano l'85% del loro sourcing in Asia e per il restante 15% decidono una volta sola le prime vendite realizzate. Per contro, alcuni clienti hanno una politica di sourcing molto chiara, con la volontà di mantenere dei siti produttivi tessili nelle vicinanze. In questo modo, possono affrontare dei rischi quali le contingenze o altri eventi imprevisti", commenta Khalid Boujida di Modaline, che lavora in particolare per La Redoute, Pimkie, Phildar, Inditex ed H&M. "In Marocco, c'è un forte potenziale", riassume Jean-Patrice Gros di Lectra, che si augura che i Paesi della zona siano allo stesso livello tecnologico, facilitando così il lavoro dei buyer.
A Maroc in Mode, alcune questioni sono rimaste in sospeso. La principale: come diventare una forza propositiva con delle collezioni finite: una necessità in termini di valore aggiunto. Fino ad oggi le centrali, con i loro studi stilistici, facevano la scelta dei tessuti e li ordinavano prima di far consegnare i loro subfornitori. Ora, per distinguersi, gli industriali marocchini devono giocare la carta del Fashion e finanziare i tessuti della base della filiera. E poi c'è la questione dei prezzi. "Alcuni vogliono il caviale al prezzo delle sardine", conclude un produttore.
Bruno Joly (Versione italiana di Gianluca Bolelli)
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