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Pubblicato il
30 ago 2010
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Gianmarco Lorenzi, per produzione scarpe serve responsabilità sociale e rispetto ambiente
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30 ago 2010
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Ancona, 30 ago. - "La nostra è un''azienda-famiglia', con un rapporto che è fatto di 'contatto' diretto tutti i giorni con ogni dipendente. Siamo una vera squadra, viviamo il lavoro in una situazione di perfetta armonia". Così Gianmarco Lorenzi, 'patron' dell'omonima azienda marchigiana produttrice di scarpe per donna, esportate in tutto il mondo e spesso ai piedi di star come Beyoncè e Mariah Carey passando per Naomi Campbell, racconta cosa intende per responsabilità sociale d'impresa, anche nei rapporti con i propri dipendenti.
Un modello GianMarco Lorenzi |
"Abbiamo - racconta - 110 dipendenti diretti in azienda, più altri 150 che lavorano con noi attraverso l'indotto, e operiamo in un segmento alto nell'ambito della moda scarpe per donna. Tutto è cominciato nel 1952 quando i miei genitori hanno fondato l'azienda che realizzava scarpe per bambina. Quando io, negli anni '70, sono entrato in azienda, ho spostato la produzione sulle scarpe per donna, con la prima collezione che è del 1975".
Per Lorenzi, nel produrre una scarpa ci deve essere attenzione a qualsiasi particolare. "Il made in Italy ha cominciato a prendere coscienza di avere più valore e più qualità: la nostra - spiega - è una produzione completamente 'made in Italy' in tutti i suoi componenti, che vengono dalle Marche e dal resto del territorio nazionale. Realizziamo anche il più piccolo accessorio con materiali nobili, come ad esempio rame e ottone".
Una qualità negli 'ingredienti', dunque, per offrire un prodotto 'socialmente responsabile' ai consumatori. "Il piede - spiega Lorenzi - fa dagli 11 ai 12 mila movimenti al giorno, e va a influire su tutto il resto del corpo. Per questo motivo, se portiamo al piede un prodotto non buono, questo sarà nocivo per la salute di tutto il resto delle articolazioni. L'azienda produttrice di scarpe ha, quindi, una responsabilità nei confronti del consumatore".
Responsabilità nei confronti del consumatore ma anche dell'ambiente. "Prendiamo il caso - spiega - della pelle utilizzata per le calzature: quella utilizzata dai produttori italiani profuma, mentre quella dei prodotti stranieri ha l'odore dei solventi chimici che vengono utilizzati. Questo deriva anche dal fatto - conclude Lorenzi - che, se noi dobbiamo colorare la pelle, usiamo un procedimento che necessita di 24 giorni, mentre i solventi usati dai cinesi permettono di farlo in 4 ore".
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